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Arabia Saudita

International Editor’s Picks – 02 novembre 2015

2 Novembre 2015 10:53
financialounge -  Arabia Saudita Brigade International Editor's Picks rating settore bancario Standard & Poor’s
Per l’Arabia Saudita arriva il downgrade di S&P. Business Insider riporta che l’agenzia ha abbassato il rating del primo produttore mondiale di petrolio a A+/A-1 dal precedente AA-/A-1+ mantenendo un outlook negativo. La motivazione è la situazione di bilancio del regno, che si sta deteriorando sempre più a causa della guerra dei prezzi del petrolio intrapresa per tentare di mandare fuori mercato i produttori americani di shale oil. Una guerra costosa: nel decennio 2003-13 l’Arabia accumulava surplus di bilancio, grazie alla rendita petrolifera, pari in media a circa il 13% del PIL ogni anno. Il crollo del prezzo del petrolio ha trasformato il surplus in deficit, che nel 2015 è previsto al 16% del PIL. Un deficit che andrà coperto indebitandosi sul mercato per mantenere inalterati i livelli di spesa pubblica. Ma costerà di più, proprio a seguito del downgrade di S&P, andando ad aggiungere deficit alla voce spesa per interessi. Secondo gli analisti di RBC Capital Markets questa situazione potrebbe avere un impatto sugli equilibri all’interno della famiglia reale.

Dalla Silicon Valley sempre più soldi alla politica. Negli ultimi 25 anni gli investimenti in lobbying da parte dell’industria californiana high tech sono aumentati del 2.000 per cento a quasi $140 milioni nel 2014, e si calcola che le donazioni per le presidenziali del 2016 raddoppino rispetto al record di oltre $64 milioni del 2012. Chris Lehane, uno strategist politico della Baia spiega a Breitbart: la Silicon Valley è come un bancomat, ma per farlo funzionare bisogna rispondere a qualche domanda. Il riferimento è a una serie di siti e di app sempre più numerosi e specializzati nella raccolta e nell’orientamento di opinioni sul web con il fine di influenzare la politica a Washington. Un gruppo di imprenditori, tra cui il fondatore di Napster Sean Parker e il venture capitalist Jason Putorti, hanno creato un social network chiamato Brigade con l’obiettivo di far diventare virale l’impegno politico degli americani. La app di Brigade chiede agli utenti di cliccare le proprie opinion sulle issue contenute nelle news pubblicate, come se partecipassero a un dibattito in un club. Brigade è solo l’ultima delle ormai numerose iniziative partite dalla Silicon Valley per influenzare la politica in misura proporzionata ai soldi che vengono investiti con le donazioni.

I bail-in bancari non sono un tema solo in Europa. Anche la Fed sta preparando misure per ridurre il rischio che alla fine siano i contribuenti a pagare eventuali fallimenti bancari e propone che le prime otto banche americane rafforzino ulteriormente i requisiti di capitale. Associated Press riporta che per raggiungere l’obiettivo gli otto grandi, che comprendono JPMorgan Chase, Citigroup e Bank of America, dovranno rafforzare la capacità di assorbire perdite emettendo capitale azionario o debito a lungo termine. In questo modo il costo di eventuali fallimenti verrebbe pagato da azionisti e obbligazionisti, e non dal contribuente, come è accaduto con la grande crisi del 2008-09. I numeri sono grandi, si tratta in totale di $120 miliardi, ma c’è anche tempo. Una volta formalmente approvate, il grosso delle misure entrerà in vigore non prima del 2019 e il resto non prima del 2022.
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