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Attese & Mercati – Settimana dall'11 maggio 2020

In attesa di indicazioni dal capo della Fed Powell sulla ripresa in arrivo. In Europa si continua a traccheggiare mentre Trump vuole mettere altri soldi sul tavolo con il taglio delle tasse sul lavoro e sui capital gain. Torna l’allarme sulle valute emergenti

di Virgilio Chelli 11 Maggio 2020 09:20
financialounge -

BANCHE CENTRALI SOTTO I RIFLETTORI, PREVISIONI DALLA FED, BCE SOTTO IL FUOCO TEDESCO


Banche centrali probabili protagoniste anche della seconda settimana di maggio. Nella mattina americana di mercoledì il capo della Fed Jay Powell tiene un importante discorso sulle prospettive dell’economia al Peterson Institute for International Economics via webcast. Ogni parola sarà pesata per capire se la "V" di Wall Street anticipa quella di Main Street e di quanto tempo. Anche in Europa ci sono da aspettarsi code al tormentone aperto dalla Corte Costituzionale tedesca con la sentenza che mette in dubbio la legittimità del Quantitative Easing della BCE e chiede alla Bundesbank, che della BCE fa parte, di dissociarsi. Finora la risposta di Christine Lagarde è sembrata abbastanza debole e confusa, ma gli acquisti, soprattutto di BTP, vanno avanti come prima. Fortunatamente l’agenzia americana Moody’s venerdì notte si è astenuta sull’Italia, lasciando il rating invariato al livello più basso dell’Investment Grade e l’outlook neutrale. Se lo avesse abbassato a Junk avrebbe dato ai tedeschi un nuovo appiglio per contestare gli acquisti di debito italiano. In ogni caso, tra le misure varate in America per garantire una ripartenza robusta dell’economia e quanto messo finora sul tavolo in Europa c’è un abisso. Il nuovo MES approvato nella notte di venerdì dall’Eurogruppo resta limitato all’emergenza sanitaria sembra ancora ‘troppo poco e troppo tardi’.

A TRUMP 3.000 MILIARDI NON BASTANO, VUOL METTERE ALTRI SOLDI SUL PIATTO


In America invece a Donald Trump i 3.000 miliardi di dollari messi finora sul piatto per contrastare l’impatto della pandemia sull’economia non bastano. E venerdì notte ha buttato lì un paio di idee che vuole portare avanti. La prima è un alleggerimento del peso fiscale sul lavoro, fatto di tasse che pagano le imprese per finanziare il welfare sociale e sanitario, ma che si traducono in un netto più magro in busta paga. In pratica il cuneo fiscale, di cui tra l’altro da noi non si parla più. Il ragionamento è semplice, meno tasse sul lavoro possono invogliare le imprese ad assumere e anche a offrire salari più alti a saldi finali invariati. L’altra idea è ridurre la tassa sui capital gain, non ha detto di quanto, che in America oggi viaggia al 23,8% sia per le plusvalenze azionarie che per quelle immobiliari, per incoraggiare gli investimenti. Sicuramente sarebbe un ottimo momento per farlo, perché a Wall Street già domina l’ottimismo, e una mossa del genere darebbe una spinta ulteriore a un cavallo che sta già correndo.

VALUTE EMERGENTI DI NUOVO SOTTO TIRO


Ci risiamo? Come due anni fa la lira turca è andata in caduta libera con il governo Erdogan che come allora accusa potenze e banche straniere di attacchi speculativi. Quando c’è turbolenza sui mercati, come da febbraio a causa dell’esplosione della pandemia, a farne le spese sono spesso le valute dei paesi emergenti con fondamentali di bilancio meno solidi e troppo tolleranti con l’inflazione, per cui gli investitori chiedono un premio di rischio più alto sul debito che se non viene corrisposto causa una caduta della valuta. Come due anni fa, invece di alzare i tassi la Turchia ha dato fondo alle riserve, bruciandone circa un quarto. Due anni fa la lira turca si mosse in tandem con il peso argentino, ora invece il contagio potrebbe attaccare Sud Africa, Messico, Russia e Brasile, forse l’anello più debole, con il real finito a 5,8 contro dollaro dopo un forte taglio dei tassi della banca centrale. Ma anche rand sudafricano e peso messicano non se la passano bene, da inizio anno il primo ha perso il 26% contro dollaro e il secondo il 22%. Per l’investitore capace di sopportare il rischio comprare il debito in valuta locale di questi paesi può anche essere un’opportunità doppia: portare a casa un rendimento introvabile altrove e magari anche un guadagno in capitale se le monete si rivalutano.
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