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Attese & Mercati – Settimana dal 18 novembre 2019

Lo strappo di Wall Street e lo sfondamento di 28.000 del Dow Jones segnalano l’arrivo di Santa Klaus? I PMI manifatturieri globali potrebbero confermare che il fondo è stato toccato. Perché i cinque assiomi del passato su economie e mercati non valgono più

di Redazione 18 Novembre 2019 12:18
financialounge -

È CORSA A SALIRE IN GROPPA AL TORO MENO AMATO DELLA STORIA


Il WSJ sceglie l’aggettivo furious, furioso, per descrivere lo strappo che venerdì ha portato nei minuti finali il Dow Jones a sfondare per la prima volta nella storia quota 28.000 punti. Ora i titoli dei giornali anche in Italia parlano di rally di fine anno per Wall Street e le azioni globali. Su Financialounge.com abbiamo cominciato a ipotizzarlo a fine settembre avvertendo già da agosto che non era in arrivo nessuna recessione negli Usa, nonostante l’inversione della curva dei tassi e gli indici dell’attività manifatturiera che puntavano a Sud. Sempre venerdì i dati sulle vendite al dettaglio si sono aggiunti alla lunga serie di indicatori che segnalano un’economia americana in salute. Il record del Dow si aggiunge a quello dello S&P 500, diventato non solo il più lungo mercato Toro della storia, ma anche il più consistente, secondo i calcoli pubblicati su Seekingalpha. E’ stato anche il Toro meno amato, la cui corsa è stata accompagnata da previsioni di catastrofi, soprattutto dal 2015 in poi. Il furious del WSJ ricorda l’irrazionale esuberanza denunciata da Alan Greenspan ai tempi della bolla degli anni 90. Stiamo entrando nella fase finale e pericolosa in cui si corre a comprare per non perdere il treno? Non così di corsa. Il vecchio stregone della Fed lanciò il suo allarme nel 1996, quando Wall Street aveva ancora quattro anni da correre per arrivare al capolinea.


IN ARRIVO IL DATO PMI, TUTTI LO GUARDANO PERCHE' VA DI MODA LA RECESSIONE


Venerdì arrivano i ‘magic number’, vale a dire gli indici PMI delle principali economie del globo che misurano lo stato di salute dell’industria manifatturiera: sotto 50 contrazione e sopra espansione. Esistevano negli USA già negli anni 90 ma sono diventati popolari soprattutto negli ultimi mesi, da quando si parla di economia planetaria che potrebbe essere spinta in recessione dalla guerra dei dazi. Nelle economie sviluppate la manifattura rappresenta ormai solo poco più del 10% del PIL, ma siccome la parola recessione fa titolo i PMI finiscono regolarmente in prima pagina. L’area più debole è l’Europa, ma non è in recessione, la Germania l’ha schivata nel terzo trimestre, ma i PMI viaggiano ben sotto quota 50. Il vice president della BCE Luis de Guindos giocedì scorso ha definite “molto basse” le possibilità di una recessione in Europa. Il dato in uscita venerdì è quello FLASH, il preliminare che poi va confermato. A ottobre c’è stata una stabilizzazione, come si vede nel grafico qui sotto.

[caption id="attachment_147892" align="alignnone" width="482"]Indici Pmi manifatturieri globali (Fonte: Refinity Datastream) Indici Pmi manifatturieri globali (Fonte: Refinity Datastream)[/caption]

QUELLE CINQUE COSE UNA VOLTA IMPENSABILI CHE SONO DIVENTATE FATTI


Fine anno si avvicina ed è tempo per gli investitori di fare un po’ di fine-tuning al portafoglio. Mohamed El-Erian, chief economic adviser di Allianz e professore a Cambridge, raccomanda sul FT di farlo tenendo conto di cinque fattori, una volta considerati semplicemente impensabili, che ora invece sono diventati fatti di cui non si può non tenere conto. Il primo assioma da abbandonare è l’idea che la globalizzazione fa crescere i mercati e produce efficienze crescenti. Siamo entrati in de-globalizzazione. Secondo assioma smentito dai fatti è la convinzione che le economie emergenti continuino a convergere verso quelle sviluppate. Terzo teorema che non vale più: la robusta liquidità iniettata dalle banche centrali è l’ancora del buon funzionamento dei mercati. Al quarto e quinto posto ci sono gli assiomi secondo cui la politica e la governance dei mercati sviluppati sia un limite al downside dell’economia globale e che gli stessi fattori siano di supporto all’economia di mercato e allo stato di diritto. El-Erian non fa di professione il previsore di catastrofi, è stimato e apprezzato per il suo equilibrio e si sforza sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno. Il suo è semplicemente l’avvertimento di non cullarsi sulle certezze del passato e prepararsi a un mondo meno prevedibile, non per questo più povero di opportunità.
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