dividendi
Idee di investimento – Azioni – 23 gennaio 2017
23 Gennaio 2017 09:26
base del prezzo pagato rispetto alla media delle quotazioni dell’ultimo mese delle società oggetto dell’acquisizione si può affermare che le quotazioni di borsa nel corso del 2016 non siano diventate più care rispetto a 12 mesi prima. Lo stabilisce il report annuale ‘Merger & Acquisitions Review Financial Advisors 2016’ a cura di Thomson Reuters che ha analizzato tutti i flussi annuali nelle diverse aree geografiche di tutto il mondo. Ebbene il prezzo corrisposto rispetto alla media delle quotazioni dell’ultimo mese delle società oggetto dell’acquisizione è stato pari a +28,2% contro il +27,5% pagato in media per le operazioni del 2015. Nell’articolo “Borse, le operazioni di M&A indicano che non sono più care di un anno fa” si può leggere che tale rapporto nel 2016 sia risultato in incremento in tutte le aree geografiche analizzate: dalle Americhe (dove è passato da 35,5% a 36,6%) all’Europa (da 26,1% a 27,1%), dall’Asia Pacifico (da 23,5% a 23,8%) al Giappone (dal 26,2% al 30,8%).
Questo non vuol dire che tutte le borse e tutti i settori cresceranno indistintamente. Secondo Johanna Kyrklund, Global Head of Multi-Asset Investments di Schroders, per esempio, il trend più promettente per il 2017 sarà la ripresa dei titoli value, alla luce anche dei recenti segnali di maggiori aspettative d’inflazione. Una convinzione che la strategist ha maturato dopo aver assistito al recente ribilanciamento in favore dei titoli value e dei mercati più sensibili al ciclo economico. “Le componenti settoriali e geografiche più cicliche del mondo, come il Giappone, ora guidano il trend rialzista: ma siamo diventati più ottimisti anche verso l’Europa”, puntualizza nell’articolo “Mercato azionario, c’è spazio per una rotazione settoriale a favore dei titoli value” Johanna Kyrklund, secondo la quale per la borsa di Tokyo un vantaggio di assoluto rilievo in un contesto di bassa crescita globale è rappresentato dall’indebolimento dello yen giapponese. Per quanto riguarda invece Wall Street, il supporto dovrebbe essere garantito dai rendimenti dei Treasury decennali al di sotto del 3%: una condizione che dovrebbe alimentare il sentiment globale positivo nei confronti dell’equity mentre un movimento al di sopra della soglia del 3% rifletterebbe la normalizzazione del ciclo.
Anche per questo i flussi dei dividendi azionari continueranno a svolgere un ruolo importante (se non addirittura determinante) nella generazione di performance nell’investimento azionario. Tuttavia, per ricavare un buon reddito da dividendi è necessario muoversi su regioni diverse. “Dal 2001 i dividendi costituiscono oltre la metà dei rendimenti complessivi annuali medi sui mercati sviluppati internazionali” premette nell’articolo “Investimenti, i dividendi resteranno fondamentali per la performance” Martyn Hole, Investment Director di Capital Group, che poi prosegue: “Dal momento che le aspettative per la crescita globale nel 2017 e per gli anni successivi sono piuttosto contenute o, nel migliore dei casi, più moderate, i dividendi potrebbero rivestire un’importanza ancora maggiore di quella che hanno avuto dall’inizio del 21° secolo. E questo in virtù del fatto che una ampia gamma di società corrisponde dividendi elevati sia nei mercati sviluppati che in quelli emergenti di tutto il mondo”. Tra queste compagnie si annoverano società finanziarie europee come Barclays e Prudential, società di telecomunicazioni come China Mobil e Verizon, società tecnologiche quali Taiwan Semiconductor e IBM, compagnie del settore petrolio e gas come Royal Dutch Shell nel Regno Unito, Enbridge in Canada e Chevron nel Regno Unito.
“Se il 2017 si rilevasse finalmente l’anno in cui la crescita dovesse accelerare, riteniamo che il mercato azionario vedrà protagonisti settori molto diversi” fa sapere invece nell’articolo “Borse, un’accelerazione della crescita può generare una rotazione settoriale” Bill Nygren, CFA, Partner e Portfolio Manager Harris Associates (gruppo Natixis Asset Management), che, di conseguenza preferisce società che potrebbero trarre vantaggio dall’aumento dei tassi di interesse (settore bancario e finanziario), dall’aumento dei prezzi delle commodity (settore energetico) e dall’aumento degli utili derivanti dai settori industriali ciclici. Il manager, al contrario, ritiene che gran parte delle utility elettriche, dei fornitori di servizi di telecomunicazione e delle società di beni di consumo confezionati con sede negli Stati Uniti siano poco interessanti. Per gli investitori di medio lungo termine, come Ashutosh Sinha, Portfolio Manager del fondo Emerging Markets Leaders di Morgan Stanley Investment Management, resta comunque importante individuare i mercati emergenti con le migliori potenzialità. “Ci piacciono le Filippine e l’Indonesia mentre non siamo positivi sulla Tailandia. In particolare l’andamento demografico dell’Indonesia rappresenta un fattore importante mentre il potenziale di crescita del reddito è paragonabile a quello dell’India. Forse l’Indonesia, come l’India, non riuscirà a ripetere l’exploit cinese degli ultimi 15 anni in termini di crescita, ma di certo dovrebbe essere in grado di esprimere un tasso di crescita superiore alla media dei mercati emergenti” spiega nell’articolo “Mercati azionari emergenti, ecco le scelte da fare in Asia” Ashutosh Sinha.
A proposito di India, il suo mercato azionario è tra i più cari in Asia ma offre interessanti opportunità ai gestori capaci di selezionare accuratamente i titoli sottovalutati. “L’India è sempre stato uno dei mercati emergenti più cari perché di solito offre una redditività del capitale e una crescita degli utili superiori alla media della regione” precisa nell’articolo “Azionario India, un mercato che premia la pazienza e la capacità di selezione” Ashutosh Sinha, Portfolio Manager del fondo Emerging Markets Leaders di Morgan Stanley Investment Management, che però subito dopo aggiunge: “Tuttavia resta un ottimo mercato per una selezione dei titoli bottom-up (basata cioè sulle singole società e non sui settori o sui dati macro economici) dal momento che le cifre aggregate tendono a celare la dispersione tra le società ben gestite e sottovalutate da quelle fatiscenti e sopravvalutate. Il nostro obiettivo, quindi,è di circoscrivere le aree di crescita e individuare le società di maggiore qualità, posizionate in tali aree”.
Questo non vuol dire che tutte le borse e tutti i settori cresceranno indistintamente. Secondo Johanna Kyrklund, Global Head of Multi-Asset Investments di Schroders, per esempio, il trend più promettente per il 2017 sarà la ripresa dei titoli value, alla luce anche dei recenti segnali di maggiori aspettative d’inflazione. Una convinzione che la strategist ha maturato dopo aver assistito al recente ribilanciamento in favore dei titoli value e dei mercati più sensibili al ciclo economico. “Le componenti settoriali e geografiche più cicliche del mondo, come il Giappone, ora guidano il trend rialzista: ma siamo diventati più ottimisti anche verso l’Europa”, puntualizza nell’articolo “Mercato azionario, c’è spazio per una rotazione settoriale a favore dei titoli value” Johanna Kyrklund, secondo la quale per la borsa di Tokyo un vantaggio di assoluto rilievo in un contesto di bassa crescita globale è rappresentato dall’indebolimento dello yen giapponese. Per quanto riguarda invece Wall Street, il supporto dovrebbe essere garantito dai rendimenti dei Treasury decennali al di sotto del 3%: una condizione che dovrebbe alimentare il sentiment globale positivo nei confronti dell’equity mentre un movimento al di sopra della soglia del 3% rifletterebbe la normalizzazione del ciclo.
Anche per questo i flussi dei dividendi azionari continueranno a svolgere un ruolo importante (se non addirittura determinante) nella generazione di performance nell’investimento azionario. Tuttavia, per ricavare un buon reddito da dividendi è necessario muoversi su regioni diverse. “Dal 2001 i dividendi costituiscono oltre la metà dei rendimenti complessivi annuali medi sui mercati sviluppati internazionali” premette nell’articolo “Investimenti, i dividendi resteranno fondamentali per la performance” Martyn Hole, Investment Director di Capital Group, che poi prosegue: “Dal momento che le aspettative per la crescita globale nel 2017 e per gli anni successivi sono piuttosto contenute o, nel migliore dei casi, più moderate, i dividendi potrebbero rivestire un’importanza ancora maggiore di quella che hanno avuto dall’inizio del 21° secolo. E questo in virtù del fatto che una ampia gamma di società corrisponde dividendi elevati sia nei mercati sviluppati che in quelli emergenti di tutto il mondo”. Tra queste compagnie si annoverano società finanziarie europee come Barclays e Prudential, società di telecomunicazioni come China Mobil e Verizon, società tecnologiche quali Taiwan Semiconductor e IBM, compagnie del settore petrolio e gas come Royal Dutch Shell nel Regno Unito, Enbridge in Canada e Chevron nel Regno Unito.
“Se il 2017 si rilevasse finalmente l’anno in cui la crescita dovesse accelerare, riteniamo che il mercato azionario vedrà protagonisti settori molto diversi” fa sapere invece nell’articolo “Borse, un’accelerazione della crescita può generare una rotazione settoriale” Bill Nygren, CFA, Partner e Portfolio Manager Harris Associates (gruppo Natixis Asset Management), che, di conseguenza preferisce società che potrebbero trarre vantaggio dall’aumento dei tassi di interesse (settore bancario e finanziario), dall’aumento dei prezzi delle commodity (settore energetico) e dall’aumento degli utili derivanti dai settori industriali ciclici. Il manager, al contrario, ritiene che gran parte delle utility elettriche, dei fornitori di servizi di telecomunicazione e delle società di beni di consumo confezionati con sede negli Stati Uniti siano poco interessanti. Per gli investitori di medio lungo termine, come Ashutosh Sinha, Portfolio Manager del fondo Emerging Markets Leaders di Morgan Stanley Investment Management, resta comunque importante individuare i mercati emergenti con le migliori potenzialità. “Ci piacciono le Filippine e l’Indonesia mentre non siamo positivi sulla Tailandia. In particolare l’andamento demografico dell’Indonesia rappresenta un fattore importante mentre il potenziale di crescita del reddito è paragonabile a quello dell’India. Forse l’Indonesia, come l’India, non riuscirà a ripetere l’exploit cinese degli ultimi 15 anni in termini di crescita, ma di certo dovrebbe essere in grado di esprimere un tasso di crescita superiore alla media dei mercati emergenti” spiega nell’articolo “Mercati azionari emergenti, ecco le scelte da fare in Asia” Ashutosh Sinha.
A proposito di India, il suo mercato azionario è tra i più cari in Asia ma offre interessanti opportunità ai gestori capaci di selezionare accuratamente i titoli sottovalutati. “L’India è sempre stato uno dei mercati emergenti più cari perché di solito offre una redditività del capitale e una crescita degli utili superiori alla media della regione” precisa nell’articolo “Azionario India, un mercato che premia la pazienza e la capacità di selezione” Ashutosh Sinha, Portfolio Manager del fondo Emerging Markets Leaders di Morgan Stanley Investment Management, che però subito dopo aggiunge: “Tuttavia resta un ottimo mercato per una selezione dei titoli bottom-up (basata cioè sulle singole società e non sui settori o sui dati macro economici) dal momento che le cifre aggregate tendono a celare la dispersione tra le società ben gestite e sottovalutate da quelle fatiscenti e sopravvalutate. Il nostro obiettivo, quindi,è di circoscrivere le aree di crescita e individuare le società di maggiore qualità, posizionate in tali aree”.
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