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International Editor’s Picks – 29 dicembre 2016

29 Dicembre 2016 10:06
financialounge -  IPO lusso mercati azionari The Washington Post
Tra Hong Kong e New York è lotta all’ultima Ipo.
Le nuove quotazioni sono state una merce scarsa nel 2016 e così la competizione tra le due principali piazza specializzate in collocamenti si è fatta ancora più spietata. Il FT riporta che quest’anno la piazza di New York è riuscita a tenere testa a quella cinese con $24,6 miliardi di IPO su New York Stock Exchange e Nasdaq combinati, mentre Hong Kong ha fatto appena meno, Shanghai si è piazzata terza a distanza con circa $16 miliardi, con Tokyo e Copenhagen a seguire con $9,6 miliardi e $5,9 miliardi rispettivamente.
Nell’anno della Brexit Londra è scivolata all’ottavo posto in classifica con $5,5 miliardi. Proprio l’uscita della Gran Bretagna dalla UE, insieme al rallentamento cinese e alle turbolente elezioni americane hanno condizionato il mercato globale delle Ipo, che nel 2016 ha totalizzato solo $141 miliardi, un terzo in meno del 2015. Nel 2017 ci sono nella pipeline tre importanti collocamenti cinesi e il mercato si chiede se seguiranno la strada di Alibaba, che per la mega Ipo due anni fa snobbò Hong Kong e scelse Wall Street, perché secondo Jack Ma conservava pratiche di quotazioni obsolete. La prima in lista per il 2017 non è comunque cinese ma giapponese, e ha già scelto New York, dove approderà a marzo: si tratta di Snap, una app di messaging che si presenta come la rivale di WhatsApp.

 

Attenzione! Il Washington Post assume giornalisti.
In un mondo in cui la carta stampata è in crisi profonda e per i giornalisti è più facile essere licenziati che assunti, ci sono delle notevoli eccezioni. Politico.com ne segnala una di rilievo, quello della storica Washington Post, dal 2013 di proprietà del mago dell’e-commerce Jeff Bezos, che nel 2016 ha visto crescere la sua audience diventando il quarto gruppo editoriale degli Stati Uniti insieme al New York Times, al Wall Street Journal e a USA Today. E ora si prepara ad assumere giornalisti proprio all’inizio del 2017.
Quanti? “A dozzine,” risponde l’editore e CEO del giornale Fred Ryan che in una recente memo alla redazione ha scritto che il Post “è redditizio e in crescita.” Ryan aggiunge che dopo un bilancio positivo nel 2016 ha deciso di fare investimenti, non in robot, ma in giornalisti in carne e ossa. Le stime sono di 60 assunzioni in arrivo, pari all’8% della redazione attuale. In termini assoluti sono numeri piccoli, ma per un settore che molti danno in estinzione come i dinosauri sono numeri colossali.
Con le assunzioni la redazione del Post dovrebbe superare quota 750 giornalisti, piazzandosi al terzo posto tra I quotidiani nazionali e avvicinandosi al NY Times, che di giornalisti ne conta ancora 1.307, mentre USA Today è fermo a 450 e il WSJ ne impiega 1.500.

 

Ora il lusso punta sulle scarpe.
Per il lusso il 2016 non è stato un anno da ricordare. Il rallentamento in Cina, per anni il mercato che ha trainato la crescita del settore, unito agli attacchi terroristici in Europa, alla crisi in Russia e alla rude stagione elettorale in USA hanno portato per la prima volta dal 2009 a un declino del fatturato globale del lusso: secondo le stime di Bain & Co una caduta di circa l’1% dopo un incremento del 12% anno su anno nel 2015. E così, come riporta in un’inchiesta il Wall Street Journal, i grandi brand si riposizionano, è il caso di dirlo. Infatti dall’abbigliamento, ai profumi, agli accessori si spostano sulle scarpe.
Come ha fatto di recente Chanel per rilanciare i suoi negozi nelle isole Hawaii ha dedicato una delle sue boutiques interamente alla calzature: con sandali ornati di perle da $1.460 e ballerine da $750 spera di trainare al rialzo anche le vendite di abbigliamento, borse e cosmetici dopo il calo del 17% delle vendite sofferto dalla casa francese negli ultimi 12 mesi. Chanel non è la sola a puntare sulle scarpe, che rispetto al resto del fashion si muovono controtendenza e sono attese in crescita del 5% l’anno nei prossimi 5 anni. Da sole le scarpe fanno circa il 6% del mercato del lusso, resistendo meglio di altri alla grande crisi.
E ora sono viste come il punto di ingresso di chi si affaccia al fashion, una volta presidiato dalle borse. Anche perché i prezzi degli articoli in pelle continuano a salire molto, mentre quelli delle scarpe meno. Secondo Deutsche Bank, i primi sono saliti del 9% dal 2005 al 2015, i secondi poco più del 5%.
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