Sunday View
Estate 2025: gioie e dolori di un agosto col segno meno
È tempo di rientri ma anche di bilanci per i vacanzieri italiani: com’è andato il turismo quest’anno? Le premesse saranno state mantenute?
di Lorenzo Cleopazzo 7 Settembre 2025 09:30

La chiamano ‘memoria muscolare’, quella spinta forse inconscia che ci porta a ripetere i medesimi gesti con la precisione e i movimenti di sempre. Vale per chi va in bicicletta, per chi suona uno strumento, e vale anche per chi, dopo le ferie, è tornato al lavoro.
Il mattino del rientro è uguale a quelli di tutto l’anno, quando ripetiamo i gesti come in trance: sveglia puntata alla stessa ora di sempre, come se non l’avessimo mai spenta durante le vacanze; colazione veloce ma equilibrata, rimpiangendo – forse – cornetti e cappuccini; camicia e pantaloni, contro costume da bagno o scarpe da trekking; il tragitto del mattino che porta in ufficio, non alla spiaggia o all’inizio del sentiero. Eppure c’è un barlume di speranza in questo mesto, grigio, quadro settembrino: la pausa caffè coi colleghi. Quella che, già lo sappiamo, porterà con sé la domanda: "Come sono andate le ferie?". Allora noi, scrollando le spalle, abbozziamo un sorriso e ripensiamo a tutto quello che abbiamo vissuto: ai momenti in cui la scrivania sembrava ancora lontana, a quando la suoneria del telefono era sostituito dal rumore delle onde, gli Excel dalle parole crociate, e l’unico appuntamento in agenda era l’aperitivo alla golden hour. Ci ripensiamo, non possiamo fare altrimenti. Ci ripensiamo, sorridiamo, e scrolliamo le spalle rispondendo: "Sono andate".
Già, ma come sono andate?
Circa un mese fa, nell’ultimo Sunday View prima della pausa estiva, abbiamo parlato di quanti giorni di ferie sono previsti in Italia, dell’apporto del turismo sul Pil e sugli impatti dell’overtourism. Oggi, dopo 30 e più giorni, è arrivato il momento di fare il punto su come è andato questo mese, e il filo rosso che sembra collegare tutte le analisi è: “meno del 2024”.
I vacanzieri? 34 milioni, più della metà degli italiani, ma comunque meno rispetto al 2024. Le mete predilette? Ancora in testa le località italiane di mare, anche se la spiaggia attira meno rispetto all’anno scorso. Certo, il bilancio completo andrà fatto a fine stagione, ma il trend appare chiaro già a settembre. Si parla di un calo delle presenze fino a un massimo del 10%, specialmente sulle coste, figlio anche dei rincari che pare abbiano fatto rinunciare circa 11 milioni di italiani alle proprie vacanze. Secondo un’analisi realizzata da Izi – ente di ricerca con sede a Roma – pare che il ‘caro ombrelloni’, però, non sia stato la ragione principale di questo segno meno: a pesare nelle decisioni degli italiani sono stati gli aumenti soprattutto di alloggi e ristoranti. Non a caso, la stragrande maggioranza di chi ha preferito la vacanza all’estero lo ha fatto proprio per via dei costi dell’agosto italiano, per i quali anche chi ha scelto di rimanere in Italia ha voluto diversificare le proprie ferie spalmandole sempre più su giugno e settembre.
Oltre ai mesi, cambiano anche le preferenze degli italiani in fatto di vacanza: secondo i dati, il turismo outdoor ha registrato un forte aumento, segno di una maggiore propensione per le attività a contatto con la natura. Le città d’arte non sono più l’unica alternativa al dualismo “mare o montagna”, ma a queste si aggiungono anche i tour enogastronomici e quelli sportivi, con la bicicletta e il ‘cicloturismo’ in prima fila.
Quindi, possiamo davvero dire che l’estate italiana era meglio prima? Che il 2025 non è andato poi così bene?
In filosofia si parla di ‘pars destruens’ e di ‘pars costruens’, ovvero quei due momenti in cui un pensatore prima demolisce quanto dato per certo fino a quel momento, e poi da lì ricostruisce un pensiero libero dagli schemi precedenti. Lo ha fatto Cartesio dubitando di qualsiasi conoscenza data per certa, lo ha fatto Kant emancipandosi dai dogmi del razionalismo, così come anche Nietzsche rispetto alla morale tradizionale. Lo hanno fatto quasi tutti, tanto che sembra proprio un pattern distintivo della storia del pensiero. Fin dai primi filosofi che si studiano nei programmi scolastici – Talete, Anassimandro, Anassimene – scopriamo che se il maestro dice una cosa, il suo discepolo dice una cosa diversa, per poi venire contraddetto a sua volta. Questo accade anche a distanza di anni, se non di secoli, tra una filosofia e l’altra: per esempio con Platone che sistemizza il pensiero di Socrate, Aristotele che critica e ordina il pensiero di Platone, Tommaso d’Aquino che riprende il pensiero di Aristotele e lo riscrive in chiave cristiana, fino all’epoca moderna dove l’impronta teologica della filosofia si trasforma in una prospettiva più incentrata sulla ragione, e così via fino ai giorni nostri dove, indovinate un po’, si riprendono e si commentano i pensatori precedenti.
È vero, tecnicamente l’estate non è ancora finita, eppure, con il tramontare di agosto, tramonta anche quel senso di libertà che dipingeva tutte le nostre giornate. Al suo posto, una nuvola grigia che sorvola le nostre scrivanie: era meglio prima, con le infradito e lo spritz, con il mare, la montagna, le ferie... Eppure, tutto sommato, siamo anche contenti di tornare al lavoro, di ricominciare con la routine, di dare seguito ai nostri progetti. Perché il nostro calendario è come la storia della filosofia, è una continua tensione tra il prima e il dopo, un dialogo tra ciò che ci siamo lasciati alle spalle e ciò che abbiamo di fronte. Quindi, anche se il 2025 non è stato all’altezza del 2024, a suo modo è stato comunque migliore del 2023. E chissà cosa ci aspetta tra 12 mesi con l’agosto firmato 2026. Probabilmente saremo di nuovo qui, a ricordare i numeri di quest’anno, che erano meglio prima, anche se, tutto sommato, non ci possiamo lamentare.
Alla fine ritornano sempre i soliti cliché, no? Le ferie durano troppo poco, ci vorrebbero delle vacanze per riprenderci dalle vacanze, si stava meglio quando si stava peggio... Ma comunque, checché se ne dica, agosto è sempre agosto.
Il mattino del rientro è uguale a quelli di tutto l’anno, quando ripetiamo i gesti come in trance: sveglia puntata alla stessa ora di sempre, come se non l’avessimo mai spenta durante le vacanze; colazione veloce ma equilibrata, rimpiangendo – forse – cornetti e cappuccini; camicia e pantaloni, contro costume da bagno o scarpe da trekking; il tragitto del mattino che porta in ufficio, non alla spiaggia o all’inizio del sentiero. Eppure c’è un barlume di speranza in questo mesto, grigio, quadro settembrino: la pausa caffè coi colleghi. Quella che, già lo sappiamo, porterà con sé la domanda: "Come sono andate le ferie?". Allora noi, scrollando le spalle, abbozziamo un sorriso e ripensiamo a tutto quello che abbiamo vissuto: ai momenti in cui la scrivania sembrava ancora lontana, a quando la suoneria del telefono era sostituito dal rumore delle onde, gli Excel dalle parole crociate, e l’unico appuntamento in agenda era l’aperitivo alla golden hour. Ci ripensiamo, non possiamo fare altrimenti. Ci ripensiamo, sorridiamo, e scrolliamo le spalle rispondendo: "Sono andate".
Già, ma come sono andate?
Circa un mese fa, nell’ultimo Sunday View prima della pausa estiva, abbiamo parlato di quanti giorni di ferie sono previsti in Italia, dell’apporto del turismo sul Pil e sugli impatti dell’overtourism. Oggi, dopo 30 e più giorni, è arrivato il momento di fare il punto su come è andato questo mese, e il filo rosso che sembra collegare tutte le analisi è: “meno del 2024”.
ERA MEGLIO PRIMA (?)
I vacanzieri? 34 milioni, più della metà degli italiani, ma comunque meno rispetto al 2024. Le mete predilette? Ancora in testa le località italiane di mare, anche se la spiaggia attira meno rispetto all’anno scorso. Certo, il bilancio completo andrà fatto a fine stagione, ma il trend appare chiaro già a settembre. Si parla di un calo delle presenze fino a un massimo del 10%, specialmente sulle coste, figlio anche dei rincari che pare abbiano fatto rinunciare circa 11 milioni di italiani alle proprie vacanze. Secondo un’analisi realizzata da Izi – ente di ricerca con sede a Roma – pare che il ‘caro ombrelloni’, però, non sia stato la ragione principale di questo segno meno: a pesare nelle decisioni degli italiani sono stati gli aumenti soprattutto di alloggi e ristoranti. Non a caso, la stragrande maggioranza di chi ha preferito la vacanza all’estero lo ha fatto proprio per via dei costi dell’agosto italiano, per i quali anche chi ha scelto di rimanere in Italia ha voluto diversificare le proprie ferie spalmandole sempre più su giugno e settembre.
Oltre ai mesi, cambiano anche le preferenze degli italiani in fatto di vacanza: secondo i dati, il turismo outdoor ha registrato un forte aumento, segno di una maggiore propensione per le attività a contatto con la natura. Le città d’arte non sono più l’unica alternativa al dualismo “mare o montagna”, ma a queste si aggiungono anche i tour enogastronomici e quelli sportivi, con la bicicletta e il ‘cicloturismo’ in prima fila.
Quindi, possiamo davvero dire che l’estate italiana era meglio prima? Che il 2025 non è andato poi così bene?
SI STAVA MEGLIO QUANDO...
In filosofia si parla di ‘pars destruens’ e di ‘pars costruens’, ovvero quei due momenti in cui un pensatore prima demolisce quanto dato per certo fino a quel momento, e poi da lì ricostruisce un pensiero libero dagli schemi precedenti. Lo ha fatto Cartesio dubitando di qualsiasi conoscenza data per certa, lo ha fatto Kant emancipandosi dai dogmi del razionalismo, così come anche Nietzsche rispetto alla morale tradizionale. Lo hanno fatto quasi tutti, tanto che sembra proprio un pattern distintivo della storia del pensiero. Fin dai primi filosofi che si studiano nei programmi scolastici – Talete, Anassimandro, Anassimene – scopriamo che se il maestro dice una cosa, il suo discepolo dice una cosa diversa, per poi venire contraddetto a sua volta. Questo accade anche a distanza di anni, se non di secoli, tra una filosofia e l’altra: per esempio con Platone che sistemizza il pensiero di Socrate, Aristotele che critica e ordina il pensiero di Platone, Tommaso d’Aquino che riprende il pensiero di Aristotele e lo riscrive in chiave cristiana, fino all’epoca moderna dove l’impronta teologica della filosofia si trasforma in una prospettiva più incentrata sulla ragione, e così via fino ai giorni nostri dove, indovinate un po’, si riprendono e si commentano i pensatori precedenti.
DANCING IN SEPTEMBER
È vero, tecnicamente l’estate non è ancora finita, eppure, con il tramontare di agosto, tramonta anche quel senso di libertà che dipingeva tutte le nostre giornate. Al suo posto, una nuvola grigia che sorvola le nostre scrivanie: era meglio prima, con le infradito e lo spritz, con il mare, la montagna, le ferie... Eppure, tutto sommato, siamo anche contenti di tornare al lavoro, di ricominciare con la routine, di dare seguito ai nostri progetti. Perché il nostro calendario è come la storia della filosofia, è una continua tensione tra il prima e il dopo, un dialogo tra ciò che ci siamo lasciati alle spalle e ciò che abbiamo di fronte. Quindi, anche se il 2025 non è stato all’altezza del 2024, a suo modo è stato comunque migliore del 2023. E chissà cosa ci aspetta tra 12 mesi con l’agosto firmato 2026. Probabilmente saremo di nuovo qui, a ricordare i numeri di quest’anno, che erano meglio prima, anche se, tutto sommato, non ci possiamo lamentare.
BONUS TRACK
Alla fine ritornano sempre i soliti cliché, no? Le ferie durano troppo poco, ci vorrebbero delle vacanze per riprenderci dalle vacanze, si stava meglio quando si stava peggio... Ma comunque, checché se ne dica, agosto è sempre agosto.
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