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Attese & Mercati – Settimana dal 13 gennaio 2020

Prova di forza di Wall Street contro le tensioni Usa-Iran, dati macro incoraggianti (ma non troppo) a livello globale e il falso allarme sui titoli di Stato italiani: gli eventi da seguire

di Redazione 13 Gennaio 2020 09:50

DOPO IL BLITZ AMERICANO I MERCATI DOVEVANO CROLLARE, MA QUALCUNO SI È SCORDATO DI AVVISARLI


Il mitologico Savvy Investor nella sua Fear and Greed column su Seeking Alpha si diverte a sfottere i guru che avevano predetto catastrofi dopo il blitz Usa a Bagdad e titola: “Qualcuno si è scordato di dire ai mercati che dovevano crollare”. Infatti al ritorno dalle vacanze natalizie investitori e operatori di mercato si sono trovati investiti da una raffica di news terrorizzanti che descrivevano un mondo all’improvviso sull’orlo di una guerra apocalittica in Medio Oriente e magari in tutto il pianeta. Le vendite ci sono state, con epicentro Asia, attenuazione in Europa e blande in USA. A fine settimana il bilancio per lo S&P 500 è positivo di 11 punti con il Nasdaq che è riuscito a mettere a segno un altro record storico. E nonostante il clima ancora semi-festivo il rally è stato ampio, con anche l’indice rialzi-ribassi del NYSE a un nuovo massimo storico. “Condoglianze ai ribassisti”, ironizza il Savvy Investor. Il fatto è che l’Iran è già in ginocchio economicamente, non solo per le sanzioni ma anche per il fiume di denaro che Teheran spende per finanziare i gruppi estremisti un po’ dappertutto, dal Libano all’Iraq, e non sarebbe in grado di reggere una guerra combattuta sul campo. Questo non vuol dire che le sirene d’allarme smettano di suonare sui media. Come Ulisse tra Scilla e Cariddi bisogna turarsi le orecchie per non sentire il richiamo mortale delle sirene e tirare avanti.

INTANTO LA NAVE DELL’ECONOMIA GLOBALE VA, ANCHE SE A VELOCITÀ RIDOTTA


Una rapida panoramica degli ultimi dati disponibili. La World Bank stima che la crescita globale recuperi a un passo del 2,5% nel 2020 dopo aver sofferto nel 2019 l’espansione più fiacca dalla Grande Crisi. L’indice J.P. Morgan Global Composite Output, che misura l’andamento sia dell’industria che dei servizi, a dicembre è aumentato a 51,7, il massimo da 8 mesi, dal 51,4 di novembre. In USA il PMI dei servizi è salito anch’esso a dicembre a 52,8 da 51,6, mentre nell’Eurozona l’indicatore equivalente continua a segnalare debolezza, poco sopra il crinale di 50, a 50,9 da 50,6. In Cina il Caixin Composite PMI ha messo a segno un altro forte recupero a 52,1 anche se sotto il picco di 21 mesi di 53,2 di novembre. Nel resto del mondo, in Giappone l’attività manifatturiera è rimasta in territorio contrazione, in India il PMI dei servizi è migliorato a dicembre a 53,3 da 52,7, mentre il Messico ha messo a segno il numero più forte da 9 mesi nella produzione industriale. Insomma, sembra che il peggio sia passato, anche se non dappertutto. Gli effetti dell’allentamento monetario globale hanno bisogno di tempo per dispiegarsi.

ATTENTI AI TITOLI ESAGERATI COME NEL CASO DELL’ITALIA. LE ANALISI VANNO LETTE FINO IN FONDO


Bloomberg se ne esce con una opinion column dal titolo ‘$40 miliardi di ragioni per evitare l’Italia’. Qualche giornale italiano gli va dietro con titoloni tipo ‘allarme di Bloomberg, Italia a rischio, non investite’. Poi magari si va a leggere quello che c’è sotto, e già il sommario dell’analisi di Marcus Ashworth, pluridecennale esperienza sul mercato da qualche tempo prestato come commentatore al giornalismo, ma evidentemente non come titolista, dice qualcosa di diverso: la recente debole performance del debito italiano si spiega con la fragilità della politica e con l’attesa di pesanti emissioni in arrivo nel 2020. Ma gli investitori in cerca di rendimento non resteranno lontani per sempre. Poi parte una lunga analisi sulle aste di BTP in programma nella prima parte di quest’anno che scoraggiano l’investitore a prendere posizione, per arrivare alla conclusione che vale la pena di leggere: tutti i fattori negativi sono già stati prezzati e alla fine le emissioni nette nel 2020 saranno solo 50 mld, di cui la metà andrà a finire in pancia alla Bce. Ci sono ragioni di speranza, e l’investitore straniero probabilmente tornerà ‘with gusto’ se la temperatura politica non si scalda troppo. Quello italiano è il mercato dei bond meno caro in Europa e sarà difficile per l’investitore starne lontano troppo a lungo. Qui si ferma Ashworth, noi aggiungiamo che anche sui giornali italiani le riprese dei testi sono corrette e fedeli. Va bene che i titoli che la sparano grossa, come nel caso USA-Iran, fanno tanti click, ma se si esagera rischiano forse di finire in un grande flop.
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