Sunday View

Pace in Medio Oriente: gli impegni economici del piano promosso da Trump

Il Presidente Usa ha presentato i “suoi” 20 punti per trovare un accordo in Palestina, con un continuo richiamo a una ricostituzione finanziaria che guardi al futuro

di Lorenzo Cleopazzo 5 Ottobre 2025 09:30

financialounge -  economia medio oriente sunday view
È stato ed è l’argomento delle ultime giornate: cosa sta facendo la Global Sumud Flotilla? Fin dove è arrivata? Come ha risposto Netanyahu? Tutte domande che si sono inseguite dal mattino fino alla sera, passando dai vari canali d’informazione, fino alla pausa caffè con colleghi e colleghe. È stato, ed è ancora un susseguirsi di «è giusto così» e «no, è giusto cosà»; di critiche ai manifestanti, plausi alle istituzioni e viceversa. È stato, ed è tuttora un momento in cui gli occhi del mondo sono puntati lì, in Medio Oriente, ed è difficile fare diversamente, indipendentemente dal proprio pensiero e dalle proprie posizioni. Negli ultimi giorni, da un incontro tra il capo del governo americano e quello israeliano, è emerso un piano che potrebbe smuovere la situazione a Gaza e non solo. Tra chi ne promuove l’attuazione, e chi ne critica i secondi fini, il risanamento e le opportunità economiche non possono che essere dei punti fondativi di questo programma, sia per il Medio Oriente, che per il mondo intero. Noi abbiamo provato a dare un’occhiata. Se volete, ci trovate poco più sotto, che cominciamo!

MAKING AMERICA GREAT AGAIN


Dire che gli Usa si siano sempre interessati alle vicende internazionali è quasi scontato. Anzi, “interessati” può apparire addirittura riduttivo. Diciamo piuttosto “attivamente interessati”, ecco. Sarà quel proverbiale spiccato senso di libertà e di indipendenza che li contraddistingue, oppure perché in fondo vogliono essere protagonisti nelle vicende del mondo, fatto sta che anche questa volta gli Usa (nella figura di Donald Trump) sono intervenuti nel tentativo di portare la pace in Medio Oriente. Non a caso il piano redatto dalla Casa Bianca si chiama proprio così (“Peace in the Middle East”) e si compone di ben venti punti fondativi. Tra la riconsegna degli ostaggi, la non belligeranza, e la de-radicalizzazione della Striscia, ci sono però anche diversi aspetti che mirano alla ricostituzione economica.

Proprio su questo aspetto, il piano americano prevede un disegno di sviluppo che metta in campo diversi esperti, elaborando proposte d’investimento che attraggano i fondi internazionali e portino opportunità al territorio. Inoltre, verrà definita un’area economica speciale, che includerà tutti quei Paesi interessati, e che potranno accedere a tariffe e condizioni preferenziali.

Il piano, dunque, è quello di un rilancio che permetta al Medio Oriente di costruire una nuova economia, ma che sembrerebbe portare anche alla realizzazione di una cosiddetta “Riviera Gaza”. Si parla spesso, infatti, di questo progetto per trasformare l’enclave in un’area metropolitana iper futuristica e tecnologica, con hotel di lusso, poli industriali e zone turistiche lungo la costa. E anche se un disegno così ardito è forse un unicum nella sua storia, non è la prima volta che gli Stati Uniti si scelgono un ruolo da protagonista.

COME IL PREZZEMOLO


Gli Stati Uniti hanno sempre avuto un’importanza centrale nel definire gli equilibri globali, specialmente nei conflitti principali del secolo scorso: alla fine della Prima Guerra Mondiale, il presidente Woodrow Wilson propose un piano di restauro fondato su 14 punti (ricorda qualcosa?), oltre a promuovere la nascita della Società delle Nazioni; nel secondo dopoguerra, invece, furono i protagonisti della nuova architettura internazionale (in primis grazie al Piano Marshall), permettendo all’Europa di gettare le basi per il boom economico degli anni ’50 e ’60, e al Giappone semi-occupato proprio dagli Usa di diventare la potenza tecnologica che è oggi.

PUNTI SALIENTI


Se un secolo fa Woodrow Wilson, nei suoi 14 punti, proponeva una riduzione degli armamenti e una regolazione delle rivendicazioni coloniali, oggi Donald Trump propone una smilitarizzazione completa e permanente di Gaza, che sarà supervisionata da delegati indipendenti. Se Wilson, però, aveva come obbiettivo il riequilibrio dell’Occidente, c’è chi dice che l’attuale inquilino della Casa Bianca punti piuttosto a costruire la sua “Riviera Gaza”. Ciò che viene riportato, però, è la presenza ripetuta nei 20 punti di Trump dell’impegno a rendere la Striscia un territorio economicamente fiorente e propositivo, portando anche l’interesse dei player internazionali.

BONUS TRACK


Tra dubbi, critiche e speranze, quanto brevemente descritto resta l’ennesimo banco di prova per il Mondo. Ogni Paese, ogni parte politica e persino ogni cittadino ha la propria percezione della situazione: tra chi critica qualcosa e chi critica qualcos’altro, tra chi spera in qualcosa e chi spera in qualcos’altro, l’unica certezza rimane la complessità della situazione a Gaza, che resta sempre al centro dell’attenzione internazionale.

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