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Società petrolifere, taglio agli investimenti per confermare i dividendi

2 Dicembre 2014 09:40

financialounge -  dividendi petrolio shale oil
astica riduzione degli investimenti a basso margine come quelli nelle sabbie bituminose e nei progetti artici. È questa la mossa che la grandi compagnie petrolifere dovrebbero adottare per far fronte al crollo dei prezzi del greggio che sta erodendo i margini e i flussi di cassa mettendo a repentaglio non soltanto la redditività ma anche la possibilità di sostenere i generosi dividendi che caratterizzano i titoli di questo settore e che, secondo alcuni report riservati, sono la priorità per il management di questi colossi di Borsa.

Le grandi compagnie petrolifere e del gas rimangono infatti tra i migliori provider in termini di dividendi: Shell, ai prezzi attuali, paga una cedola annua del 5,4 per cento, mentre BP liquida dividendi annui peri al 6 per cento. Leggermente meno generose le major USA come, per esempio, Chevron Corp. (3,9 per cento) e Exxon Mobil (3 per cento): valori che, in tutti i casi, si confrontano con una media del 2,3 per cento dei dividendi dell'MSCI World Index, rappresentativo delle 5.000 aziende di tutti i settori del mondo.

D’altra parte non sembra esserci alternativa.
Il petrolio USA di scisto, per esempio, ha rappresentato circa il 20 per cento degli investimenti nell’intero settore petrolifero mondiale nel 2013 ma ha fornito solo il quattro per cento della produzione globale. Inoltre, un pozzo di petrolio di shale oil USA riduce la propria produzione in minor tempo rispetto ai pozzi tradizionali, rendendo di fatto l’investimento meno proficuo.

Stesso discorso per le estrazioni in luoghi impervi e profondi (come quelli artici, al largo delle coste del Brasile e del Venezuela) che richiedono ingenti investimenti con costi di estrazione molto elevati che, a queste quotazioni del greggio, non sono convenienti. Tuttavia, se questa sembra essere la strategia delle grandi compagnie per correre ai ripari al crollo dei prezzi del petrolio, diverso è il discorso a medio lungo termine.

Secondo diversi analisti, infatti, questa tendenza potrebbe provocare tra pochi anni un collo di bottiglia tra la domanda di greggio (che dovrebbe gradualmente tornare a crescere) e l’offerta che potrebbe invece diminuire drasticamente qualora le compagnie petrolifere non riuscissero a rimpiazzare in tempo i pozzi in via di esaurimento.

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