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Le privatizzazioni della Serbia

10 Dicembre 2013 09:10
financialounge -  FMI italia Privatizzazioni riforme serbia
L’obiettivo è duplice: da un lato riuscire a spuntare nuovi finanziamenti da parte della Banca mondiale e dall’altro ricucire i rapporti, bruscamente interrotti l’anno scorso, con il Fondo monetario internazionale (Fmi).

Il piano di privatizzazioni annunciato dal Governo di Belgrado promette di porre fine al dominio dello Stato padrone anche per agevolare il percorso di avvicinamento all’Unione Europea. Ad oggi, sono oltre 400 le aziende, piccole, medie e grandi, che a vario titolo e con diverse quote sono di fatto controllate dallo stato centrale: il piano di privatizzazione, però, riguarda 153 di esse.
Nell’elenco, figurano gruppi dei settori bancario, minerario, farmaceutico e meccanico: si spazia da società di grosso calibro internazionale, quali Telekom Serbia, le acciaierie Zelerara di Smederevo, il big della farmaceutica Galenika, e il produttore di macchinari Prva Petolekta.

Al fine di agevolare l’ingente piano di dismissioni, il Governo di Belgrado ha messo in agenda maggiori facilitazioni per le concessioni delle licenze edilizie e infrastrutturali, una più ampia e articolata flessibilità del mondo del lavoro e procedure fallimentari più trasparenti e meno burocratiche. La Serbia, dal canto suo, beneficia di una pressione fiscale, in termini di imposta sui redditi societari, tra le più basse dell’Europa Orientale limitata al 15%: molto meno di Slovacchia (23%), Croazia (20%) e Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca (19%). Anche lo stipendio lordo mensile, pari a 508 euro, è tra i più bassi dell’Est Europa, visto che è circa la metà di quello in Croazia (1.048 euro) e nella Repubblica Ceca (999 euro).

Questo piano di privatizzazioni interessa molto l’Italia, dal momento che il nostro paese è il primo investitore in Serbia con il 15,2% della quota sullo stock degli investimenti diretti esteri a Belgrado, e il terzo fornitore dopo la Germania e la Russia.
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