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News & Views – 31 luglio 2017
31 Luglio 2017 09:57
style="color: #4b72ab;">Il lungo viaggio dell’euro
Tra quindici mesi l’euro compie vent’anni, quando fu introdotto il 1° gennaio 1999 il cambio con il dollaro fu fissato a 1,1743, alla chiusura di venerdì segnava 1,1750. Il mercato continua a interrogarsi sulla direzione delle due principali valute del mondo, fino a qualche mese fa le previsioni puntavano alla parità, oggi sono invertite a puntano a 1,20-1,25. Per tornare al punto di partenza dopo 18 anni e mezzo la moneta unica ha fatto un viaggio lunghissimo con un’escursione nel tempo del 100% del suo valore rispetto al dollaro, dall’area 0,80 dove era finita agli inizi degli anni 2000 fino al picco di 1,60 dell’estate di nove anni fa. Nel medio-lungo termine i fondamentali sembrano puntare a un dollaro più forte: la Fed ha iniziato il tightening mentre la Bce non ha nemmeno iniziato a parlarne, questo punta a un allargamento dello spread tra i tassi americani e quelli europei. Ma non ci sono solo i fondamentali, forse più importanti sono i flussi dei capitali, e questi sono molto più difficili da prevedere. Ad esempio, cinesi e arabi hanno gran parte delle riserve in dollari, ma se puntano a investire in Europa devono venderli e comprare euro, facendo scendere il biglietto verde. Quasi vent’anni dopo c’è solo da osservare che chi ha fissato allora il cambio euro-dollaro aveva la vista abbastanza lunga.
Da Seattle a Cupertino
Si avvia alla conclusione la stagione delle trimestrali USA. Finora hanno riportato i risultati il 57% delle società dello S&P 500, con il 73% che ha battuto le attese, un dato sopra la media degli ultimi 5 anni. Questa settimana ne arrivano altre 130 e passa, tra cui Pfizer, Time Warner, Chesapeake, Kellogg, Motorola, Kraft Heinz e la Berkshire Hathaway di Warren Buffett. Ma il pezzo grosso si chiama Apple che esce martedì a Wall Street chiusa. Gli analisti si aspettano che la società più grande del mondo per capitalizzazione riporti utili per $1,57/azione con ricavi di quasi $45 miliardi. Sotto la lente le vendite in rallentamento di iPhone e il chief executive Tim Cook sotto pressione perché si inventi nuovi prodotti da lanciare sul mercato. Settimana scorsa Amazon aveva deluso con soli 40 cent per azione contro $1,40 attesi dal mercato, offrendo un’ottima scusa per portare a casa il profit sui tecnologici, reduci da una corsa a perdifiato da inizio anno. Da Seattle a Cupertino, si aspettano variazioni sul tema.
Tassi inglesi e lavoro USA
Gli altri due eventi da tenere sott’occhio in settimana si chiamano Bank of England e Job Report americano. Nessuno si aspetta che la banca centrale britannica muova i tassi dall’attuale livello dello 0,25%, ma tutti guardano alle previsioni di inflazione, ai toni del comunicato e soprattutto a possibili indicazioni sul reinvestimento dei bond accumulati con il QE che vengono a scadenza prima di settembre, quando si tiene il prossimo board dopo quello di giovedì prossimo. Venerdì arriva il magic number della settimana: il mercato si aspetta che a luglio l’economia USA abbia creato 180.000 posti, meno dei 222.000 di giugno ma pur sempre un numero robusto, che dovrebbe far scendere la disoccupazione al 4,3% dal 4,4% dell’ultima rilevazione. La crescita dei salari invece dovrebbe accelerare allo 0,3% dallo 0,2% di giugno. Dopo il buon dato sul PIL, numeri in linea o superiori alle attese toglierebbero a Janet Yellen ulteriori scuse per non rialzare i tassi a settembre.
Tra quindici mesi l’euro compie vent’anni, quando fu introdotto il 1° gennaio 1999 il cambio con il dollaro fu fissato a 1,1743, alla chiusura di venerdì segnava 1,1750. Il mercato continua a interrogarsi sulla direzione delle due principali valute del mondo, fino a qualche mese fa le previsioni puntavano alla parità, oggi sono invertite a puntano a 1,20-1,25. Per tornare al punto di partenza dopo 18 anni e mezzo la moneta unica ha fatto un viaggio lunghissimo con un’escursione nel tempo del 100% del suo valore rispetto al dollaro, dall’area 0,80 dove era finita agli inizi degli anni 2000 fino al picco di 1,60 dell’estate di nove anni fa. Nel medio-lungo termine i fondamentali sembrano puntare a un dollaro più forte: la Fed ha iniziato il tightening mentre la Bce non ha nemmeno iniziato a parlarne, questo punta a un allargamento dello spread tra i tassi americani e quelli europei. Ma non ci sono solo i fondamentali, forse più importanti sono i flussi dei capitali, e questi sono molto più difficili da prevedere. Ad esempio, cinesi e arabi hanno gran parte delle riserve in dollari, ma se puntano a investire in Europa devono venderli e comprare euro, facendo scendere il biglietto verde. Quasi vent’anni dopo c’è solo da osservare che chi ha fissato allora il cambio euro-dollaro aveva la vista abbastanza lunga.
Da Seattle a Cupertino
Si avvia alla conclusione la stagione delle trimestrali USA. Finora hanno riportato i risultati il 57% delle società dello S&P 500, con il 73% che ha battuto le attese, un dato sopra la media degli ultimi 5 anni. Questa settimana ne arrivano altre 130 e passa, tra cui Pfizer, Time Warner, Chesapeake, Kellogg, Motorola, Kraft Heinz e la Berkshire Hathaway di Warren Buffett. Ma il pezzo grosso si chiama Apple che esce martedì a Wall Street chiusa. Gli analisti si aspettano che la società più grande del mondo per capitalizzazione riporti utili per $1,57/azione con ricavi di quasi $45 miliardi. Sotto la lente le vendite in rallentamento di iPhone e il chief executive Tim Cook sotto pressione perché si inventi nuovi prodotti da lanciare sul mercato. Settimana scorsa Amazon aveva deluso con soli 40 cent per azione contro $1,40 attesi dal mercato, offrendo un’ottima scusa per portare a casa il profit sui tecnologici, reduci da una corsa a perdifiato da inizio anno. Da Seattle a Cupertino, si aspettano variazioni sul tema.
Tassi inglesi e lavoro USA
Gli altri due eventi da tenere sott’occhio in settimana si chiamano Bank of England e Job Report americano. Nessuno si aspetta che la banca centrale britannica muova i tassi dall’attuale livello dello 0,25%, ma tutti guardano alle previsioni di inflazione, ai toni del comunicato e soprattutto a possibili indicazioni sul reinvestimento dei bond accumulati con il QE che vengono a scadenza prima di settembre, quando si tiene il prossimo board dopo quello di giovedì prossimo. Venerdì arriva il magic number della settimana: il mercato si aspetta che a luglio l’economia USA abbia creato 180.000 posti, meno dei 222.000 di giugno ma pur sempre un numero robusto, che dovrebbe far scendere la disoccupazione al 4,3% dal 4,4% dell’ultima rilevazione. La crescita dei salari invece dovrebbe accelerare allo 0,3% dallo 0,2% di giugno. Dopo il buon dato sul PIL, numeri in linea o superiori alle attese toglierebbero a Janet Yellen ulteriori scuse per non rialzare i tassi a settembre.
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