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Idee di investimento – Obbligazioni – 16 gennaio 2017

16 Gennaio 2017 09:29
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“Vi sono due aree in cui la reazione iniziale del mercato alla presidenza Trump potrebbe essere stata eccessivamente pessimista” sostengono nell’articolo “Mercati, ecco dove la reazione è stata eccessivamente pessimista” i professionisti di Western Asset (affiliata del gruppo Legg Mason): i mercati emergenti e i Treasury USA a lunga scadenza, che hanno subito un marcato sell-off (vendita sul mercato senza limitazioni di prezzo e di quantità). “Di norma, un’accelerazione della crescita mondiale ha un impatto positivo sui mercati emergenti. È vero che politiche commerciali più restrittive possono limitare la crescita ma è altrettanto vero che gli Stati Uniti dipendono in modo significativo dall’importazione di materie prime e beni di consumo. Ecco perché risulta piuttosto probabile che un mix tra accelerazione della crescita USA, compensata da un aumento dei dazi, possa finire per avvantaggiare le economie emergenti” spiegano gli esperti di Western Asset. Per quanto riguarda i Treasury USA a lunga scadenza, sebbene le prospettive di crescita a breve termine siano migliorate, le problematiche strutturali di medio termine restano presenti. “L’invecchiamento demografico, la minore crescita della produttività e l’eccesso di offerta nel mercato dei fattori produttivi conterranno le pressioni inflazionistiche e contribuiranno a limitare gli aumenti dei rendimenti” specificano gli esperti di Western Asset.

Anche per questo Edoardo Ugolini, Portfolio Manager di Zest Asset Management e gestore del fondo Zest Absolute Return Var 4, in ambito obbligazionario ha mantenuto la posizione short (ribassista) sui Treasury americani riducendone però una quota. “È nostra convinzione che le aspettative di inflazione saliranno anche per il protezionismo che verrà generato dall’amministrazione Trump. Così anche in Europa le politiche saranno più attente verso l’immigrazione (aumento del costo del lavoro) e verso la protezione delle piccole e medie aziende dalla competizione globale (deglobalizzazione). Questo genererà inflazione, che è positiva nel medio periodo, dando tempo ai debitori: i creditori soffriranno. Dopo molti anni positivi per i creditori adesso la situazione sembra cambiare” puntualizza nell’articolo “Mercato obbligazionario, ora forse i creditori soffriranno un po’ di più dei debitori” Edoardo Ugolini.

Infatti, i rendimenti delle obbligazioni USA sono saliti dalla vittoria di Trump ma potrebbero essere vicini al picco: il Treasury a 10 anni al 2,60% può essere interessante. Come argomentato nell’articolo “Rendimenti delle obbligazioni USA alla prova della maggiore crescita economica” il rendimento del Treasury USA a 10 anni potrebbe attestarsi tra il 2,2% e il 2,8%, a seconda della portata e dell’impatto delle misure che potranno essere adottate dall’amministrazione Trump a favore della crescita. Il suggerimento di alcuni esperti obbligazionari è quello di cominciare ad assumere esposizione sul mercato obbligazionario in dollari sfruttando il rialzo dei tassi: già ad un tasso di rendimento del 2,60% i Treasury decennali USA dovrebbero risultare convenienti.

Occorre tuttavia la massima attenzione perché se è vero che la Fed dovrebbe ritoccare al rialzo almeno due volte i tassi di interesse quest’anno, è altrettanto vero che potrebbe farlo di più se l’economia e l’inflazione continuassero a crescere. È questo l’avvertimento lanciato da Rick Rieder, Chief Investment Officer del reddito fisso globale e gestore del BGF Fixed Income Fund Global Opportunities di BlackRock nell’articolo “Cosa comporta un maggiore equilibrio tra politica monetaria e fiscale”. La Banca centrale americana, sebbene abbia espresso alcune incertezze circa l’impulso fiscale dei prossimi trimestri, ha registrato l’aumento della fiducia delle imprese e dei consumatori, che potrebbe tradursi in un maggiore budget di spesa delle imprese mentre i dati relativi ai consumatori acquistano vigore. “Tutto questo potrebbe influenzare la Fed verso la possibilità di una aumento dei tassi di interesse moderatamente più aggressivo che potrebbe provocare una certa tensione sui mercati” sostiene Rick Rieder.

Intanto, analizzando gli andamenti del 2016 nell’articolo “Le obbligazioni high yield e i titoli finanziari resteranno interessanti” gli esperti di Amundi hanno rilevato, tra i prodotti a spread della zona Euro, un’inversione di tendenza per quanto riguarda il confronto tra le obbligazioni societarie e dei titoli di Stato dei paesi periferici: per la prima volta da anni, le obbligazioni societarie, sia quelle investment grade che le high yield, hanno registrato performance superiori a quelle dei titoli di Stato dei Paesi periferici. In ognuno dei tre anni precedenti (dal 2013 al 2015), i governativi dei paesi periferici avevano invece saputo fare meglio rispetto alle obbligazioni societarie, sia investment grade che high yield. Ma c’è di più. Dopo che la BCE ha incluso le obbligazioni societarie nel programma di acquisti mensili sul mercato, la volatilità dei bond aziendali è risultata inferiore a quella della maggior parte degli indici europei sui titoli di Stato. Per tutte queste ragioni, per gli esperti di Amundi, le obbligazioni di carattere speculativo e i titoli finanziari continueranno a essere tra i segmenti più attraenti del credito anche nel 2017.

Per quanto riguarda infine le obbligazioni dei paesi emergenti, il consiglio è di stare attenti alle emissioni in renminbi e verificare le potenziali opportunità in Brasile. Nell’articolo “Obbligazionario Cina, nel 2017 meglio mantenere la guardia alta” Luke Spajic, Responsabile per i mercati emergenti di PIMCO in Asia, raccomanda di tenere sotto controllo l’esposizione in obbligazioni dal momento che la volatilità di quel mercato resterà piuttosto elevata mentre il renminbi potrebbe svalutarsi di un altro 5% rispetto al dollaro entro fine 2017.

Craig Botham, Emerging Market Economist di Schroders, nell’articolo “Brasile, i tassi d’interesse potrebbero scendere quest’anno sotto il 10%”, fa invece sapere perché ritiene probabile che i tassi d’interesse del paese sudamericano, appena scesi dal 13,75% al 13%, potrebbero scendere di un altro 3% grazie alle minori tensioni inflattive a alla necessità di alimentare la crescita del Brasile i cui dati macro-economici segnalano una lunga convalescenza.
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