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Idee di investimento – Obbligazioni – 30 luglio 2018
Il dollaro potrebbe salire ancora nei prossimi 6 mesi mentre i titoli di stato USA a 2 anni offrono comunque un ragguardevole 2,67%. Opportunità selettive anche nel debito emergente e nel credito.
30 Luglio 2018 09:56

LE CINQUE FORZE DI SUPPORTO AL DOLLARO
Due recenti mosse del presidente Donald Trump sembrano aver aperto un nuovo fronte nella guerra fredda valutaria. In primo luogo, Trump sostiene (con tweet e interviste) che il dollaro forte ostacola la competitività degli Stati Uniti mentre la Cina e l’Unione europea hanno manipolato le loro monete e ridotto i tassi di interesse. In secondo luogo, il presidente degli Stati Uniti ha criticato apertamente la Federal Reserve per l’inasprimento della politica monetaria. Sebbene si tratti di due mosse che potrebbero provocare nelle prossime settimane un ribasso del dollaro, nell’articolo Dollaro USA, per i prossimi sei mesi prevalgono i fattori a sostegno Joachim Fels, Managing Director e consulente economico globale di PIMCO, si dice persuaso che altre cinque forze, invece, sosterranno il biglietto verde determinandone un possibile ulteriore apprezzamento durante il resto del quest’anno.
IL PORTO SICURO DEI TREASURY USA
Ora mentre aspettiamo di vedere cosa succederà al dollaro americano nei prossimi mesi, nessuno è in grado di sapere se un’ulteriore svalutazione dello yuan sarà in grado di annullare completamente l’impatto dei dazi americani che entreranno in vigore a luglio e ad agosto. Tuttavia è praticamente certo che una svalutazione importante della divisa di Pechino simile a quella avvenuta nel 1993 sarebbe un evento deflazionistico per l’economia globale. Un evento talmente forte che, come sottolineato nell’articolo Titoli di Stato USA, il porto sicuro in caso di escalation della guerra commerciale, nemmeno la stretta quantitativa della Fed sarà in grado di fermare il declino del rendimento del Tesoro decennale. Alla luce di questo scenario, nel caso in cui ci fosse una vera e propria guerra commerciale con in parallelo una profonda svalutazione dello yuan, il rendimento del Treasury a 10 anni potrebbe scivolare all’1% o anche sotto per effetto degli ingenti acquisti da parte degli investitori dei titoli ritenuti l’unico porto sicuro al mondo.
NICCHIE DI VALORE NEL DEBITO EMERGENTE E NEL CREDITO
Intanto, nell’articolo Mercati obbligazionari, nicchie di valore nel debito emergente e nel credito, il Global Fixed Income team di Morgan Stanley Investment Management si dichiara ottimista circa le prospettive dei mercati emergenti per il resto dell’anno. In primo luogo le pressioni inflazionistiche a livello globale sono ancora gestibili mentre le quotazioni delle materie prime dovrebbero restare su livelli meno sacrificati che nel recente passato, sostenendo le economie di molti paesi in via di sviluppo esportatori di commodity. In secondo luogo, il dollaro americano appare un po’ sopravvalutato e quindi potrebbe perdere un po’ della recente forza. “Infine, sebbene la politica interna dei paesi emergenti più importanti possa determinare un aumento della volatilità, a nostro avviso questi eventi rimarranno circoscritti ai singoli paesi interessati e non avranno impatti sistemici sull’universo emergente nel suo complesso” puntualizza il team.
Inoltre, la decisione di assumere un posizionamento leggermente lungo (rialzista) nelle obbligazioni societarie (credito) assunto dal team viene giustificato sulla base del fatto che l’economia globale proseguirà il proprio trend rialzista e ogni rallentamento sarà di tipo transitorio. “Le valutazioni sono ora diventate nettamente più appetibili. Tuttavia, nel momento in cui notassimo segnali di perdurante decelerazione saremmo costretti a rivedere la nostra tesi sul credito” conclude il team.
MERCATI EMERGENTI, IN ATTESA DI UNA NUOVA CORREZIONE
Tornando sui mercati emergenti, anche Andrea Delitala, Head of Investment Advisory di Pictet Asset Management, nell’articolo Protezionismo e tassi reali USA: le prossime prove del fuoco per gli investitori, si dichiara persuaso che ulteriori correzioni dai livelli attuali si configurerebbero come interessanti opportunità di acquisto. “In ogni caso, la nostra esposizione ai mercati emergenti è al momento limitata mentre sull’equity globale appena al di sotto della neutralità (27% contro un 30% tipico di esposizione azionaria) ma con protezioni che derivano dalla duration americana (scadenza media dei titoli che decide la sensibilità all’andamento dei tassi, ndr), dallo Yen giapponese sul fronte valutario e da una quota, per ora non ancora rilevante, di volatilità” conclude Andrea Delitala.
YUAN CINESE, UN CALO FISIOLOGICO
Sempre in tema di mercati emergenti, da fine giugno, lo yuan cinese ha perso oltre due punti percentuali rispetto al dollaro statunitense. Un movimento che non è certo passato inosservato agli operatori di mercato, peraltro già allarmati dal rischio di una escalation della guerra commerciale. Il loro ricordo è andato infatti all’estate di tre anni fa quando le autorità di Pechino, in modo del tutto inaspettato, annunciarono una sostanziosa svalutazione della propria valuta rispetto al biglietto verde provocando una fase di forte turbolenza sui mercati che, a fasi alterne, durò circa sei mesi. Ma, come fanno notare nell’articolo Yuan cinese, calo fisiologico ma ora attenzione alle riserve valutarie gli esperti di Euromobiliare AM SGR, a differenza del 2015, quando la correzione dello yuan ha rischiato di sfociare in una crisi sistemica, le autorità monetarie di Pechino mostrano una maggiore sensibilità nella gestione dei mezzi a loro diposizione per scongiurare una massiccia fuoriuscita di capitali che finirebbe per vanificare le misure anti-cicliche messe in campo. Alla luce di questa considerazione, i professionisti di Euromobiliare suggeriscono di tenere sotto stretta osservazione l’evoluzione delle riserve valutarie che, almeno finora, non hanno evidenziato segnali di deterioramento.
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