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News & Views – 06 marzo 2017

6 Marzo 2017 09:40
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Insight dalla redazione di FinanciaLounge su quello che si muove nelle economie e nei mercati.


Che fai Janet, alzi o non alzi?
Se si guardano i titoli dei giornaloni non ci sono dubbi: il 15 marzo alla fine della prossima due giorni del FOMC la capa della Fed Janet Yellen annuncerà che ha alzato i tassi per la seconda volta in quattro mesi. D’altra parte Janet e i suoi collaboratori più stretti hanno detto di tutto per guidare il mercato verso un rialzo e i media le sono andati giustamente dietro. Ma se invece dei giornali si guarda ai contratti futures sui tassi di interesse la possibilità implicita che tra 10 giorni arrivi un rialzo sono solo al 50%. Gli argomenti a favore di un rialzo sono molti: i target di inflazione e occupazione sono ormai acquisiti, e i programmi di spesa e di taglio alle tasse di Trump dovrebbero consigliare una stretta per evitare che l’economia si surriscaldi. Ma il mercato ci crede solo a metà. O forse è diventato indifferente a quello che fa la Fed, i timori sulle economie mondiali si sono dissipati e gli spread dei bond si sono ristretti, mentre viene meno la correlazione tra gli andamenti dei prezzi delle diverse classi di asset. Certo se a questo giro non alza Janet deve trovare una scusa molto valida.

Scenari di decomposizione
Il povero Jean-Claude Juncker cerca di reinventarsi come il reinventore dell’Europa. Mercoledì ha presentato il suo ‘libro bianco’ con cinque scenari: tirare avanti, niente più del mercato unico, quelli che vogliono di più, fare meno e meglio, fare di più e più uniti. Si è decisamente sforzato, poteva fare di più con le elezioni in arrivo in Olanda, Bulgaria, Francia, Germania e Repubblica Ceca? Il fatto è che, scrive Tony Barber sul FT, nei circoli degli strateghi europei si comincia a prendere in considerazione l’impensabile, e si fanno scenari a lungo termine che prevedono una disgregazione dell’Unione. Le due velocità o una rifondazione basata sulla difesa sono tra le idee che girano. Barber segnala idee più estreme, come quelle pubblicate in un report di MacroGeo, un think thank presieduto dall’italiano Carlo De Benedetti. Il titolo recita: “l’Europa nell’era della Brexit e di Trump: Disintegrazione e Riunificazione”. E le conclusioni sono pesanti, anche se Macron vince in Francia e Schulz in Germania la decomposizione sarà difficile da evitare, e non sarà una decomposizione nei vecchi stati, ma anche degli stessi stati, come l’Italia.

Attrazione fatale
Una volta lo chiamavano con il nomignolo affettuoso Dubya solo i repubblicani più ferventi, per i democratici era la personificazione del cowboy pericoloso che entra ubriaco nel bar e comincia a sparare all’impazzata. Ora quel nomignolo affettuoso lo usano anche i liberal per indicare il loro nuovo amico, anzi la loro nuova star, l’adorato e simpatico anti-Trump. E sì, parliamo proprio di lui, George W. Bush diventato negli ultimi tempi il beniamino dei democratici più ferocemente critici di The Donald. Si sbaciucchia con l’ex first lady Michelle, di cui è diventato grande amico, difende i media, baluardo della democrazia messi sotto accusa da Trump, difende la costituzione dagli assalti di The Donald. E diventa un eroe, qualche giornale di sinistra americano e inglese lo definisce l’eroe che ci difende dal nuovo Hitler. Ricorda qualcosa? Magari un certo Fini che sette anni fa di questi tempi mandò a quel paese il suo “inventore” Berlusconi sperando di prenderne il posto e diventando da un giorno all’altro l’eroe della sinistra italiana?
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