La ricerca
Fondi sovrani, svolta attiva per resistere alla deglobalizzazione e all'alta volatilità
Secondo Invesco Global Sovereign Asset Management Study, gli investitori sovrani rivalutano il reddito fisso, il private credit è in crescita e l'oro assume una rilevanza sempre più strategica nelle riserve
di Annalisa Lospinuso 17 Luglio 2025 08:00

Le strategie di investimento dei fondi sovrani globali si stanno ricalibrando profondamente alla luce di un contesto dominato da geopolitica, inflazione persistente e rischi di frammentazione dei mercati. È quanto emerge dalla tredicesima edizione dell’Invesco Global Sovereign Asset Management Study, che evidenzia come la costruzione dei portafogli stia evolvendo verso una combinazione più marcata di gestione attiva, private markets e strumenti difensivi, a partire dall’oro. Lo studio è basato sulle opinioni di 141 professionisti senior degli investimenti, tra i quali chief investment officer, responsabili di asset class e strategist di portafoglio.
La tendenza più chiara è la crescente preferenza per le strategie attive: in media, oltre il 70% dei portafogli dei fondi sovrani risulta oggi gestito in modo attivo sia nel reddito fisso sia nell’azionario. Più della metà (52%) prevede di incrementare l’esposizione attiva sulle azioni nei prossimi due anni, mentre il 47% farà altrettanto nel reddito fisso. Questo orientamento è particolarmente marcato tra le istituzioni di dimensioni maggiori (oltre 100 miliardi di dollari di asset), dove il 75% ha aumentato l’attività nell’equity, rispetto al 43% dei fondi medi e al 36% di quelli più piccoli. Le motivazioni sono legate al bisogno di precisione in un mercato sempre più frammentato: la gestione attiva viene utilizzata per affrontare i rischi di concentrazione negli indici, gestire la dispersione geografica e garantire una maggiore resilienza strutturale.
La normalizzazione dei tassi di interesse e la ridefinizione geopolitica hanno modificato l’approccio al reddito fisso, oggi rivalutato come asset class dinamica utile sia per la gestione della liquidità sia come fonte di rendimento. Il 24% dei fondi sovrani prevede di aumentarne l’esposizione nei prossimi 12 mesi. "Il reddito fisso non è più soltanto un posizionamento difensivo – ha commentato Rod Ringrow, Head of Official Institutions di Invesco – ma diventa una parte versatile e strategica del portafoglio, rispondendo alla crescente illiquidità causata dalle allocazioni ai private markets".
Il private credit si conferma una delle asset class più in crescita, con un balzo della quota di fondi sovrani che vi accedono direttamente o tramite co-investimenti dal 30% nel 2024 al 44% nel 2025. Gli accessi tramite fondi sono saliti dal 56% al 63%, mentre il 50% degli intervistati prevede di aumentare l’allocazione entro il prossimo anno, trainati dalle istituzioni nordamericane (68%). Il private credit viene visto come risposta a un contesto dove la tradizionale correlazione negativa tra equity e bond si è indebolita, offrendo esposizione a tassi variabili, maggiore controllo e un profilo di rendimento decorrelato dai mercati pubblici.
I fondi sovrani mantengono l’Asia (ex Cina) come priorità strategica (43% degli intervistati), ma la Cina sta tornando al centro, passando dal 20% al 28% di preferenze rispetto al 2024. Le allocazioni si concentrano su settori tecnologici come AI, semiconduttori, EV ed energie rinnovabili, mentre il 78% ritiene che il Paese diventerà competitivo globalmente sul fronte tech. Tuttavia, solo il 48% crede in una transizione piena verso un’economia guidata dai consumi. Non a caso, la gestione attiva è considerata indispensabile nei mercati emergenti, dove l’85% dei fondi sovrani si affida a gestori specializzati, a fronte di un marginale 9% che utilizza strategie passive.
Gli asset digitali non sono più un tema di pura esplorazione. L’11% dei fondi sovrani ha effettuato investimenti diretti (rispetto al 7% nel 2022), con percentuali più elevate in Medio Oriente (22%), Asia-Pacifico (18%) e Nord America (16%). Emergono anche le stablecoin, percepite come strumenti più integrabili nei sistemi di pagamento cross-border o per la gestione della liquidità grazie alla stabilità del prezzo.
Sul fronte delle banche centrali, la ricerca evidenzia un rafforzamento della resilienza delle riserve attraverso maggiore diversificazione, quadri di risk management più robusti e un aumento dell’allocazione all’oro: il 47% prevede di accrescerla entro tre anni. L’oro viene visto come riserva politicamente neutrale e copertura contro rischi geopolitici, debito Usa e frammentazione globale. Inoltre, cresce l’uso di strumenti dinamici come ETF, swap e derivati: la quota di banche centrali che intende detenere derivati sull’oro raddoppierà dal 9% al 19% nei prossimi cinque anni.
FONDI SOVRANI GESTITI IN MODO ATTIVO
La tendenza più chiara è la crescente preferenza per le strategie attive: in media, oltre il 70% dei portafogli dei fondi sovrani risulta oggi gestito in modo attivo sia nel reddito fisso sia nell’azionario. Più della metà (52%) prevede di incrementare l’esposizione attiva sulle azioni nei prossimi due anni, mentre il 47% farà altrettanto nel reddito fisso. Questo orientamento è particolarmente marcato tra le istituzioni di dimensioni maggiori (oltre 100 miliardi di dollari di asset), dove il 75% ha aumentato l’attività nell’equity, rispetto al 43% dei fondi medi e al 36% di quelli più piccoli. Le motivazioni sono legate al bisogno di precisione in un mercato sempre più frammentato: la gestione attiva viene utilizzata per affrontare i rischi di concentrazione negli indici, gestire la dispersione geografica e garantire una maggiore resilienza strutturale.
IL REDDITO FISSO COME ASSET DINAMICO
La normalizzazione dei tassi di interesse e la ridefinizione geopolitica hanno modificato l’approccio al reddito fisso, oggi rivalutato come asset class dinamica utile sia per la gestione della liquidità sia come fonte di rendimento. Il 24% dei fondi sovrani prevede di aumentarne l’esposizione nei prossimi 12 mesi. "Il reddito fisso non è più soltanto un posizionamento difensivo – ha commentato Rod Ringrow, Head of Official Institutions di Invesco – ma diventa una parte versatile e strategica del portafoglio, rispondendo alla crescente illiquidità causata dalle allocazioni ai private markets".
FONDI SOVRANI PUNTANO SUL PRIVATE CREDIT
Il private credit si conferma una delle asset class più in crescita, con un balzo della quota di fondi sovrani che vi accedono direttamente o tramite co-investimenti dal 30% nel 2024 al 44% nel 2025. Gli accessi tramite fondi sono saliti dal 56% al 63%, mentre il 50% degli intervistati prevede di aumentare l’allocazione entro il prossimo anno, trainati dalle istituzioni nordamericane (68%). Il private credit viene visto come risposta a un contesto dove la tradizionale correlazione negativa tra equity e bond si è indebolita, offrendo esposizione a tassi variabili, maggiore controllo e un profilo di rendimento decorrelato dai mercati pubblici.
INVESTIMENTI IN MERCATI EMERGENTI
I fondi sovrani mantengono l’Asia (ex Cina) come priorità strategica (43% degli intervistati), ma la Cina sta tornando al centro, passando dal 20% al 28% di preferenze rispetto al 2024. Le allocazioni si concentrano su settori tecnologici come AI, semiconduttori, EV ed energie rinnovabili, mentre il 78% ritiene che il Paese diventerà competitivo globalmente sul fronte tech. Tuttavia, solo il 48% crede in una transizione piena verso un’economia guidata dai consumi. Non a caso, la gestione attiva è considerata indispensabile nei mercati emergenti, dove l’85% dei fondi sovrani si affida a gestori specializzati, a fronte di un marginale 9% che utilizza strategie passive.
FONDI SOVRANI APRONO AGLI ASSET DIGITALI
Gli asset digitali non sono più un tema di pura esplorazione. L’11% dei fondi sovrani ha effettuato investimenti diretti (rispetto al 7% nel 2022), con percentuali più elevate in Medio Oriente (22%), Asia-Pacifico (18%) e Nord America (16%). Emergono anche le stablecoin, percepite come strumenti più integrabili nei sistemi di pagamento cross-border o per la gestione della liquidità grazie alla stabilità del prezzo.
L'ORO CONTRO GLI SCOSSONI DI MERCATO
Sul fronte delle banche centrali, la ricerca evidenzia un rafforzamento della resilienza delle riserve attraverso maggiore diversificazione, quadri di risk management più robusti e un aumento dell’allocazione all’oro: il 47% prevede di accrescerla entro tre anni. L’oro viene visto come riserva politicamente neutrale e copertura contro rischi geopolitici, debito Usa e frammentazione globale. Inoltre, cresce l’uso di strumenti dinamici come ETF, swap e derivati: la quota di banche centrali che intende detenere derivati sull’oro raddoppierà dal 9% al 19% nei prossimi cinque anni.