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Quando il prezzo non è giusto

26 Dicembre 2016 00:01
financialounge -  banche centrali Brexit donald Trump italia Matteo Renzi mercati azionari referendum settore bancario

La lezione del 2016 delle borse è che le quotazioni possono sbagliare. I mercati esagerano, anche se poi correggono. Ma intanto l’investitore può scottarsi.


Cosa può aver insegnato all’investitore il 2016 che ci stiamo lasciando alle spalle? La conclusione generale è che il mercato fa sempre più fatica a prezzare in maniera corretta gli asset, siano azioni, obbligazioni, valute o altri strumenti come l’oro e le commodities. Ma nel corso degli ultimi 12 mesi questo trend, in atto da tempo, è stato per così dire estremo. Ci sono ad esempio titoli di grandi banche europee, senza fare nomi, che hanno fatto escursioni da un estremo all’altro, per magari tornare a fine anno poco lontano da dove erano a gennaio.


Come è possibile che nell’arco di pochi mesi un titolo che esprime una realtà sottostante fatta di centinaia di migliaia di clienti, migliaia di dipendenti, filiali in tutto il mondo, asset per centinaia di miliardi di dollari, possa valere indifferentemente 50 o 100?


È vero che il 2016 è stato l’anno degli shock e degli eventi non previsti. Si è cominciato a gennaio con la crisi cinese innescata da un messaggio fuorviante della Fed americana, si è andati avanti a giugno con la Brexit, poi a novembre con l’elezione inattesa di Trump, e infine si è chiuso a dicembre con il NO al referendum italiano. Quest’ultima notizia era stata prevista dai sondaggi, ma è stata preceduta da un coro unanime secondo cui la bocciatura di Renzi sarebbe stata una catastrofe. E invece niente.


Ma gli shock e le sorprese non sono una spiegazione sufficiente per prezzi che si sbagliano del 50% e poi ci ripensano. Al cuore del problema ci sono le banche, soprattutto in Europa, nel ruolo di vittime e di colpevoli, anche se involontarie. Dal 2008 le banche in tutto il mondo sono nel mirino delle opinioni pubbliche, dei politici e dei regolatori di tutto il mondo.


Sono le grandi colpevoli della grande crisi e a loro sono state applicate misure di correzione straordinarie: requisiti di capitale sempre più elevati, stress test nei quali devono dimostrare di essere in grado di superare indenni eventi catastrofici, multe pluri miliardarie per le malefatte compiute durante la bolla immobiliare in USA, ma anche per aver violato le sanzioni all’Iran, o per aver manipolato strumenti di mercato sensibilissimi, come il Libor, l’Euribor e il Forex. Il risultato è che le banche hanno sempre più bisogno di capitale da tenere congelato in accantonamenti per garantire la stabilità. E quindi non va a far funzionare il credito, che è il mestiere delle banche.


Ma sono anche colpevoli, involontarie. Qualche giorno fa il settimanale britannico Economist ha lanciato un segnala d’allarme su mercati dei capitali sempre meno liquidi. Fino al 2007 il mondo della finanza era percorso da vascelli pieni di “soldi bollenti” alla ricerca di impieghi redditizi da portare a casa anche con spregiudicate incursioni. Oggi i flussi da un paese e da un continente all’altro si sono ridotti drasticamente.


Un mondo più sicuro? Fino a un certo punto: quando il mercato sbanda e i corsari fuggono con il bottino, avere a disposizione grandi banche con grandi capitali, che possono intervenire comprando sui prezzi in caduta per magari nel tempo realizzare anche una plusvalenza, può tornare utile. Quindi abbiamo banche che non sono più in grado di fare il loro mestiere su due fronti: il credito all’economia reale, che aiuta a crescere tutte le altre industrie, e la disponibilità di denaro per intervenire sul mercato dei capitali quando sbanda pericolosamente. Per questo il mercato nel 2016 ha fatto così fatica a trovare il prezzo giusto per gli asset che sono quotati in tutto il mondo.


Le banche centrali hanno cercato di fare i sostituti, con maggior successo in Europa grazie a Mario Draghi, un po’ meno in America dove la Fed si è distinta per i messaggi sbagliati mandati al mercato. Il risultato è la crescita globale stentata che il 2016 lascia in eredità al 2017. Congiure astrali improbabili hanno fatto il possibile per far deragliare il mercato nel bisestile 2016, in alcuni casi ci sono andati vicini, come in Europa, ma neanche troppo. Contro gli eventi imprevisti e i fattori esterni c’è poco da fare, quando arrivano arrivano. Ci sono tutti gli ingredienti politici perchè ci siano turbolenze anche nel 2017. Un sistema del credito che funzioni sia come motore dell’economia sia come stabilizzatore del mercato è invece un problema risolvibile dalle istituzioni, politiche e regolatorie.


L’anno che si sta chiudendo sta mandando anche qualche segnale di ravvedimento su questo fronte. Non ci serve il Far West, ma nemmeno il Grande Fratello del credito.

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