Prospettive macro
La Financière de l’Échiquier: il conto dei dazi potrebbero pagarlo i consumatori Usa
Non saranno i partner commerciali degli Stati Uniti a farne le spese: secondo Goldman Sachs entro ottobre i due terzi delle tariffe doganali potrebbero risultare a carico delle famiglie consumatrici statunitensi
di Leo Campagna 30 Agosto 2025 10:00

L’incertezza sui nuovi dazi statunitensi che ha guidato i mercati nella prima parte di quest’anno sembra diradarsi dopo i recenti accordi siglati tra l’amministrazione Trump e alcuni dei principali partner commerciali. A questo punto ci si chiede se le nuove tariffe statunitensi possano comportare un’impennata dei prezzi al consumo. Se lo chiedono gli economisti, gli operatori di mercato, i banchieri centrali ma, almeno per ora, la risposta non sembra univoca.
“L’incertezza sulla possibile direzione del carovita è cresciuta dopo la pubblicazione a metà agosto dei dati sull’inflazione di luglio” fa sapere Enguerrand Artaz, Strategist di La Financière de l’Echiquier. Infatti la lettura dei dati non segnala nessuna accelerazione netta dei prezzi al consumo, avvalorando la tesi di sostiene che i dazi abbiano un impatto positivo. Al contempo, tuttavia, i prezzi alla produzione hanno sorpreso decisamente al rialzo, facendo temere ripercussioni sui prezzi al consumo nei prossimi mesi.
Secondo Artaz, bisogna chiedersi non soltanto che paga il conto dei dazi oggi ma anche chi lo sosterrà domani. “A contrario di quanto afferma Donald Trump, non saranno i partner commerciali degli Stati Uniti a farne le spese. Non si può escludere in assoluto che alcuni esportatori possano adeguare i prezzi per contrastare l’aumento dei dazi, tuttavia si tratta di numeri piuttosto modesti” riferisce lo Strategist di La Financière de l’Echiquier.
A questo proposito, emerge che, in base ad un recente studio di Goldman Sachs con i dati fino a giugno 2025, la quota delle tariffe doganali a carico degli esportatori esteri era inferiore al 15%. Nello stesso studio, si legge che gli aumenti erano sostenuti per i due terzi dalle aziende statunitensi, attraverso la compressione dei margini, mentre appena un quarto era trasferito sui consumatori. Una situazione che potrebbe però cambiare in modo significativo nel secondo semestre dell’anno.
“La stima degli esperti di Goldman Sachs, secondo i quali entro ottobre i due terzi delle tariffe doganali potrebbero risultare a carico dei consumatori statunitensi, è avvalorata da diversi elementi. A cominciare dalla recente impennata dei prezzi alla produzione. Un fenomeno riconducibile soprattutto al sensibile aumento della componente “servizi commerciali” che, in sintesi, misura il margine dei distributori. Una dinamica che sembra suggerire che le aziende abbiano cominciato a trasferire gli aumenti dei costi legati ai dazi sui prezzi di vendita” spiega Artaz.
Un altro importante indizio lo si è riscontrato nelle recenti pubblicazioni dei risultati trimestrali delle società di distribuzione. Il CEO di Walmart ha dichiarato che “il costo dei dazi aumenta ogni settimana”, precisando che “il rialzo dei prezzi incide sui consumatori a basso e medio reddito”. Non si può pertanto escludere che l’azienda possa trasferire l’aumento dei costi sui prezzi di vendita seguendo quanto riportato dal CFO di Home Depot, secondo cui la società avrebbe deciso di aumentare il prezzo di una serie di prodotti.
Insomma, solo tra qualche tempo si dovrebbe materializzare la maggior parte dell’impatto delle tariffe doganali sui prezzi al consumo. “Una situazione particolarmente sfidante per la Federal Reserve. La banca centrale statunitense, che resta sotto la pressione della Casa Bianca e in attesa della nomina del successore al Presidente Jerome Powell, abbasserà quasi sicuramente i tassi a settembre. Peccato che, subito dopo, potrebbe trovarsi nella scomoda situazione di dover fare i conti con una netta ripresa dell’inflazione” conclude lo Strategist di La Financière de l’Echiquier.
L’INCERTEZZA SULLA POSSIBILE DIREZIONE DEL CAROVITA
“L’incertezza sulla possibile direzione del carovita è cresciuta dopo la pubblicazione a metà agosto dei dati sull’inflazione di luglio” fa sapere Enguerrand Artaz, Strategist di La Financière de l’Echiquier. Infatti la lettura dei dati non segnala nessuna accelerazione netta dei prezzi al consumo, avvalorando la tesi di sostiene che i dazi abbiano un impatto positivo. Al contempo, tuttavia, i prezzi alla produzione hanno sorpreso decisamente al rialzo, facendo temere ripercussioni sui prezzi al consumo nei prossimi mesi.
CHI PAGA IL CONTO DEI DAZI OGGI E CHI LO SOSTERRÀ DOMANI
Secondo Artaz, bisogna chiedersi non soltanto che paga il conto dei dazi oggi ma anche chi lo sosterrà domani. “A contrario di quanto afferma Donald Trump, non saranno i partner commerciali degli Stati Uniti a farne le spese. Non si può escludere in assoluto che alcuni esportatori possano adeguare i prezzi per contrastare l’aumento dei dazi, tuttavia si tratta di numeri piuttosto modesti” riferisce lo Strategist di La Financière de l’Echiquier.
COSA RIVELA LO STUDIO DI GOLDMAN SACHS
A questo proposito, emerge che, in base ad un recente studio di Goldman Sachs con i dati fino a giugno 2025, la quota delle tariffe doganali a carico degli esportatori esteri era inferiore al 15%. Nello stesso studio, si legge che gli aumenti erano sostenuti per i due terzi dalle aziende statunitensi, attraverso la compressione dei margini, mentre appena un quarto era trasferito sui consumatori. Una situazione che potrebbe però cambiare in modo significativo nel secondo semestre dell’anno.
RISCHIO DI AUMENTI A CARICO DEI CONSUMATORI STATUNITENSI
“La stima degli esperti di Goldman Sachs, secondo i quali entro ottobre i due terzi delle tariffe doganali potrebbero risultare a carico dei consumatori statunitensi, è avvalorata da diversi elementi. A cominciare dalla recente impennata dei prezzi alla produzione. Un fenomeno riconducibile soprattutto al sensibile aumento della componente “servizi commerciali” che, in sintesi, misura il margine dei distributori. Una dinamica che sembra suggerire che le aziende abbiano cominciato a trasferire gli aumenti dei costi legati ai dazi sui prezzi di vendita” spiega Artaz.
LE INDICAZIONI DEI TOP MANAGER DI WALMART E HOME DEPOT
Un altro importante indizio lo si è riscontrato nelle recenti pubblicazioni dei risultati trimestrali delle società di distribuzione. Il CEO di Walmart ha dichiarato che “il costo dei dazi aumenta ogni settimana”, precisando che “il rialzo dei prezzi incide sui consumatori a basso e medio reddito”. Non si può pertanto escludere che l’azienda possa trasferire l’aumento dei costi sui prezzi di vendita seguendo quanto riportato dal CFO di Home Depot, secondo cui la società avrebbe deciso di aumentare il prezzo di una serie di prodotti.
UNA SCOMODA SITUAZIONE PER LA FEDERAL RESERVE
Insomma, solo tra qualche tempo si dovrebbe materializzare la maggior parte dell’impatto delle tariffe doganali sui prezzi al consumo. “Una situazione particolarmente sfidante per la Federal Reserve. La banca centrale statunitense, che resta sotto la pressione della Casa Bianca e in attesa della nomina del successore al Presidente Jerome Powell, abbasserà quasi sicuramente i tassi a settembre. Peccato che, subito dopo, potrebbe trovarsi nella scomoda situazione di dover fare i conti con una netta ripresa dell’inflazione” conclude lo Strategist di La Financière de l’Echiquier.