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Attese & Mercati – Settimana dal 23 marzo 2020

L’incertezza non è fatta solo di virus, anche petrolio e dollaro sono fattori da tenere d’occhio. Per ora la situazione è sotto controllo grazie al concerto delle banche centrali. Dati macro negativi in arrivo, ma il mercato li ha già prezzati e digeriti

di Virgilio Chelli 23 Marzo 2020 09:18

OCCHIO AL PETROLIO AI MINIMI E ALL’IMPATTO POTENZIALE SUL DOLLARO


Il virus occupa tutti gli spazi di informazione anche perché impatta la vita quotidiana di ciascuno e non solo l’investitore, e ha spedito sullo sfondo l’altro grande tema economico e finanziario di questi giorni, vale a dire il calo-petrolio. Giovedì il WTI ha toccato i 20 dollari al barile, un prezzo che non si vedeva da febbraio del 2002, quando l’impatto dell’11 settembre aveva messo a terra gli aerei di tutto il mondo e spedito il barile ai minimi da una ventina d’anni. La raffica di tagli della Fed ha impedito che al crollo del petrolio, scatenato dalla guerra dei prezzi dichiarata dai sauditi, corrispondesse un’impennata del dollaro, che di solito si muove in direzione opposta proprio perché il greggio si scambia in verdi bigliettoni. Le implicazioni sono importanti e molteplici. Facciamo ad esempio il caso di un ritorno alla normalità sul fronte virus, che potrebbe stabilizzare la politica monetaria americana. Se il petrolio restasse a questi livelli un rafforzamento sensibile del dollaro potrebbe ripercuotersi sul debito dei Paesi emergenti. Il calo petrolio non è la stessa cosa per tutti i produttori, per i sauditi il barile a 20 dollari vuol dire un margine ancora del 100% sul costo di estrazione, per i produttori americani di shale vuol dire andare sotto del 30%. Occhio al barile.

LA FED PER ORA TIENE CALMIERATO IL BIGLIETTO VERDE INONDANDO IL MONDO DI LIQUIDITÀ


La volatilità estrema di questi giorni sui mercati ha drenato masse ingenti di liquidità, termine che declinato in termini globale vuol dire dollari. La Federal Reserve americana per ora ha tenuto botta e con una serie di accordi swap con le altre banche centrali, dal Canada alla Svizzera, dal Giappone alla Bank of England fino ovviamente alla Banca Centrale Europea, con una gigantesca iniezione di cash, ovviamente in dollari. Per ora la fame di biglietti verdi da parte del resto del globo sembra saziata, almeno questo dicono i prezzi sul Forex, che vedono il dollaro sotto il livello di 110 yen e a distanza di sicurezza dal livello chiave della parità con l’euro. La volatilità resta relativamente elevata sul mercato dei cambi, ben sopra il livello del 4% sotto il quale viaggiava ancora a inizio marzo. Anche sul mercato del forex insomma l’azione delle autorità monetarie sembra più coordinata e concertata rispetto alle due crisi del 2008-2009 e del 2010-12 causate rispettivamente dalla bolla dei mutui americani e dalla quasi-implosione del mercato del debito sovrano europeo.

IN ARRIVO RAFFICA DI DATI MARCO IN USA E EUROPA, MA I MERCATI LI HANNO GIÀ PREZZATI IN NEGATIVO


Fino a poche settimane fa i mercati li avrebbero attesi con ansia, perché di solito sono un termometro quasi in tempo reale dello stato di salute delle economie intorno al mondo. Ma questa settimana si può scommettere che l’impatto sul mercato sarà scarso. Parliamo della lettura ‘flash’ degli indici PMI, basati su interviste ai direttori acquisti delle corporation, che escono in Usa e in Europa. Sarà una lettura sicuramente ‘brutta’ e largamente anticipata dalle stime di grandi banche e case d’investimento: Deutsche Bank stima una contrazione dell’economia tedesca tra il 4%-5% nel 2020, JPMorgan prevede una recessione nella prima metà dell’anno per i mercati emergenti Cina esclusa, mentre BofA vede la crescita del PIL globale fermarsi a zero per quest’anno. Nel bicchiere mezzo pieno possiamo mettere due componenti: il fatto che i mercati tutta questa negatività l’hanno già prezzata abbondantemente, e che le previsioni di cui sopra non incorporano ancora l’azione aggressiva di allentamento e stimolo fiscale che governi e banche centrali stanno mettendo in atto in queste ore.

 
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