Risiko bancario

Banco Bpm, la trepida attesa di un matrimonio non ancora combinato

Dopo le ultime indiscrezioni del governo, le mosse di Mps e le dichiarazioni di Crédit Agricole, si delinea uno scenario di ulteriore consolidamento del comparto bancario, con il coinvolgimento di Banco Bpm

di Paolo Gila 19 Novembre 2025 08:35

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I giochi sulla scacchiera non sono finiti. L’operazione di acquisizione di Mediobanca da parte di Mps potrebbe essere solo una tappa nella strategia di sviluppo della banca senese. Le indiscrezioni filtrate attraverso Reuters secondo cui il governo Meloni avrebbe disposto di mantenere la quota del Tesoro in Mps al 4,99% fino al termine dell’integrazione con la banca d’affari milanese per poi valutare eventuali altri appoggi, inducono a pensare. Perché tra i corridoi dei Palazzi del potere gira voce che l’esecutivo sarebbe disposto a ridurre la quota se si favorisse un’ulteriore aggregazione, che potrebbe vedere Banco Bpm come oggetto finale del desiderio. I rumors si infittiscono e le intenzioni dei protagonisti, per quanto mascherate da frasi di circostanza, sono segnali. Segnali importanti. Dopo l’affare Mps-Mediobanca cosa si prepara all’orizzonte?

I GIOCHI SONO ANCORA APERTI


Nel primo trimestre del prossimo anno, il 2026, sarà presentato il nuovo Paino Industriale da parte di Luigi Lovaglio che guida Mps. In più occasioni il banchiere - che prima di approdare a Siena ha avuto lunghi trascorsi in Unicredit e che ha guidato diverse banche del gruppo nell’est europeo (Polonia e Bulgaria) - non ha fatto mistero che intende perseguire una crescita per arrivare a capitalizzare almeno 50 miliardi di euro e competere sui livelli più alti del settore in Italia. E anche recentemente, il numero 1 di Mps non ha fatto mistero della sua visione, dichiarando alla stampa che “il consolidamento bancario proseguirà” nel corso dei prossimi anni. E così, mentre gli azionisti di riferimento di Mps tengono d’occhio Generali, dal momento che Mediobanca ne possiede il 13%, Lovaglio senza dubbio tiene d’occhio Banco Bpm.

SCENARI POSSIBILI


Vediamo allora di ricomporre i temi, unire i punti e tracciare un quadro sommario dell’attuale situazione, alla luce dei fatti come delle indiscrezioni che appaiono utili a condirne la presentazione. Il numero 1 di Unicredit, Andrea Orcel, che aveva lanciato l’attacco per inglobare Banco Bpm, evidentemente aveva compreso le mosse del suo avversario decidendo di giocare d’anticipo. Ed è stato proprio il governo a intervenire con l’esercizio della Golden Power, che di fatto ha messo il bastone fra le ruote impedendo a piazzetta Gae Aulenti di procedere all’acquisizione. Una decisione, quella del governo, che ha avuto ripercussioni sul piano legale con il ricorso di Unicredit. Ma tanto è bastato al governo per dissuadere, rallentare, fino a stremare l’interlocutore che, alla fine, ha gettato la spugna. Orcel nell’estate, infatti, ritirò l’offerta e Banco BPM torno ad essere l’ambita sposa. Desiderata da chi?

GIOCHI E DESTINI INCROCIATI


Non c’è mistero, neanche qui. Giuseppe Castagna, l’amministratore delegato di Piazza Meda, da tempo strizza l’occhiolino ai francesi di Crédit Agricole che, tra l’altro, con il 20% delle quote, sono gli azionisti di maggioranza proprio in Banco Bpm. E a stretto giro di posta, appena il governo Meloni ha lasciato intendere – secondo Reuters – che si mantiene disponibile a vedere una progressione degli sviluppi di Mps, il gruppo francese ha giocato la sua mossa. Che sia di anticipo rispetto al governo o di accompagnamento alle più recondite e ben celate intenzioni di Castagna, lo sapremo nei prossimi giorni. L’amministratore delegato di Credit Agricole, Olivier Gavalda, ha infatti dichiarato che “vedrebbe positivamente un piano di fusione con Banco Bpm”, se questo glielo proponesse. Dal canto suo Castagna si è reso prezioso. Perché per lui, diplomaticamente, “Mps e Credit Agricole sono due opzioni valide”. Banco Bpm detiene il 3,7% di Mps, come a dire che i destini si incrociano sulle partecipazioni incrociate.

UNA FASE DI POSIZIONAMENTO


Per quanto complesso, il gioco affascina. Un misto di Risiko e di Monopoli, dove le carte degli imprevisti e delle opportunità si alternano con colpi di scena che mantengono alta l’attenzione. Intanto i grandi investitori istituzionali, come BlackRock, Vanguard, State Street e Fidelity restano posizionati in varia misura nell’azionariato di tutti i gruppi che partecipano al grande ballo. Nessuno è debuttante. Ogni partecipante conosce le regole e cerca di comprendere le mosse dei contendenti. In questo quadro appare evidente che l’intenzione del governo muove perché Lovaglio abbia la strada spianata verso l’evoluzione del suo piano, che probabilmente non si fermerà a Mediobanca. Allontanato dal radar Orcel con il suo gruppo Unicredit, per Banco Bpm si apre la strada degli ammiccamenti, delle occhiate furtive, della ricerca di migliori opportunità.

BANCO BPM, POSSIBILE SPOSA?


Piazza Meda, non così grande per ballare da sola e non così piccola per essere facile preda, appare sempre più destinata ad un matrimonio. I contendenti si riducono a due: Mps e Credit Agricole. Il veleggiare del primo è sostenuto dai soffi di Palazzo Chigi. Le avance del secondo hanno il sapore di influenze transalpine, di alleanze che si comprenderanno maggiormente nei prossimi mesi, grazie all’evoluzione dei rapporti politici ed economici con la Francia e con i suoi operatori. E anche qui c’è un segnale, per quanto possa contare. L’esecutivo italiano pare non veda di buon occhio la creazione di una joint-venture tra Generali e Natixis per dare vita a un colosso del risparmio gestito da 1.900 miliardi di euro. Roma vorrebbe che il risparmio degli italiani restasse in Italia. Un possibile asse tra Mps, Mediobanca, Generali e Banco Bpm andrebbe a costituire un macroaggregato di riferimento. Su questa visione Meloni e Lovaglio potrebbero muoversi con lo stesso passo. Lo capiremo dalle prossime mosse. Mercato permettendo.

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