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Idee di investimento – Obbligazioni – 06 novembre 2017

6 Novembre 2017 09:43
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L’annuncio di Mario Draghi nella conferenza stampa post meeting di giovedì 26 settembre di ridurre l’importo mensile del programma di acquisto di titoli obbligazionari euro sul mercato da 60 a 30 miliardi, prolungandolo però almeno fino a settembre 2018, ricorda l’inizio del tapering del QE da parte della Fed nel dicembre 2013. Secondo gli esperti di Amundi è l’ulteriore conferma del fatto che la BCE e la zona Euro sono in ritardo di circa 4 anni rispetto alla FED e agli Stati Uniti in tema di politica monetaria.  “Manteniamo un’opinione positiva sulle obbligazioni societarie in euro. Nel mercato delle obbligazioni societarie, la BCE si trova di fronte a vincoli minori rispetto a quelli nel mercato dei titoli di Stato (non c’è un problema di scarsità). Prevediamo che la BCE ridurrà della metà gli acquisti di obbligazioni societarie, portandoli a 3,5 miliardi di euro al mese”, affermano nell’articolo “La politica monetaria continuerà a sostenere l’economia e i mercati finanziari” gli esperti di Amundi che poi passano all’ambito valutario. “Gli annunci di Draghi hanno provocato una certa svalutazione dell’euro nei confronti del dollaro USA. A breve termine, ci sono motivi per credere che il biglietto verde potrebbe apprezzarsi sull’euro. Tuttavia, nel complesso, siamo ancora convinti che l’euro si rafforzerà sul dollaro nei prossimi dodici mesi, ma questo processo potrebbe richiedere un po’ più di tempo del previsto”, concludono i professionisti di Amundi.

Resta il fatto che a determinare l’andamento nei prossimi mesi dei mercati obbligazionari saranno le politiche delle banche centrali, i dati sull’inflazione e le aspettative sulla Cina. Per gli analisti di Fidelity International l’andamento dei prezzi al consumo sarà fondamentale per il mercato USA, l’inflazione è ora il parametro chiave nella determinazione del livello dei tassi. Nel segmento Investment Grade gli analisti di Fidelity ritengono che le valutazioni richiedano un approccio cauto, dal momento che le banche centrali si preparano a ridurre gradualmente le politiche espansive che hanno contribuito a spingere questa classe di attivo. “L’Europa è la nostra regione preferita. La bassa inflazione obbligherà la BCE a ridurre gli acquisti di titoli in maniera molto graduale, mantenendo il sostegno al mercato. I fondamentali aziendali nella regione sono solidi, con una ridotta leva finanziaria e buoni rapporti di copertura” si legge nell’articolo “Un approccio prudente per l’obbligazionario”. Anche nel caso dei titoli High Yield la possibilità di una riduzione degli spread è limitata e per Fidelity mantenere da parte un po’ di munizioni è un approccio sensato. Poche opportunità in Europa e nel Regno Unito per i titoli legati all’inflazione, ma un’ipotesi di mercato rialzista potrebbe presentarsi negli Stati Uniti, dopo che in agosto sia l’inflazione headline che di base sono aumentate dopo mesi di debolezza. Per quanto riguarda il debito di paesi emergenti, infine, è un segmento che ha performato bene; vi sono opportunità, ma la selettività sarà essenziale.

Il team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management resta convinto sul proprio posizionamento nonostante i rendimenti del mercato obbligazionario sono già saliti in modo significativo dall’inizio di settembre. Un posizionamento che privilegia le duration (scadenze medie dei titoli) brevi, poiché intravede numerosi supporti favorevoli a questa tendenza, compreso l'ottimismo sul fronte fiscale e le confermate solide dinamiche di crescita.  “Siamo convinti che l’attuale dinamica di mercato favorisca le posizioni corte in fondo alla curva, a differenza della parte iniziale che, al 24 ottobre, sconta una probabilità superiore all’80% di aumento dei tassi da parte della Fed a dicembre. Siamo molto positivi anche sul dollaro statunitense, che riteniamo possa registrare un ulteriore slancio grazie al sentiment positivo legato al programma di riforme” specifica nell’articolo “Perchè siamo molto positivi sul dollaro USA” il team, che poi aggiunge: “Dopo un costante indebolimento per buona parte dell’anno, il dollaro USA ha risentito del recente rialzo dei Treasury e l’indice del dollaro ponderato per il cambio si è apprezzato dello 0,7% da inizio mese e di oltre il 3% rispetto ai minimi dell’8 settembre”. D’altra parte i fondamentali economici sono piuttosto solidi, grazie anche all’approvazione del budget americano che accresce la possibilità di una riforma delle imposte e di un allentamento della politica fiscale negli Stati Uniti.

Intanto, la Bank of England ha deciso dopo 10 anni un rialzo dei tassi di interesse di 25 punti base (+0,25%) ma manterrà al livello attuale lo stock degli asset acquistati. “In linea con i recenti commenti dei policymaker (decisori politici), ci aspettiamo che i cambiamenti delle politiche al di là del modesto rialzo dei tassi di oggi siano ‘graduali’ e ‘limitati’” ha commentato nell’articolo “Bank of England alza i tassi dopo 10 anni e la sterlina perde terreno” Iain Lindsay, Co-Head of Global Portfolio Management for Fixed Income di Goldman Sachs Asset Management (“GSAM”). Gli eventuali eventi sviluppi che potrebbero portare GSAM a riconsiderare la visione di Iain Lindsay contemplano sviluppi costruttivi nella negoziazione sulla Brexit e una prospettiva di politica fiscale più espansiva a seguito del dopo il prossimo bilancio (22 novembre).
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