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Wellington Management: essere pronti al cambio di rotta nel nuovo scenario macroeconomico
Esiste una possibilità concreta che i mercati escano bruscamente dall’attuale “zona grigia” e spingano i rendimenti dei titoli di Stato a livelli impensabili solo pochi anni fa, con conseguenze rilevanti per tutti gli asset rischiosi
di Leo Campagna 16 Settembre 2025 14:55

Dal punto di vista macroeconomico al momento si confrontano due versioni contrastanti. La prima, è quella che mostra un ciclo economico maturo ma ancora solido mentre la seconda richiederebbe ulteriori stimoli. “Quest’ultima narrativa, che domina attualmente i mercati e le politiche economiche, potrebbe proseguire ma più a lungo dura, più aumenta il rischio di un’inversione improvvisa, quando la realtà prenderà il sopravvento e i mercati inizieranno a mettere in discussione l’impatto degli stimoli attuali sulla sostenibilità del debito pubblico” tengono a far presente John Butler, Macro Strategist, e Marco Giordano, Investment Director di Wellington Management.
I quali non escludono affatto che i mercati possano uscire bruscamente dall’attuale “zona grigia” spingendo i rendimenti dei titoli di Stato a livelli impensabili solo pochi anni fa, con conseguenze rilevanti per tutti gli asset rischiosi. “E’ ancora possibile sfruttare l’ambiente favorevole per gli strumenti con rischio. Tuttavia, sarebbe prudente preparare i portafogli a scenari molto diversi, ottimizzando la diversificazione e costruendo la necessaria flessibilità per rispondere sia ai rischi che alle opportunità che ne deriveranno”, avvertono Butler e Giordano.
I due manager non sono infatti convinti che ci sia al momento bisogno né di tagli dei tassi di interesse e nemmeno di politiche fiscali espansive come quelle adottate da alcuni paesi. Una convinzione, la loro, basata almeno su quattro fattori: una forte crescita della spesa privata, un’inflazione ostinatamente elevata, l’occupazione su livelli storicamente sostenuti e la deglobalizazione. “Nei mercati sviluppati, la spesa nominale del settore privato cresce al ritmo più veloce degli ultimi 20 anni, al netto del picco anomalo dopo il lockdown per la pandemia di COVID. L’inflazione globale si attesta ai livelli più alti da 30 anni (fuori dal periodo COVID) e non accenna a diminuire” spiegano Butler e Giordano.
Secondo i quali affiora un limitato margine inutilizzato nell’economia globale alla luce dei tassi medi di disoccupazione nelle economie sviluppate vicini ai minimi storici. Inoltre, la deglobalizzazione caratterizza la nuova era economica imponendo più barriere commerciali, catene di fornitura frammentate e minori flussi migratori. “Questa inversione di tendenza rispetto alle forze che per decenni hanno tenuto bassa l’inflazione coincide con il rallentamento della produttività e l’impatto crescente dell’invecchiamento demografico” sottolineano Butler e Giordano.
In questo scenario sfidante molte aspettative sono riposte nella rapida ondata di investimenti nell’intelligenza artificiale (IA) e dalle nuove deregolamentazioni, che potrebbero aumentare la produttività e prolungare il ciclo. “L’IA può effettivamente migliorare la produttività in tempi brevi, ma non è escluso che parte dei capitali investiti sia allocata in modo inefficiente o che i benefici immediati vengano sopravvalutati. La deregolamentazione, invece, può eliminare ostacoli e propiziare la produttività ma comporta rischi di effetti indesiderati con potenziali impatti opposti. Nel frattempo, però, le forze contrarie - invecchiamento della popolazione, calo dei flussi migratori e deglobalizzazione - stanno accelerando” commentano i due manager di Wellington Management.
L’aspetto per certi versi contraddittorio notato da Butler e Giordano è che, pur in presenza politica fiscale e monetaria non eccessivamente restrittive, i tassi d’interesse stanno scendendo ovunque, mentre i governi stanno attuando il più ampio allentamento fiscale coordinato dal 2010. “Con tutti i grandi Stati che allentano le politiche in un contesto di mercati del lavoro ancora tesi, la crescita nominale (e l’inflazione) è destinata a restare elevata: un ambiente favorevole per gli asset rischiosi” riferiscono i due manager.
Butler e Giordano, tuttavia, avvertono anche dei rischi: “Una crescita trainata dall’inflazione comporta che, prima o poi, i mercati obbligazionari pretenderanno un premio più alto per finanziare le politiche dispendiose dei governi che non hanno permesso all’inflazione di erodere i loro debiti e continuano ad accumulare deficit. Una dinamica che potrebbe tradursi in ulteriori irripidimenti delle curve dei rendimenti”.
POSSIBILE USCITA BRUSCA DALL’ATTUALE ‘ZONA GRIGIA’
I quali non escludono affatto che i mercati possano uscire bruscamente dall’attuale “zona grigia” spingendo i rendimenti dei titoli di Stato a livelli impensabili solo pochi anni fa, con conseguenze rilevanti per tutti gli asset rischiosi. “E’ ancora possibile sfruttare l’ambiente favorevole per gli strumenti con rischio. Tuttavia, sarebbe prudente preparare i portafogli a scenari molto diversi, ottimizzando la diversificazione e costruendo la necessaria flessibilità per rispondere sia ai rischi che alle opportunità che ne deriveranno”, avvertono Butler e Giordano.
COSA NON CONVINCE WELLINGTON MANAGEMENT
I due manager non sono infatti convinti che ci sia al momento bisogno né di tagli dei tassi di interesse e nemmeno di politiche fiscali espansive come quelle adottate da alcuni paesi. Una convinzione, la loro, basata almeno su quattro fattori: una forte crescita della spesa privata, un’inflazione ostinatamente elevata, l’occupazione su livelli storicamente sostenuti e la deglobalizazione. “Nei mercati sviluppati, la spesa nominale del settore privato cresce al ritmo più veloce degli ultimi 20 anni, al netto del picco anomalo dopo il lockdown per la pandemia di COVID. L’inflazione globale si attesta ai livelli più alti da 30 anni (fuori dal periodo COVID) e non accenna a diminuire” spiegano Butler e Giordano.
LA NUOVA ERA ECONOMICA
Secondo i quali affiora un limitato margine inutilizzato nell’economia globale alla luce dei tassi medi di disoccupazione nelle economie sviluppate vicini ai minimi storici. Inoltre, la deglobalizzazione caratterizza la nuova era economica imponendo più barriere commerciali, catene di fornitura frammentate e minori flussi migratori. “Questa inversione di tendenza rispetto alle forze che per decenni hanno tenuto bassa l’inflazione coincide con il rallentamento della produttività e l’impatto crescente dell’invecchiamento demografico” sottolineano Butler e Giordano.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE E DEREGOLAMENTAZIONI
In questo scenario sfidante molte aspettative sono riposte nella rapida ondata di investimenti nell’intelligenza artificiale (IA) e dalle nuove deregolamentazioni, che potrebbero aumentare la produttività e prolungare il ciclo. “L’IA può effettivamente migliorare la produttività in tempi brevi, ma non è escluso che parte dei capitali investiti sia allocata in modo inefficiente o che i benefici immediati vengano sopravvalutati. La deregolamentazione, invece, può eliminare ostacoli e propiziare la produttività ma comporta rischi di effetti indesiderati con potenziali impatti opposti. Nel frattempo, però, le forze contrarie - invecchiamento della popolazione, calo dei flussi migratori e deglobalizzazione - stanno accelerando” commentano i due manager di Wellington Management.
UN AMBIENTE FAVOREVOLE AGLI ASSET RISCHIOSI
L’aspetto per certi versi contraddittorio notato da Butler e Giordano è che, pur in presenza politica fiscale e monetaria non eccessivamente restrittive, i tassi d’interesse stanno scendendo ovunque, mentre i governi stanno attuando il più ampio allentamento fiscale coordinato dal 2010. “Con tutti i grandi Stati che allentano le politiche in un contesto di mercati del lavoro ancora tesi, la crescita nominale (e l’inflazione) è destinata a restare elevata: un ambiente favorevole per gli asset rischiosi” riferiscono i due manager.
RISCHIO IRRIPIDIMENTO DELLE CURVE DEI TASSI
Butler e Giordano, tuttavia, avvertono anche dei rischi: “Una crescita trainata dall’inflazione comporta che, prima o poi, i mercati obbligazionari pretenderanno un premio più alto per finanziare le politiche dispendiose dei governi che non hanno permesso all’inflazione di erodere i loro debiti e continuano ad accumulare deficit. Una dinamica che potrebbe tradursi in ulteriori irripidimenti delle curve dei rendimenti”.
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