Contatti

Fondi bilanciati

Perché non bastano più le strategie bilanciate statiche

15 Settembre 2015 10:57
financialounge -  Fondi bilanciati Mihir Worah PIMCO
I classici portafogli bilanciati, quelli per intenderci con ripartizione tra azioni e bond 40% e 60%, 50% e 50%, o 60% e 40%, hanno accompagnato le famiglie italiane negli ultimi decenni costituendo spesso anche il solo investimento nei quali confluivano tutti i risparmi. E, pur con alcuni limiti e problemi strutturali (come, in particolare, il costo medio annuo che oscilla di solito tra l’1,4% e l’1,7%), hanno permesso di cogliere molte opportunità sui mercati, sia in ambito obbligazionario che in quello azionario. Realizzando peraltro buone performance con un rischio relativamente ridotto: basti pensare che l’indice dei fondi bilanciati negli ultimi 10 anni ha reso il 31,7% contro il 33,3% dell’indice dei fondi azionari ma con una volatilità più che dimezzata (5,5% contro 12,7%). Proprio la volatilità dei fondi bilanciati segnala però che qualcosa sta cambiando.

Se negli ultimi 10 anni la volatilità dei fondi bilanciati è risultata praticamente allineata a quella dei BTP (5,46% per i fondi e 5,49% per i Btp), negli ultimi due anni si nota una certa divaricazione (5,80% per i fondi e 4,5% per i BTP). È l’ennesimo segnale che i portafogli bilanciati classici potrebbero essere ormai superati in quanto non sono in grado di offrire il miglior profilo di efficienza nelle nuove condizioni di mercato che vedono i tassi di interesse vicini allo zero (se non addirittura negativi) e le azioni posizionate su livelli di valutazione che non possono essere definite a buon mercato. Dopo l’aumento delle misure di stimolo fornite dalle politiche monetarie e dal quantitative easing (QE) a livello globale, in seguito alla crisi finanziaria molte asset class hanno conseguito rendimenti eccezionali: l’aumento delle valutazioni è stato sostenuto dal calo dell’inflazione e dei tassi d’interesse.

“Tuttavia, riteniamo che questo contesto favorevole stia per venire meno, pertanto le strategie «buy-and-hold» statiche (cioè quelle che acquistano titoli azionari e obbligazionari per mantenerle in portafoglio per un lungo periodo) potrebbero generare rendimenti più modesti. Dal momento che la Federal Reserve statunitense e altre banche centrali intendono aumentare i tassi d’interesse e l’inflazione sembra destinata a evidenziare una ripresa, la combinazione tra un aumento dei tassi, valutazioni eque o eccessive e rendimenti iniziali modesti indica che in futuro gli investitori dovrebbero aspettarsi performance più contenute dalla maggior parte delle asset class. Inoltre, dovrebbe aumentare la volatilità” fa sapere Mihir Worah, Gestore e CIO Asset Allocation e Real Return presso PIMCO, che, sebbene ritenga che sia senz’altro ancora possibile generare rendimenti interessanti, pensa sia necessario adottare un approccio diverso alla costruzione del portafoglio.

Secondo il manager, l’aspetto più importante da comprendere è che gli investitori dovranno ampliare la loro gamma di opportunità e adottare un approccio più tattico. “Ad esempio, analizzando tutte le principali asset class in diversi cicli economici, il differenziale tra le categorie con le migliori e le peggiori performance è stato in media del 45%. Si tratta di una differenza notevole. Ciò significa che anno dopo anno vi è un ampio margine per incrementare il potenziale di rendimento e per cercare di evitare i rischi assumendo un approccio tattico” puntualizza Mihir Worah che poi conclude: “Alla luce delle prospettive di rendimento modeste a lungo termine per le asset class tradizionali, come recentemente illustrato nel Secular Asset Allocation Outlook di PIMCO, riteniamo che la gestione attiva diventerà un driver di performance ancora più importante”. Come dire che le strategie bilanciate classiche non bastano più.
Share:
Trending