Sunday View

Vecchi e nuovi lavori: come l’intelligenza artificiale riscrive la mappa delle competenze

Se da un lato l’AI sta già iniziando a rimpiazzare alcuni posti di lavoro, dall’altro crea una vera e propria gara delle aziende per cercarne di nuovi

di Lorenzo Cleopazzo 6 Luglio 2025 09:30

financialounge -  intelligenza artificiale sunday view
Non vogliamo, ma mettiamo il caso che volessimo. Non è così poi necessario, potremmo anche farne a meno, ma supponiamo che ci prendesse l’idea di farlo. In fondo non ci serve, ma se potesse tornarci utile?

No e poi no, approfondire i concetti filosofici di ‘umano’ o di ‘giusto’, significherebbe addentrarsi in un ginepraio assurdo, fatto di secoli di libri, di affermazioni che si contraddicono e di contraddizioni che concordano. Certo poteva essere bello: parlare di cos’è veramente ‘umano’ di fronte a una tecnologia sviluppata dagli esseri umani, che sostituisce gli esseri umani, ma che ha bisogno degli esseri umani per migliorarsi. Allora avremmo potuto chiederci se una cosa simile è davvero ‘giusta’, in senso etico, cercando di risolvere quelle non poche questioni che sorgono di fronte a un intreccio simile.
Avremmo potuto, ma forse è meglio cominciare subito col Sunday View di questa settimana. Quindi mettetevi comodi, accendete l’aria condizionata e godetevi questo rinfrescante domenicale!

PORTE GIREVOLI


È notizia di qualche giorno fa che Microsoft taglierà la propria forza-lavoro del 4%. Forse, detta così, può sembrare poco, ma stiamo parlando di circa novemila posti. Novemila, in tutto il mondo, a tutti i livelli e in tutti i settori aziendali. Questa mossa non è isolata, dato che già tra gennaio e maggio l’azienda di Bill Gates aveva annunciato la riduzione della sua forza-lavoro di quasi 10.000 soggetti.

“Tutta colpa dell’intelligenza artificiale” starete pensando, vero? Beh, sì e no. Anche perché se da una parte l’AI mette a rischio molte figure professionali, dall’altra ne crea di nuove. E queste sono iper-gettonate negli ultimi tempi.

Un esempio? Scale AI, l’azienda scelta - e controllata per il 49% - da Meta per sfidare OpenAI. Questa startup, nata a San Francisco nel 2016, ha una rete di collaboratori sparsa in tutto il mondo, arrivando a contare oltre centomila figure professionali incaricate di intervenire attivamente sui sistemi di intelligenza artificiale. Questo di Scale AI non è l’unico esempio di figure umane necessarie al miglioramento di sistemi informatici. Parliamo di Reinforcement Learning from Human Feedback, che, spiegato in parole semplici, sarebbe l’attività di controllo sulle risposte date da un modello di IA. Certo non basta controllare che il bot di turno scriva bene le doppie, ma c’è necessità di qualcuno che sappia come incanalare e migliorare le risposte. Si tratta di interagire con il sistema, dando feedback sempre più evoluti e complessi, al fine di migliorare l’AI. Quindi l’intelligenza artificiale starebbe tagliando posti di lavoro nelle grandi aziende, per “ridistribuirli” indirettamente a chi opera direttamente nei linguaggi dei bot che cancelleranno altri posti di lavoro. Un circolo vizioso in cui ci siamo infilati, e di cui ne parlava già qualcuno qualche tempo fa.

CHE BARBA


Uno come Karl Marx non ha bisogno di presentazioni, giusto? Tedesco, barba da Babbo Natale, e sguardo da chi vorrebbe rovesciare il capitalismo. Ecco, è lui. Lo stesso che sottolineava come la società fosse una continua relazione – o meglio, una prova di forza –tra chi possiede i mezzi di produzione e chi offre la propria forza-lavoro. In questo scenario dove il povero proletario perde sempre, Marx individua quella che chiama “Legge della miseria crescente”, e la definisce una verità storica, che si ripete sempre col passare degli anni pur con gli sviluppi tecnologici sempre differenti. In sostanza si tratta di un circolo vizioso molto simile a quello che abbiamo visto poco sopra: con l’innovazione tecnologica si riduce il bisogno di manodopera, ma il sistema non elimina il lavoro, bensì lo trasforma. Come? Creando posti di lavoro differenti, instabili e peggio retribuiti.

MALE MA NON MALISSIMO


Okay, forse Marx l’ha fatta un po’ più buia di quello che è. Anche perché in questo caso, le nuove figure cercate dalle aziende non sono certo dei poveri diavoli dell’ottocento che si accontentano di due spiccioli pur di lavorare! Anzi, parliamo di ricercatori e laureati in materie Stem, ma anche in quelle umanistiche. Questo perché ormai i linguaggi dell’IA hanno raggiunto un tale livello di complessità che c’è bisogno di qualcuno capace di renderli affidabili ed esperti in qualsiasi contesto. Altro che “miseria” marxiana, qui parliamo di progetti molto remunerativi per chi è in grado di fare valutazioni complesse e individuare delle falle che potrebbero compromettere un intero chatbot. E in questo continuo testa a testa tra i colossi del tech, nessuno può permettersi di perdere un solo centimetro, figurarsi mettere in dubbio l’affidabilità delle proprie AI.

BONUS TRACK


Parliamo di una gara, quindi. Una gara dove vince chi sfrutta meglio gli umani per rendere più umani i computer che sostituiranno gli umani. E se Marx parlava di una rivoluzione di proletari, qui rischiamo la rivoluzione dei macchinari.

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