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Per Pictet AM troppo ottimismo sui mercati Usa: “Rischio di stagnazione inflazionistica”

L'aumento dei prezzi e la debolezza del dollaro spingono verso la prudenza. Per Andrea Delitala, Head of Multi Asset Euro, sull'obbligazionario meglio preferire Europa e Mercati Emergenti

di Davide Lentini 17 Luglio 2025 13:17

financialounge -  Andrea Delitala Inflazione Usa Mercati Usa mercato obbligazionario Pictet Asset Management
I mercati sembrano aver assorbito ampiamente il rischio dazi. Gli annunci del presidente americano Donald Trump, infatti, non hanno più gli effetti iniziali. Ma resta una domanda fondamentale: stiamo assistendo a una reale stabilizzazione dei mercati o a una forma sofisticata di rimozione collettiva del rischio? Per Andrea Delitala, Head of Multi Asset Euro di Pictet Asset Management, “gli effetti delle politiche di Trump non sono stati eliminati, ma i danni attesi sono stati ridimensionati”. Ma restano due problemi fondamentali che hanno impatto sui mercati: l'aumento dell'inflazione e la svalutazione del dollaro.

FASE DI NORMALIZZAZIONE SUI MERCATI USA


Dalla metà di maggio, il sentiment globale è decisamente migliorato. Azioni in ripresa, bond stabili, volatilità in calo. Una fase di “normalizzazione” che ha portato alcuni listini a superare i livelli pre-crisi. Ma i fondamentali giustificano davvero tutto questo ottimismo? Per Delitala la realtà è più sfumata. L’economista di Pictet AM osserva una “situazione di mancato panico”: le minacce non sono scomparse, solo parzialmente assorbite dal mercato. La divergenza più significativa è quella tra la performance brillante di azionario e obbligazionario da un lato, e la debolezza del dollaro dall’altro. “Il biglietto veder - spiega - ha continuato a deprezzarsi (-6% dal 2 aprile, -10% da inizio anno), riflettendo peraltro i desiderata dell’amministrazione Usa”.

INFLAZIONE IN AUMENTO A CAUSA DEI DAZI


Ma se economia e mercati Usa fossero davvero così solidi, perché la valuta americana continua a indebolirsi? Il cuore della riflessione di Delitala è chiaro: la politica economica Usa ha preso una piega dissonante. Stimoli fiscali espansivi, deregolamentazione energetica, restrizioni migratorie e dazi crescenti producono effetti contrastanti. Il “Big Beautiful Bill” di Trump alimenta crescita e inflazione, mentre le barriere commerciali introducono rischi stagflattivi. Il risultato è un policy mix disallineato, che i mercati sembrano sminuire. Secondo le stime di Pictet AM, l’attuale livello dei dazi (+14,7% in media) porterà a un +1,7% sull’inflazione e un -1,3% sulla crescita americana. “Un impatto gestibile, ma non trascurabile”, sostiene Delitala. In caso di escalation ad agosto, con misure aggiuntive già notificate dalla Casa Bianca, si potrebbe arrivare a tariffe medie del 16,4% o peggio. Se invece si tornasse allo scenario paventato durante il Liberation Day, con tariffe reciproche, l’incidenza salirebbe al 20,7%.

L'IMPATTO DEL MONDO DEL LAVORO SUI MERCATI USA


Uno dei punti più delicati riguarda l’inflazione: oggi è spinta dai servizi, a loro volta trainati dai salari. “È bene considerare anche che le politiche restrittive varate da Trump sull’immigrazione - analizza l’economista di Pictet AM - hanno ridotto di oltre un milione gli immigrati presenti nella forza lavoro, mentre quella relativa ai lavoratori nativi è salita di 2 milioni. Questo configura un successo rispetto alle promesse elettorali di Trump, ma potrebbe creare frizioni nel mercato del lavoro con conseguenze inflattive anche in presenza di un’attività economica meno dinamica”.
Non solo: il legame tra produttività e salari reali si sta indebolendo. Dopo un lungo periodo in cui i margini aziendali sono cresciuti grazie a una produttività superiore rispetto ai salari, ora i segnali sono di rallentamento. “L’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare un nuovo motore di produttività, ma entità e tempi sono ancora da verificare”, avverte Delitala.

IL RUOLO DELLA FED E I POSSIBILI TAGLI


Da parte sua il governatore della Fed, Jerome Powell, ha mantenuto una linea cauta. Le ultime revisioni macro parlano chiaro: inflazione al 3% e crescita al 1,4%. Per Pictet AM il rischio è che l’inflazione si mantenga al 3% anche il prossimo anno. Ma il mercato, come spesso accade, sembra voler vedere solo ciò che preferisce. Continua a prezzare diversi tagli dei tassi, in contrasto con la guidance della banca centrale (due soli tagli previsti nel 2025).

"MENO CONVENIENTE INVESTIRE SUI MERCATI USA"


In ottica allocativa, per Delitala il quadro delineato suggerisce un atteggiamento più prudente sugli Usa, sia lato equity che fixed income. “La crescita potrebbe deludere, mentre l’inflazione potrebbe sorprendere al rialzo - spiega - Il tasso di cambio debole, sebbene “desiderato” dall’amministrazione americana, crea distorsioni nel pricing relativo tra asset statunitensi e quelli del resto del mondo, e potrebbe preludere a un ulteriore deprezzamento della valuta Usa. In questo scenario, Europa e Paesi Emergenti potrebbero beneficiare di un riprezzamento”. A livello strategico, Pictet AM si orienta verso la duration europea rispetto a quella americana, principalmente per la minore volatilità e per motivi di valutazione. Inoltre, la svalutazione del dollaro ha fatto aumentare il costo di copertura. Di conseguenza investire in asset americani è oggi meno conveniente sia per il rischio cambio che per il costo stesso dell’hedging.

EUROPA E MERCATI EMERGENTI OGGI PIÙ INTERESSANTI


“L’apparente fase 'Goldilocks' in cui sembrano trovarsi i mercati rischia di essere frutto di una narrativa eccessivamente ottimistica”, avverte ancora Andrea Delitala, Head of Multi Asset Euro di Pictet Asset Management. “Le frizioni strutturali, soprattutto commerciali, sono tutt’altro che risolte. Se il ciclo macroeconomico americano sta per invertirsi, il rischio non è tanto una recessione immediata, quanto il passaggio a un regime caratterizzato da stagnazione inflazionistica, con tutte le implicazioni che questo comporta in termini di politica monetaria e posizionamento di portafoglio”. Per Pictet AM, quindi, si profila un contesto dove prevale ancora una visione prudente, soprattutto per la parte breve della curva e le asset class statunitensi, penalizzate da incertezza politica, valutazioni tirate e cambio meno favorevole. “Al contrario - conclude Delitala - l’Europa e gli Emergenti sembrano oggi più interessanti, sia per ragioni relative di valutazione, sia per la possibilità di beneficiare di un dollaro meno forte e di una politica monetaria più espansiva”.

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