Weekly Bulletin
Scoppierà la bolla dell’IA? I mille miliardi per Musk dicono di no
Non mancano gli avvertimenti sulla sostenibilità della corsa dei Big Tech e qualche frenata, anche brusca, può starci. Ma la fiducia votata al capo di Tesla guarda a un nuovo orizzonte
di Stefano Caratelli 10 Novembre 2025 08:17
Cosa hanno in comune le due news finanziarie globali che hanno fatto titolo la settimana passata? Mille miliardi di dollari, vale a dire la capitalizzazione bruciata cumulativamente dai Magnifici 7 a Wall Street, ma anche l’ammontare senza precedenti del pacchetto retributivo di Elon Musk approvato dagli azionisti di Tesla. La prima notizia è stata condita con nuovi allarmi sulla bolla dell’Intelligenza Artificiale che potrebbe prepararsi a esplodere replicando quella della dot.com di un quarto di secolo fa o dei mutui subprime, che nel 2008 portò alla crisi finanziaria globale e al crac di Lehman. Magari è l’ennesimo abbaglio delle Cassandre che quest’anno non ne hanno azzeccata una, e scambiano una contenuta correzione, tutto sommato anche salutare, per i primi scricchiolii di un devastante terremoto in arrivo.
I mille miliardi di Musk sono stati commentati invece soprattutto con molti punti interrogativi. Tutto sommato non sono molti di meno dei 1.350 miliardi che oggi capitalizza Tesla, il cui titolo continua, comunque, a viaggiare ben oltre i 400 dollari mentre 5 anni fa ne valeva a malapena una cinquantina. Nello stesso arco di tempo Nvidia ha fatto ancora meglio, ma il suo CEO Jensen Huang porta a casa solo una cinquantina di milioni l’anno e nessuno si sogna, a cominciare da lui stesso, di moltiplicarli per ventimila, anche se in azioni e spalmati su 10 anni, come nel caso di Musk, assumendo inoltre che Tesla raggiunga gli 8.500 miliardi di dollari di capitalizzazione, ben oltre sei volte quella attuale.
Tornando alla bolla, allarmi e avvertimenti anche autorevoli non mancano, dal governatore di Bank of England Bailey che avanza dubbi sulla sostenibilità della crescita degli utili dei Big Tech, al numero uno di Goldman, Solomon, secondo cui c’è la possibilità di un arretramento delle quotazioni del 10-20% nei prossimi due anni. Benzinga nota che a soffrire sono stati più gli ETF legati all’IA che i singoli titoli delle mega-cap, e sottolinea che comunque il supporto degli utili alla corsa dei Big Tech è decisamente più forte rispetto a fine anni 90 del secolo scorso. La minaccia della bolla pronta a esplodere può continuare ad aleggiare su Wall Street ma è improbabile una deflagrazione.
Da notare anche che valutazioni estreme non sono una prerogativa esclusiva dei Big Tech USA: la Reuters fa il caso di diversi mercati azionari emergenti che nel 2025 hanno fatto una corsa del 40% e oltre, come Nigeria, Sudafrica, e Colombia, o di almeno il 20% come Messico, Brasile e Shanghai. In questi casi a fare la differenza sono banche centrali in allentamento, a partire dalla Fed, e un dollaro stabilizzato su livelli contenuti, anche se non certo abbandonato dagli investitori globali come indicavano molte previsioni sbagliate di fuga dal biglietto verde. C’è chi come Jordi Visser di 22V Research, citato ancora da Benzinga, secondo cui l’avanzata dell’IA ha lo stesso benefico effetto sulla struttura della redditività aziendale dei tassi zero protagonisti degli anni 10 di questo secolo.
La conclusione del tormentone “bolla o non bolla” alla fine la offre il trattamento “trilionario” di Musk, votato al 75% dagli azionisti di Tesla, tra cui spiccano molti grandi nomi della finanza globale, da Vanguard a BlackRock, da JP Morgan a Goldman fino a State Street, solo per fare qualche nome. L’approvazione suona come un via libera alla trasformazione di Tesla da produttore di auto elettriche a campione dell’IA a 360 gradi, dall’automazione alla robotica, con un orizzonte che spazia oltre la nuova mobilità globale. Una forza in grado di trasformare un potenziale finora soprattutto “intellettuale” in applicazioni “fisiche” in tutti i settori produttivi.
Bottom line. Qualche frenata, anche brusca, della corsa dei Big Tech USA può starci nei prossimi mesi e può essere anche salutare. Le valutazioni possono essere sostenibili ma non possono salire all’infinito, e bisognerà accettare almeno un ridimensionamento dei ritorni dall’investimento. Ma si aprono spazi di crescita legati alla diffusione e allo sviluppo dell’IA a tutti i livelli, settoriali e regionali.
SCOMMESSA SUL VALORE DI MUSK
I mille miliardi di Musk sono stati commentati invece soprattutto con molti punti interrogativi. Tutto sommato non sono molti di meno dei 1.350 miliardi che oggi capitalizza Tesla, il cui titolo continua, comunque, a viaggiare ben oltre i 400 dollari mentre 5 anni fa ne valeva a malapena una cinquantina. Nello stesso arco di tempo Nvidia ha fatto ancora meglio, ma il suo CEO Jensen Huang porta a casa solo una cinquantina di milioni l’anno e nessuno si sogna, a cominciare da lui stesso, di moltiplicarli per ventimila, anche se in azioni e spalmati su 10 anni, come nel caso di Musk, assumendo inoltre che Tesla raggiunga gli 8.500 miliardi di dollari di capitalizzazione, ben oltre sei volte quella attuale.
LA MINACCIA DELLA BOLLA CONTINUERÀ AD ALEGGIARE
Tornando alla bolla, allarmi e avvertimenti anche autorevoli non mancano, dal governatore di Bank of England Bailey che avanza dubbi sulla sostenibilità della crescita degli utili dei Big Tech, al numero uno di Goldman, Solomon, secondo cui c’è la possibilità di un arretramento delle quotazioni del 10-20% nei prossimi due anni. Benzinga nota che a soffrire sono stati più gli ETF legati all’IA che i singoli titoli delle mega-cap, e sottolinea che comunque il supporto degli utili alla corsa dei Big Tech è decisamente più forte rispetto a fine anni 90 del secolo scorso. La minaccia della bolla pronta a esplodere può continuare ad aleggiare su Wall Street ma è improbabile una deflagrazione.
L’EFFETTO BENEFICO DELL’IA SULLA REDDITIVITÀ
Da notare anche che valutazioni estreme non sono una prerogativa esclusiva dei Big Tech USA: la Reuters fa il caso di diversi mercati azionari emergenti che nel 2025 hanno fatto una corsa del 40% e oltre, come Nigeria, Sudafrica, e Colombia, o di almeno il 20% come Messico, Brasile e Shanghai. In questi casi a fare la differenza sono banche centrali in allentamento, a partire dalla Fed, e un dollaro stabilizzato su livelli contenuti, anche se non certo abbandonato dagli investitori globali come indicavano molte previsioni sbagliate di fuga dal biglietto verde. C’è chi come Jordi Visser di 22V Research, citato ancora da Benzinga, secondo cui l’avanzata dell’IA ha lo stesso benefico effetto sulla struttura della redditività aziendale dei tassi zero protagonisti degli anni 10 di questo secolo.
DALLA POTENZA INTELLETTUALE ALLE APPLICAZIONI FISICHE
La conclusione del tormentone “bolla o non bolla” alla fine la offre il trattamento “trilionario” di Musk, votato al 75% dagli azionisti di Tesla, tra cui spiccano molti grandi nomi della finanza globale, da Vanguard a BlackRock, da JP Morgan a Goldman fino a State Street, solo per fare qualche nome. L’approvazione suona come un via libera alla trasformazione di Tesla da produttore di auto elettriche a campione dell’IA a 360 gradi, dall’automazione alla robotica, con un orizzonte che spazia oltre la nuova mobilità globale. Una forza in grado di trasformare un potenziale finora soprattutto “intellettuale” in applicazioni “fisiche” in tutti i settori produttivi.
Bottom line. Qualche frenata, anche brusca, della corsa dei Big Tech USA può starci nei prossimi mesi e può essere anche salutare. Le valutazioni possono essere sostenibili ma non possono salire all’infinito, e bisognerà accettare almeno un ridimensionamento dei ritorni dall’investimento. Ma si aprono spazi di crescita legati alla diffusione e allo sviluppo dell’IA a tutti i livelli, settoriali e regionali.
Trending