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Brexit

Occhi puntati sui dazi Usa-Cina, ma chi rischia di più è l’Ue

Nella guerra dei dazi a rimetterci adesso è la Cina, ma secondo l’ex ministro del Tesoro Grilli, che non vede all'orizzonte una recessione Usa, il punto interrogativo più grande nello scacchiere economico globale riguarda la crescita dell’Ue

di Giancarlo Salemi 31 Maggio 2019 07:00

La sorpresa numero uno è che gli Stati Uniti sono in ottima salute. Nessuna recessione all’orizzonte almeno fino alle presidenziali del prossimo anno. La guerra dei dazi? Ad oggi fa più male a Pechino che a Washington. Ma il vero assente nello scacchiere economico è l’Europa che rischia grosso soprattutto con la Brexit che potrebbe spazzare via un polo finanziario che si riconosceva nella city londinese. Vittorio Grilli, già ministro del Tesoro con il governo tecnico di Mario Monti, oggi chairman di Jp Morgan Italia e chairman del Corporate and Investment Banking per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa (EMEA) ha raccontato alla platea di Altagamma, presso la Sala Regina di Montecitorio, gli scenari economici e finanziari che ci aspettano nei prossimi mesi.

STATI UNITI IN OTTIMA SALUTE, CINA NON PIÙ EMERGENTE MA IN DIFFICOLTÀ


“Non ci sarà il tanto atteso rallentamento degli Stati Uniti perché l’economia statunitense è in ottima salute – ha detto - In parte per la riforma fiscale introdotta dal presidente Donald Trump ma anche per i cambiamenti di politica introdotti dalla Federal Reserve, che ha modificato sostanzialmente le previsioni sui tassi d’interesse. Gli Usa sono ancora in ottima salute, se ci sarà una crisi questa ci sarà almeno tra un anno e mezzo, dopo le elezioni presidenziali”. Se Gli Stati Uniti vanno a gonfie vele però è la Cina che “non è più un’economia emergente” ad avere maggiore difficoltà. “La sua economia cresce – ha spiegato Grilli - anche se è passata dai ritmi del 10% visti negli anni scorsi a quelli attuali del 6% e nasconde delle grandi debolezze che hanno a che fare soprattutto con il settore finanziario e delle grandi aziende pubbliche di Pechino”.

ANELLO DEBOLE PAESI EMERGENTI, L’EUROPA FERMA IN ATTESA DELLA BREXIT


Ma per il chairman di Jp Morgan Italia chi, nella competizione mondiale sta soffrendo, sono soprattutto i paesi emergenti. “Sono in difficoltà – ha detto – per una combinazione di due variabili: quella di un dollaro forte e, soprattutto, per i rischi che possono arrivare dal commercio internazionale in rallentamento”. Ma chi non cresce in base alle sue enormi potenzialità è certamente l’Europa dove pesa “la pericolosità di una Brexit scritta male”. “Se venisse a mancare il settore finanziario della Gran Bretagna sarebbe un rischio molto grande per i mercati – ha spiegato Grilli – c’è una grande confusione, hanno un problema gigantesco che non sono riusciti a risolvere in tre anni e la paura adesso è che non si riesca a trovare un accordo ragionevole: tutto questo sarebbe dannoso per tutti e anche per l’Italia”.

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NELLA GUERRA DEI DAZI SERVE UN ACCORDO MA NON SARÀ A BREVE


Il vero rischio numero uno resta per l’economia mondiale e finanziaria la guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina. “Effettivamente i mercati sono rimasti un po’ sorpresi – ha spiegato Grilli - perché la speranza di tutti era che si sarebbe raggiunto un accordo nel breve termine ma invece la situazione dovrebbe perdurare. Se guardiamo già oggi gli impatti di questa guerra commerciale sono molto più acuti in Cina che negli Stati Uniti, la differenza di resistenza ci dice, in base ai nostri calcoli, che per la Cina varrà quasi più di un punto percentuale del Pil mentre per gli Stati Uniti siamo nell’ordine di qualche decimale, massimo lo 0,3%”. Se ne uscirà? “Tra qualche mese si entrerà in una campagna presidenziale americana e questo conflitto tra le due superpotenze porterà gli Stati Uniti a non raggiungere un accordo nell’immediato – ha fatto notare Grilli - Una risoluzione non è imminente e poi il conflitto va al di là della questione dei dazi. C’è tutto il tema delle tecnologie e della supremazia che la Cina si è data da qui al 2030 di diventare il primo paese al mondo per le competenze nell’intelligenza artificiale e questo viene visto come un pericolo, dall’amministrazione americana, di supremazia secolare che va contrastata”.

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EUROPA PUNTI SUI SERVIZI E SULLA CRESCITA SE VUOL CONTARE QUALCOSA


Insomma dietro le quinte Pechino e Washington stanno lavorando per chi sarà il vero player mondiale dell’economia. “Stati Uniti e Cina hanno entrambi un grande livello di debito pubblico – ha ricordato ancora Grilli - però questo per loro non è un problema quotidiano perché hanno grande crescita. Il vero anello debole resta l’Europa, che dovrebbe puntare sulla crescita e sui settori dei servizi per uscire dall’angolo”. “Se guardiamo in termini di capitalizzazione alle più grandi imprese globali – ha raccontato Grilli - vediamo come negli anni Settanta le prime 30 aziende erano americane e il resto erano europee, sia nei comparti del manifatturiero che in quello petrolifero. Se veniamo ad oggi registriamo un cambiamento importante: la maggior parte delle aziende top al mondo sono statunitensi, più del 70%, però sono sparite quelle europee: quelle che abbiamo sono svizzere e attive nel settore farmaceutico. L’altra anomalia è che le aziende petrolifere sono quasi sparite, si sono trasformate tutte in società di servizi. Un buco che l’Europa deve colmare, sfruttando proprio il suo grande capitale umano per costruire un’economia di scala ed essere competitiva nel contesto globale”.
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