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L’attività d’investimento è un cantiere in continua costruzione

21 Gennaio 2015 15:40
financialounge -  emotività gestione attiva rendimenti
Metodo e disciplina sono utili strumenti per contrastare l’emotività e, per quanto possibile, evitare azioni impulsive agli investitori individuali come ai grandi investitori istituzionali. Perché l’attività di investimento e di costruzione del portafoglio non può essere considerata qualcosa di statico quanto piuttosto un cantiere in continua costruzione alla ricerca del miglior equilibrio tra rendimento e rischio sia nel breve che, soprattutto, nel medio lungo termine. Proprio in quest’ottica, gli investitori istituzionali si dotano, o dovrebbero dotarsi, di governance e processi che diano all’attività di investimento basi quanto più possibile oggettive.

“Ma ciò che accadde nel 1995 allo Stato della Florida è particolarmente istruttivo perché fu determinato da regole di governance stabilite proprio per evitare la soggettività, e i possibili errori, dei singoli manager” ricorda Carlo Benetti, Head of Market Research & Business Innovation di Swiss & Global, nel commento analitico L’Alpha e Beta del 19 gennaio. Il riferimento è a quanto sperimentarono con dolore all’inizio degli anni ’90 i responsabili della dotazione di tre miliardi di dollari dello stato della Florida le cui regole prevedevano a fine anno il trasferimento meccanico di parte delle risorse dal gestore che conseguiva i peggiori risultati a quello che invece registrava i risultati migliori.
Uno dei gestori, specializzato in strategie obbligazionarie a bassa volatilità, beneficiò ampiamente di questa regola grazie a risultati che lo portarono in testa alla classifica con risultati a doppia cifra dal 1989 al 1993. Il successo era dovuto a tecniche che approfittavano dei differenziali di rendimento tra derivati su cartolarizzazioni a medio termine e i Treasury trentennali, in un mercato obbligazionario favorito da tassi in discesa. Era il migliore dei mondi possibile: performance stellari e volatilità contenuta.

Grazie alla regola del «return-chasing» (segui il rendimento, ovvero «premia il migliore») nel gennaio del 1994 gli asset attribuiti al gestore "top performer" erano arrivati a 434 milioni di dollari, il doppio degli altri migliori gestori. Peccato che il 4 febbraio del 1994 la Fed aumentò di 25 punti base i tassi ufficiali: la mossa colse di sorpresa i mercati e gli operatori, tutti impastoiati in quelle posizioni lunghe che avevano consentito di festeggiare a champagne i risultati dell’anno appena terminato. Puntualmente si innescò la corsa alle vendite, i rendimenti a lungo termine balzarono da 5,9% a 6,5% in poche settimane. Nella successiva riunione del 22 marzo Greenspan alzò i tassi di un altro 0,25% intensificando il panico. Il 1994 fu un anno disastroso per i portafogli obbligazionari con la Fed che proseguì nell’aggiustamento verso l’alto dei tassi di riferimento in aprile (25 punti base) e in maggio (50 punti base).

In quel mese il rendimento del Treasury a dieci anni era arrivato a 7,5%, una corsa di 200 punti in quattro mesi. Nello smarrimento di quel periodo furono particolarmente colpite le cartolarizzazioni sui mutui ipotecari, cuore della strategia del gestore ormai ex top performer. Terminò in un bagno di sangue: le perdite del mandato ammontarono a più del 20%, un risultato inammissibile in una strategia selezionata per il suo basso rischio. A fine anno, coerenti con la regola del trasferimento di risorse dal peggiore al migliore, lo stato della Florida tolse alla gestione circa 118 milioni di dollari. “E fu un errore: perché nel 1995, con i mercati stabilizzati sul nuovo livello di tassi, la strategia tornò a funzionare riportando il gestore in testa alla classifica. Peccato però per lo Stato della Florida che non partecipò completamente al recupero avendo tolto al mandato parte della dotazione” tiene a precisare Carlo Benetti che poi aggiunge: “Il principio del «return-chasing» aveva portato lo Stato della Florida a commettere due errori: il primo nell’avere concentrato molte risorse in un singolo gestore, esponendosi a perdite ingenti, il secondo nell’avergli tolto risorse, non partecipando in questo modo al successivo recupero di performance. In realtà c’è un terzo errore, che nel caso di un investitore istituzionale è più grave, e cioè non aver compreso compiutamente il grado di rischio delle cartolarizzazioni dei mutui ipotecari, rubricando la strategia come a «basso rischio». In quel caso era l’effetto leva ad amplificare i risultati: estremamente positivi con tassi in discesa, disgraziatissimi con tassi in brusca salita”.

Quegli investitori che, anche con l’aiuto di un esperto, si sono dotati di una strategia di lungo termine e vi rimangono fedeli (evitando magari di controllare compulsivamente il portafoglio), hanno una più profonda comprensione dello scenario e riducono le probabilità di rimanere vittime del panico che, come un fenomeno carsico, periodicamente si affaccia sui mercati. Anche perché, val sempre la pena ricordarlo, le strategie di gestione attiva creano valore nel lungo termine ma gli investitori devono prevedere la possibilità di periodi di sottoperformance.

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