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Etica Sgr illustra come ripensare la filiera del caffè con il cambiamento climatico
La filiera del caffè è segnata da opacità e profonde disuguaglianze, che impediscono una distribuzione equa del valore creato lungo tutta la catena produttiva, mentre la crisi climatica ne mette ulteriormente a rischio la sostenibilità
di Leo Campagna 5 Settembre 2025 07:55

Temperature in aumento, siccità persistenti, suoli impoveriti, raccolti a rischio e prezzi in aumento. Il futuro del caffè, da cui dipendono 125 milioni di persone nel mondo per vivere, è tutto da ripensare. L’andamento del prezzo, che secondo la Fao è aumentato del 38,8% nel 2024, dipende direttamente dai cambiamenti climatici. In Vietnam, per esempio, la siccità ha causato un calo del 20% della produzione mentre in Indonesia le piogge eccessive hanno ridotto i raccolti del 16,5%. I rincari hanno colpito il tenore di vita dei produttori (spesso piccole aziende familiari) ma anche i consumatori: i prezzi al dettaglio sono aumentati del 6,6% negli Stati Uniti e del 3,75% in Europa in un solo anno.
Le varietà di caffè più note sono la Coffea robusta e la Coffea arabica. Quest’ultima, che rappresenta circa il 70% della produzione globale, prospera in un intervallo termico molto ristretto (18–23 °C) e soffre il caldo eccessivo, l’aridità e le malattie fungine come la “ruggine” del caffè. La Coffea robusta, invece, è più resistente e richiede temperature più alte, tuttavia è meno apprezzata dai consumatori ed usata prevalentemente per miscele e caffè solubile. Secondo un approfondimento pubblicato da The Economist, la Coffea arabica è già oggi coltivata al limite massimo della sua soglia climatica. Con l’aumento delle temperature, molte aree del Brasile rischiano di diventare inadatte alla coltivazione.
Per aumentare la resilienza delle piantagioni, scienziati e coltivatori stanno esplorando diverse soluzioni ma non tutte sono sostenibili. Per esempio spostare le coltivazioni in altitudine, dove le temperature sono più basse, comporta costi maggiori e rischio di deforestazione. Degna di nota è l’agroforestazione, ovvero la coltivazione del caffè all’ombra di alberi più alti, in modo da avere minor evaporazione, maggior presenza di impollinatori, migliore qualità del suolo. Altrettanto interessante è anche il recupero di varietà dimenticate, come la Coffea stenophylla, apprezzata per la tolleranza al caldo e l’elevata qualità organolettica, o la Coffea dewevrei (Excelsa), resistente al patogeno fungino della ruggine del caffè e alla siccità.
C’è però un’altra minaccia che grava sulla filiera del caffè. “Una recente inchiesta del New York Times ha svelato che nelle piantagioni di caffè Kona alle Hawaii – una tipologia di caffè tra le più pregiate e mediamente più care al mondo – i lavoratori percepiscono retribuzioni inadeguate e subiscono abusi legati al loro status di migranti economici. Il rischio è che, anche sotto l’etichetta del caffè di alta qualità, si celino catene produttive opache e disuguaglianze profonde” rivelano gli esperti di Etica Sgr.
L’attuale approccio produttivo trascura spesso aspetti fondamentali come l’equità nella distribuzione del valore lungo la filiera, la protezione dell’ambiente, la partecipazione democratica e la valorizzazione delle pratiche agricole autoctone. “Le iniziative promosse dalle comunità agricole locali si dimostrano più efficaci nel produrre risultati concreti, poiché tengono conto delle specificità ecologiche, culturali e sociali dei territori” sottolineano i manager di Etica Sgr.
La società di gestione del risparmio del gruppo Banca Etica è da sempre impegnata a promuovere responsabilità e trasparenza lungo l’intera catena di fornitura, con un’attenzione particolare alla tutela dei diritti umani. La due diligence adottata è rigorosa e allineata agli standard internazionali, per garantire pratiche etiche e socialmente responsabili. Per renderla efficace si verifica che le politiche di gestione dei fornitori integrino criteri ambientali e sociali, valutazioni del rischio, audit periodici e una rendicontazione chiara delle attività svolte e dei risultati ottenuti.
“Cruciale è la salvaguardia dei diritti delle popolazioni indigene che deve rispettare le linee guida conformi alla normativa internazionale, il coinvolgimento attivo delle comunità locali, la tutela del diritto collettivo alla terra e l’applicazione del principio del consenso libero, previo e informato. Per contrastare il lavoro minorile, invece, si impongono standard rigorosi ai fornitori, interventi di riabilitazione nei casi accertati e strumenti di controllo mirati alla prevenzione e alla trasparenza. Allo stesso modo, l’azienda deve garantire l’opposizione assoluta al lavoro forzato e alla tratta di esseri umani, attivando misure di prevenzione, protezione delle vittime e monitoraggio continuo lungo tutta la filiera” concludono gli esperti di Etica Sgr.
CAFFÉ ROBUSTA E CAFFÉ ARABICA
Le varietà di caffè più note sono la Coffea robusta e la Coffea arabica. Quest’ultima, che rappresenta circa il 70% della produzione globale, prospera in un intervallo termico molto ristretto (18–23 °C) e soffre il caldo eccessivo, l’aridità e le malattie fungine come la “ruggine” del caffè. La Coffea robusta, invece, è più resistente e richiede temperature più alte, tuttavia è meno apprezzata dai consumatori ed usata prevalentemente per miscele e caffè solubile. Secondo un approfondimento pubblicato da The Economist, la Coffea arabica è già oggi coltivata al limite massimo della sua soglia climatica. Con l’aumento delle temperature, molte aree del Brasile rischiano di diventare inadatte alla coltivazione.
LE SOLUZIONI DI SCIENZIATI E COLTIVATORI
Per aumentare la resilienza delle piantagioni, scienziati e coltivatori stanno esplorando diverse soluzioni ma non tutte sono sostenibili. Per esempio spostare le coltivazioni in altitudine, dove le temperature sono più basse, comporta costi maggiori e rischio di deforestazione. Degna di nota è l’agroforestazione, ovvero la coltivazione del caffè all’ombra di alberi più alti, in modo da avere minor evaporazione, maggior presenza di impollinatori, migliore qualità del suolo. Altrettanto interessante è anche il recupero di varietà dimenticate, come la Coffea stenophylla, apprezzata per la tolleranza al caldo e l’elevata qualità organolettica, o la Coffea dewevrei (Excelsa), resistente al patogeno fungino della ruggine del caffè e alla siccità.
PRODUZIONI OPACHE E DISUGUAGLIANZE PROFONDE
C’è però un’altra minaccia che grava sulla filiera del caffè. “Una recente inchiesta del New York Times ha svelato che nelle piantagioni di caffè Kona alle Hawaii – una tipologia di caffè tra le più pregiate e mediamente più care al mondo – i lavoratori percepiscono retribuzioni inadeguate e subiscono abusi legati al loro status di migranti economici. Il rischio è che, anche sotto l’etichetta del caffè di alta qualità, si celino catene produttive opache e disuguaglianze profonde” rivelano gli esperti di Etica Sgr.
COSA TRASCURA L’ATTUALE APPROCCIO PRODUTTIVO
L’attuale approccio produttivo trascura spesso aspetti fondamentali come l’equità nella distribuzione del valore lungo la filiera, la protezione dell’ambiente, la partecipazione democratica e la valorizzazione delle pratiche agricole autoctone. “Le iniziative promosse dalle comunità agricole locali si dimostrano più efficaci nel produrre risultati concreti, poiché tengono conto delle specificità ecologiche, culturali e sociali dei territori” sottolineano i manager di Etica Sgr.
L’IMPEGNO DI ETICA SGR
La società di gestione del risparmio del gruppo Banca Etica è da sempre impegnata a promuovere responsabilità e trasparenza lungo l’intera catena di fornitura, con un’attenzione particolare alla tutela dei diritti umani. La due diligence adottata è rigorosa e allineata agli standard internazionali, per garantire pratiche etiche e socialmente responsabili. Per renderla efficace si verifica che le politiche di gestione dei fornitori integrino criteri ambientali e sociali, valutazioni del rischio, audit periodici e una rendicontazione chiara delle attività svolte e dei risultati ottenuti.
CRUCIALE È LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELLE POPOLAZIONI INDIGENE
“Cruciale è la salvaguardia dei diritti delle popolazioni indigene che deve rispettare le linee guida conformi alla normativa internazionale, il coinvolgimento attivo delle comunità locali, la tutela del diritto collettivo alla terra e l’applicazione del principio del consenso libero, previo e informato. Per contrastare il lavoro minorile, invece, si impongono standard rigorosi ai fornitori, interventi di riabilitazione nei casi accertati e strumenti di controllo mirati alla prevenzione e alla trasparenza. Allo stesso modo, l’azienda deve garantire l’opposizione assoluta al lavoro forzato e alla tratta di esseri umani, attivando misure di prevenzione, protezione delle vittime e monitoraggio continuo lungo tutta la filiera” concludono gli esperti di Etica Sgr.