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International Editor’s Picks – 28 novembre 2016

28 Novembre 2016 09:39
financialounge -  dollaro Federal Reserve International Editor's Picks mercati valutari Rust Belt sterlina tassi di interesse
Conto alla rovescia per il rialzo della Fed
Il FOMC del 14 dicembre si avvicina e il mercato sconta un 93,5% di probabilità che la Fed alzi i tassi. Dean Popplewell su Seeking Alpha ci aiuta a individuare gli altri indizi che arriveranno in settimana, il più importante è il job report USA che esce venerdì 2 dicembre. Sotto i riflettori anche il meeting OPEC di Vienna di mercoledì 30. L’accordo di massima per il congelamento della produzione di marzo, se non altro ha impedito un ulteriore caduta libera dei prezzi ed è difficile che ora i produttori facciano marcia indietro, anche se per ora Iran e Iraq si tengono fuori. La scorsa settimana è stata anche quella della tenuta nel finale dell’euro dopo la caduta seguita alla vittoria di Trump, con le banche centrali di Europa e Giappone sempre in modalità di stimolo monetario. Lo yen ha ceduto quasi il doppio dell’euro contro dollaro in termini percentuali e questo deve aver fatto piacere alla BoJ, visto che la Abenomics da sola non produce grandi risultati. Oggi parla Draghi, potrebbe dare qualche indicazione sull’estensione del QE, avversato dai tedeschi, e anche lanciare qualche appello dell’ultimo minuto sul referendum italiano. Domani arriva la fiducia dei consumatori USA e giovedì il dato sull’attività manifatturiera.

Quella moneta che tiene testa al dollaro
Novembre è stato il mese della vittoria di Donald Trump e del dollaro, che sull’onda della svolta Americana si è rafforzato contro tutte le altre monete. Dallo yen, che dall’8 novembre ha perso quasi l’8%, all’euro, che ha ceduto il 4%, fino a tutte le monete del mondo, dall’America Latina, all’Asia, a tutte le economie emergenti. Tutte le monete? Non proprio, ce n’è una che nel mese che sta finendo si è rafforzata nei confronti del biglietto verde guadagnando il 2%. Indoviniamo? È la sterlina britannica. Dopo la Brexit era data per morta e sepolta, invece, come riporta in un’analisi del weekend Bloomberg, aiutata anche da un’economia in salute e da consumi robusti, sta smentendo le previsioni di una caduta che si sarebbe dovuta protrarre anche l’anno prossimo. E la volatilità sulla sterlina sta invece rientrando. Insomma la moneta Britannica si sta rivelando un’ancora stabile in un mercato dei cambi scombussolato dal dollaro forte. Da inizio anno la moneta britannica è scesa del 16% contro dollaro causa la Brexit, ma ora si è fermata e anzi recupera. Rally in vista? I trader sono cauti, e preferiscono puntare alla stabilità.

Cina, la grande fuga dal carbone e dall’acciaio
Si chiama nello stesso modo di quella americana: Rust Belt, cintura di ruggine. È nella stessa area del paese, il Nord Est, quella di più antica industrializzazione, carbone e acciaio. E sta vivendo lo stesso fenomeno, i giovani, i millennial, la stanno abbandonando in cerca di lavori meno faticosi e meglio pagati a Sud. Il problema, siamo in Cina, è che il modello economico del Nord Est non gira più, e non c’è nemmeno un Donald Trump che promette di rilanciarla. Il FT riporta che l’economia del Liaoning, una delle tre province industriali del Nord Est cinese, nei primi nove mesi dell’anno si è contratta del 2,2%, mentre la crescita nell’insieme del paese ha sfiorato il 7%, segnando la peggior performance in sette anni. A differenza dell’America di The Donald qui la ricetta non è riscoprire le radici industriali riportando a casa i posti di lavoro fuggiti all’estero, ma immaginare un nuovo modello di sviluppo. A questo fine è stato creato un ufficio ad hoc affidato a Zhou Jianping: primo obiettivo, fermare l’emorragia delle élites che se ne stanno andando.
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