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Brexit o non Brexit?

7 Marzo 2016 00:01
financialounge -  borsa Brexit Regno Unito Scozia sterlina Unione europea
Se la Gran Bretagna lascerà veramente l’Unione Europea lo sapremo solo la sera del 23 giugno quando saranno noti i risultati del referendum con cui i cittadini di Sua Maestà decideranno se restare o meno a far parte dell’Unione Europea. Le previsioni sull’effetto che potrebbe avere un voto favorevole all’uscita sono praticamente unanimini: negativo per la stessa Gran Bretagna, per l’Europa e per l’economia e la finanza mondiale che potrebbero subire un pesante shock. Perfino il Gruppo dei 20 paesi più industrializzati riunito a Shanghai a fine febbraio ha sentito il bisogno di lanciare un allarme sui rischi della Brexit. Eppure il problema è sul tappeto, e le possibilità che succeda davvero ci sono, anche se le previsioni le danno come minoritarie.

Ma davvero la Brexit sarebbe un disastro?

Sicuramente sarebbe un problema che non si risolve dall’oggi al domani. Serviranno mesi se non addirittura anni per sciogliere tutti i complessi legami che vincolano l’isola al continente e forse altrettanto tempo per ritesserli sotto forma di rapporti e trattati bilaterali con i singoli paesi europei. Il che vorrà dire un periodo di incertezza che bloccherà o terrà in sospeso molte decisioni di investimento.

In questa situazione, l’uscita potrebbe invece essere un’ottima notizia per le piazze finanziarie europee, a cominciare da Francoforte e da Parigi, che attrarrebbero scambi sia dal mercato azionario che da quello del reddito fisso, delle monete e delle materie prime che oggi ha a Londra la sua capitale.

Poi c’è l’effetto sterlina. Tutte le previsioni dele principali banche d’investimento dicono che la sterlina è destinata ad indebolirsi fortemente contro dollaro e euro, per alcuni fino a raggiungere la parità di uno-a-uno con la moneta unica. Questa sarebbe una buona notizia per le aziende britanniche che esportano in Europa e una cattiva notizia per gli europei che esportano nel Regno. Ma anche merci e beni di consumo più cari per i britannici.

Una conseguenza possibile anche se estrema potrebbe essere secondo alcuni la disintegrazione stessa del Regno Unito in caso di Brexit. Gli scozzesi infatti, che già hanno ottenuto un alto grado di indipendenza, in caso di Brexit potrebbero a loro volta indire un referendum per decidere che loro invece in Europa vogliono restare. La Gran Bretagna non potrebbe sopravvivere come nazione a una Scozia parte dell’Unione da cui è uscita ma all’interno dei suoi confini. Con oltre tutto l’Irlanda anch’essa dentro la UE e l’euro.

L’ancora di salvezza per Londra potrebbe diventare il legame preferenziale che da sempre caratterizza i rapporti con gli Stati Uniti. Ma gli stessi Stati Uniti continuano a dire che preferiscono una Gran Bretagna dentro l’Unione che fuori. Forse perché proprio attraverso la Gran Bretagna riescono mantenere un potere di influenza su Bruxelles che altrimenti non avrebbero. Un’Europa senza Londra sarebbe senz’altro un’Europa anche più lontana da Washington. E forse, volente o nolente, più vicina a Mosca.

Insomma, i contro non mancano, anche se da qualche parte qualche pro c’è. Magari anche per l’Italia. Con la Brexit potrebbero tornare le tensioni sul debito italiano e lo spread potrebbe tornare ad allargarsi assieme a quello di Spagna e Portogallo. Ma potrebbe anche uscirne semplificato il gioco tra Roma, Bruxelles e Berlino, con un’Europa magari più disponibile ad essere flessibile per non rischiare di perdere troppi pezzi.
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