L'evento
Forum Ambrosetti, il risveglio dell’Europa
Il presidente Mattarella, nel suo saluto iniziale, rilancia il senso di civiltà, democrazia e liberalità del Continente. Dombrovskis raccoglie e incita a evitare autocompiacimenti per puntare sulla difesa comune. Kerber, la voce degli imprenditori cristiani tedeschi, suggerisce un piano di macroaggregazioni per una maggiore competitività di sistema
di Paolo Gila 6 Settembre 2025 15:03

Di buon’ora, lo squillo di tromba è stato lanciato da Sergio Mattarella. Nel suo videomessaggio in apertura dei lavori del secondo giorno del Meeting Ambrosetti il presidente ha richiamato il senso e il ruolo planetario dell’Europa sostenendo che “è utile al mondo per ricostruire il diritto internazionale e il multilateralismo”. Nell’epoca delle lacerazioni geopolitiche che rischiano di trascinarci in una delle peggiori crisi della nostra storia, il Capo dello Stato ha rivendicato che “le democrazie dell’Europa sono capaci di trovare in sé motivazioni e iniziative per non soccombere alla favola di una superiorità dei regimi autocratici”.
Il richiamo ai valori della tradizione liberale e democratica è stato il detonatore di una giornata che ha ritrovato vigore intorno al tema del rilancio del Continente, che può essere ancora considerato un faro di civiltà, nonostante sulla scacchiera mondiale prevalga una logica di forze rudi e di contrasti accesi. In quest’ottica “c’è bisogno di istituzioni comunitarie più forti, capaci di resistere ai soprusi e di fronteggiare pericoli di regressioni, che non sono ineluttabili”, ha detto ancora Mattarella.
Come è possibile che oggi l’Europa sia considerata un nemico, un avversario di altri Paesi o istituzioni, che pure dichiarano di essere aperti all’incontro e al dialogo? La questione può e deve essere affrontata sul piano del multilateralismo, inteso come occasione di relazioni e di accordi. Tuttavia, occorre anche pensare che la forza delle istituzioni europee dipende anche dalla deterrenza, dalla sua capacità militare, dalle barriere difensive che è in grado di erigere per la sua sicurezza. Valdis Dombrovskis, il Commissario europeo per l’economia, prendendo la parola a Cernobbio, ha dichiarato che “la civiltà europea deve essere difesa” e che “si deve evitare l’autocompiacimento” di aver avuto un passato glorioso. La politica comunitaria merita di avere oggi risposte risolute di fronte ai problemi attuali. L’impegno militare, sostenuto dalle industrie e coordinato a livello Nato, può essere la soluzione per presentarsi sulla scena internazionale con più rispetto.
Tornare ad essere potenza tra le potenze, nell’epoca in cui si rischia di essere marginalizzati da Stati Uniti, Russia e Cina, è la grande sfida che l’Unione europea dovrà affrontare nei prossimi anni. La volontà di rioccupare un posto dignitoso e di rilievo nel consesso delle nazioni può dipendere da un maggiore senso di responsabilità a tutti i livelli, giuridico, militare, normativo, ma non può prescindere dall’economia, dalla produzione industriale, dalla capacità di creare innovazione e maggiore competitività. Una potenza deve integrare le forze e costruire un modello che sia pienamente operativo e identificabile anche al proprio esterno.
In Europa non mancano le competenze, le idee, la voglia di intraprendere. Per certi aspetti c’è una sovrabbondanza di risorse. “Piuttosto – ha detto Markus Kerber, già segretario di Stato al Ministero Federale dell’Interno di Germania e oggi coordinatore politico della CDU – occorre evitare la dispersione delle attività in tante aziende che lavorano in maniera scollegata”. Per dare una migliore struttura alla macchina produttiva occorre pensare alla fabbrica europea come a un unico sistema, per quanto complesso. E occorre che le aziende alla guida delle filiere dei vari settori, nessuno escluso, siano in grado di poter aggregare tra loro altre realtà e altri gruppi. Le dimensioni delle imprese nei prossimi anni saranno dirimenti. Continuare a pensare che “piccolo è bello” rappresenta un ritornello che non sarà più valido nel prossimo futuro. Non si deve pensare che i confini dell’Europa siano il perimetro del suo mercato. La competizione è globale, con una concorrenza forte che diventa sempre più agguerrita grazie al ruolo di colossi industriali dalle risorse ingenti.
C’è dunque voglia di un risveglio, di un rilancio e di una ripresa del concetto identitario di Europa. Tralasciati i gusti per i miti classici e le tradizioni che si sono intrecciate nell’evoluzione del Continente, sono i richiami alla realtà attuale che spingono verso una coesione più responsabile e, nello stesso tempo, più concreta. L’Europa non è il frutto di quello che è stata in passato. Piuttosto occorre pensare che l’Europa non è ancora. Necessariamente sarà, in funzione di come risponderà a queste nuove e impellenti sfide, che si presentano su più livelli e con vari gradi di profondità. Ma l’atmosfera che si oggi si è respirata a Cernobbio pare più ottimistica. L’Europa potrebbe tornare.
RESISTERE ALLA VIOLENZA
Il richiamo ai valori della tradizione liberale e democratica è stato il detonatore di una giornata che ha ritrovato vigore intorno al tema del rilancio del Continente, che può essere ancora considerato un faro di civiltà, nonostante sulla scacchiera mondiale prevalga una logica di forze rudi e di contrasti accesi. In quest’ottica “c’è bisogno di istituzioni comunitarie più forti, capaci di resistere ai soprusi e di fronteggiare pericoli di regressioni, che non sono ineluttabili”, ha detto ancora Mattarella.
IL DILEMMA DEI NOSTRI TEMPI
Come è possibile che oggi l’Europa sia considerata un nemico, un avversario di altri Paesi o istituzioni, che pure dichiarano di essere aperti all’incontro e al dialogo? La questione può e deve essere affrontata sul piano del multilateralismo, inteso come occasione di relazioni e di accordi. Tuttavia, occorre anche pensare che la forza delle istituzioni europee dipende anche dalla deterrenza, dalla sua capacità militare, dalle barriere difensive che è in grado di erigere per la sua sicurezza. Valdis Dombrovskis, il Commissario europeo per l’economia, prendendo la parola a Cernobbio, ha dichiarato che “la civiltà europea deve essere difesa” e che “si deve evitare l’autocompiacimento” di aver avuto un passato glorioso. La politica comunitaria merita di avere oggi risposte risolute di fronte ai problemi attuali. L’impegno militare, sostenuto dalle industrie e coordinato a livello Nato, può essere la soluzione per presentarsi sulla scena internazionale con più rispetto.
EUROPA, POTENZA TRA LE POTENZE
Tornare ad essere potenza tra le potenze, nell’epoca in cui si rischia di essere marginalizzati da Stati Uniti, Russia e Cina, è la grande sfida che l’Unione europea dovrà affrontare nei prossimi anni. La volontà di rioccupare un posto dignitoso e di rilievo nel consesso delle nazioni può dipendere da un maggiore senso di responsabilità a tutti i livelli, giuridico, militare, normativo, ma non può prescindere dall’economia, dalla produzione industriale, dalla capacità di creare innovazione e maggiore competitività. Una potenza deve integrare le forze e costruire un modello che sia pienamente operativo e identificabile anche al proprio esterno.
DARE GRANDEZZA AL FUTURO
In Europa non mancano le competenze, le idee, la voglia di intraprendere. Per certi aspetti c’è una sovrabbondanza di risorse. “Piuttosto – ha detto Markus Kerber, già segretario di Stato al Ministero Federale dell’Interno di Germania e oggi coordinatore politico della CDU – occorre evitare la dispersione delle attività in tante aziende che lavorano in maniera scollegata”. Per dare una migliore struttura alla macchina produttiva occorre pensare alla fabbrica europea come a un unico sistema, per quanto complesso. E occorre che le aziende alla guida delle filiere dei vari settori, nessuno escluso, siano in grado di poter aggregare tra loro altre realtà e altri gruppi. Le dimensioni delle imprese nei prossimi anni saranno dirimenti. Continuare a pensare che “piccolo è bello” rappresenta un ritornello che non sarà più valido nel prossimo futuro. Non si deve pensare che i confini dell’Europa siano il perimetro del suo mercato. La competizione è globale, con una concorrenza forte che diventa sempre più agguerrita grazie al ruolo di colossi industriali dalle risorse ingenti.
IL RITORNO DELL’EUROPA
C’è dunque voglia di un risveglio, di un rilancio e di una ripresa del concetto identitario di Europa. Tralasciati i gusti per i miti classici e le tradizioni che si sono intrecciate nell’evoluzione del Continente, sono i richiami alla realtà attuale che spingono verso una coesione più responsabile e, nello stesso tempo, più concreta. L’Europa non è il frutto di quello che è stata in passato. Piuttosto occorre pensare che l’Europa non è ancora. Necessariamente sarà, in funzione di come risponderà a queste nuove e impellenti sfide, che si presentano su più livelli e con vari gradi di profondità. Ma l’atmosfera che si oggi si è respirata a Cernobbio pare più ottimistica. L’Europa potrebbe tornare.
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