Risiko bancario
Governance e fusione: i due nodi della scalata di Mps su Mediobanca ancora da chiarire
Montepaschi fissa al 35% la soglia minima per l'ops, ma per avere il pieno controllo di piazzetta Cuccia serve il 50%. E che ne sarà del marchio Mediobanca nel caso in cui i due istituti si fondessero?
di Davide Lentini 4 Luglio 2025 14:14

Con la pubblicazione del prospetto dell'ops da oltre 13 miliardi pubblicato ieri sera, prende forma la scalata di Mps su Mediobanca. Ma il quadro è tutt’altro che completo. Due aspetti, in particolare, restano ancora da chiarire: il controllo effettivo della governance di piazzetta Cuccia e la prospettiva di una fusione tra gli istituti. Due nodi sul tavolo che, per il mercato, potrebbero rappresentare un freno.
Nel prospetto dell'offerta di Montepaschi si legge che l’efficacia dell’ops stessa è subordinata al raggiungimento di una quota rappresentativa di almeno il 35% dei diritti di voto esercitabili in assemblea. Una soglia definita "non rinunciabile" e ben lontana dal più ambizioso 66,67% che garantirebbe il pieno controllo di piazzetta Cuccia. A inizio anno, appena annunciata la scalata, quel 66,67% sembrava la soglia minima da raggiungere per controllare l’assemblea straordinaria. "In teoria - scriveva il Corriere della Sera il 29 gennaio - Mps potrebbe accontentarsi anche del 51%, maggioranza necessaria a cambiare il cda di Mediobanca e a sprigionare i benefici fiscali delle dta". Oggi, invece, l'ad di Siena, Luigi Lovaglio, ha rivisto molto al ribasso il target e punta al 35%.
La quota indicata nel prospetto non risolve i dubbi sollevati dagli analisti, e da Mediobanca stessa, sul reale potere di governo che Mps potrà esercitare nel caso in cui non venga superato il 50% del capitale. Mps è comunque convinta che possa bastare, ritenendo che "l'acquisto di una partecipazione compresa tra il 35% e il 50% sia idonea a consentire di ottenere il controllo di fatto di piazzetta Cuccia, esercitando un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria e incidendo sul generale indirizzo della gestione". Insomma, Lovaglio si accontenterebbe per ora del "controllo di fatto", e non "di diritto". Conscio che questo vorrebbe dire che le sinergie e gli obiettivi strategici dell'offerta potrebbero essere raggiunti "con possibili variazioni e ritardi", come è messo nero su bianco nel prospetto. Secondo gli analisti, comunque, si tratterebbe di un obiettivo prudente con la convinzione di superarlo ampiamente.
Dai calcoli fatti, per avere la maggioranza nell'assemblea Mediobanca e un reale potere decisionale, a Mps occorre arrivare almeno al 42% del capitale. Un obiettivo che sembra comunque raggiungibile. Per la precisione, gli operatori indicano come soglia chiave il 45%, un livello che consentirebbe a Siena di consolidare progressivamente la propria influenza con incrementi annuali fino al 5%, come consentito dalla normativa. In questo modo già dopo un anno arriverebbe al 50%. Ad oggi l’ops può contare sul supporto esplicito di diversi soci: Delfin, col 19,7%, Caltagirone, col 9,9%, le casse di previdenza, con circa il 5,5%, Amundi e, secondo indiscrezioni, anche della famiglia Benetton. Questi numeri potrebbero teoricamente avvicinare Mps già alla soglia del 50%, ma la composizione frammentata dell’azionariato e l’assenza di un patto di sindacato rendono l’esito tutt’altro che scontato.
Arrivare al 50% sarebbe fondamentale per Mps non solo per esercitare il controllo di diritto dell'assemblea di Mediobanca, ma anche per ottenere benefici fiscali. Solo con il pieno controllo di piazzetta Cuccia, infatti, Mps avrebbe utili più consistenti e quindi una base imponibile più alta. E questo consentirebbe a Rocca Salimbeni di utilizzare 1,3 miliardi di crediti d'imposta in più, le dta, che altrimenti non potrebbe iscrivere a bilancio. Così facendo Siena arriverebbe a un totale di 2,9 miliardi di dta, con un beneficio di capitale di circa 500 milioni l'anno per 6 anni. In caso contrario, gli incassi andrebbero spalmati fino al 2036. Un passaggio indicato chiaramente nel prospetto dell'ops: "La richiamata accelerazione nell'utilizzo delle dta deve intendersi subordinata all'acquisizione da parte di Mps di una partecipazione superiore al 50% nel capitale di Mediobanca".
Un altro nodo da sciogliere se l'ops di Mps andrà in porto riguarda la possibile fusione tra i due gruppi. Nel prospetto Mps non esclude uno scenario di integrazione piena, che porterebbe alla nascita di un terzo polo bancario con forte diversificazione tra credito, risparmio gestito e assicurazioni. Tuttavia, la fusione non è un passaggio automatico e richiederebbe un nuovo round di valutazioni, soprattutto in termini di governance e integrazione operativa. In caso di perfezionamento dell'offerta, Mps intende comunque procedere al delisting del titolo Mediobanca. "Indipendentemente da questo atto - si legge nel prospetto - Mps non esclude di poter valutare in futuro la realizzazione di eventuali operazioni straordinarie e o di riorganizzazione societaria e aziendale che dovessero essere ritenute opportune, in linea con gli obiettivi e le motivazioni dell'offerta, ivi inclusa l'eventuale fusione per incorporazione di Mediobanca in Banca Mps o in altra società del gruppo Mps".
Ma la fusione pone anche interrogativi delicati, come il destino della partecipazione in Generali. Siena definisce la quota come "prettamente finanziaria", ma si riserva una valutazione più approfondita in futuro, anche alla luce delle sinergie potenziali con Banca Generali, oggetto di ops da parte di Mediobanca. Nel prospetto è spiegato che la scalata "sembrerebbe in potenza coerente con il razionale strategico" dell'offerta di Mps su piazzetta Cuccia. Tuttavia, alla luce dell'assemblea di Mediobanca propedeutica all'operazione su Banca Generali slittata al 25 settembre, per Mps c'è ancora "incompletezza del quadro informativo" e per questo si riserva di valutarla più compiutamente "alla luce di tutte le informazioni rilevanti che si renderanno di volta in volta disponibili".
In definitiva, l’ops di Mps su Mediobanca è un’operazione senza precedenti nel panorama bancario italiano recente, ma resta ancora parzialmente in sospeso su due pilastri fondamentali: la governance effettiva post-offerta e l’eventuale fusione. Fino a quando questi aspetti non saranno chiariti non è escluso che il mercato resterà in attesa e gli investitori, soprattutto istituzionali, valuteranno con cautela ogni sviluppo.
OPS MPS, IL NODO DELLA GOVERNANCE
Nel prospetto dell'offerta di Montepaschi si legge che l’efficacia dell’ops stessa è subordinata al raggiungimento di una quota rappresentativa di almeno il 35% dei diritti di voto esercitabili in assemblea. Una soglia definita "non rinunciabile" e ben lontana dal più ambizioso 66,67% che garantirebbe il pieno controllo di piazzetta Cuccia. A inizio anno, appena annunciata la scalata, quel 66,67% sembrava la soglia minima da raggiungere per controllare l’assemblea straordinaria. "In teoria - scriveva il Corriere della Sera il 29 gennaio - Mps potrebbe accontentarsi anche del 51%, maggioranza necessaria a cambiare il cda di Mediobanca e a sprigionare i benefici fiscali delle dta". Oggi, invece, l'ad di Siena, Luigi Lovaglio, ha rivisto molto al ribasso il target e punta al 35%.
CONTROLLO DI FATTO E NON DI DIRITTO
La quota indicata nel prospetto non risolve i dubbi sollevati dagli analisti, e da Mediobanca stessa, sul reale potere di governo che Mps potrà esercitare nel caso in cui non venga superato il 50% del capitale. Mps è comunque convinta che possa bastare, ritenendo che "l'acquisto di una partecipazione compresa tra il 35% e il 50% sia idonea a consentire di ottenere il controllo di fatto di piazzetta Cuccia, esercitando un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria e incidendo sul generale indirizzo della gestione". Insomma, Lovaglio si accontenterebbe per ora del "controllo di fatto", e non "di diritto". Conscio che questo vorrebbe dire che le sinergie e gli obiettivi strategici dell'offerta potrebbero essere raggiunti "con possibili variazioni e ritardi", come è messo nero su bianco nel prospetto. Secondo gli analisti, comunque, si tratterebbe di un obiettivo prudente con la convinzione di superarlo ampiamente.
SU CHI PUÒ CONTARE L'OPS MPS SU MEDIOBANCA
Dai calcoli fatti, per avere la maggioranza nell'assemblea Mediobanca e un reale potere decisionale, a Mps occorre arrivare almeno al 42% del capitale. Un obiettivo che sembra comunque raggiungibile. Per la precisione, gli operatori indicano come soglia chiave il 45%, un livello che consentirebbe a Siena di consolidare progressivamente la propria influenza con incrementi annuali fino al 5%, come consentito dalla normativa. In questo modo già dopo un anno arriverebbe al 50%. Ad oggi l’ops può contare sul supporto esplicito di diversi soci: Delfin, col 19,7%, Caltagirone, col 9,9%, le casse di previdenza, con circa il 5,5%, Amundi e, secondo indiscrezioni, anche della famiglia Benetton. Questi numeri potrebbero teoricamente avvicinare Mps già alla soglia del 50%, ma la composizione frammentata dell’azionariato e l’assenza di un patto di sindacato rendono l’esito tutt’altro che scontato.
I BENEFICI FISCALI SE L'OPS RAGGIUNGE IL 50%
Arrivare al 50% sarebbe fondamentale per Mps non solo per esercitare il controllo di diritto dell'assemblea di Mediobanca, ma anche per ottenere benefici fiscali. Solo con il pieno controllo di piazzetta Cuccia, infatti, Mps avrebbe utili più consistenti e quindi una base imponibile più alta. E questo consentirebbe a Rocca Salimbeni di utilizzare 1,3 miliardi di crediti d'imposta in più, le dta, che altrimenti non potrebbe iscrivere a bilancio. Così facendo Siena arriverebbe a un totale di 2,9 miliardi di dta, con un beneficio di capitale di circa 500 milioni l'anno per 6 anni. In caso contrario, gli incassi andrebbero spalmati fino al 2036. Un passaggio indicato chiaramente nel prospetto dell'ops: "La richiamata accelerazione nell'utilizzo delle dta deve intendersi subordinata all'acquisizione da parte di Mps di una partecipazione superiore al 50% nel capitale di Mediobanca".
L'INCOGNITA FUSIONE TRA MPS E MEDIOBANCA
Un altro nodo da sciogliere se l'ops di Mps andrà in porto riguarda la possibile fusione tra i due gruppi. Nel prospetto Mps non esclude uno scenario di integrazione piena, che porterebbe alla nascita di un terzo polo bancario con forte diversificazione tra credito, risparmio gestito e assicurazioni. Tuttavia, la fusione non è un passaggio automatico e richiederebbe un nuovo round di valutazioni, soprattutto in termini di governance e integrazione operativa. In caso di perfezionamento dell'offerta, Mps intende comunque procedere al delisting del titolo Mediobanca. "Indipendentemente da questo atto - si legge nel prospetto - Mps non esclude di poter valutare in futuro la realizzazione di eventuali operazioni straordinarie e o di riorganizzazione societaria e aziendale che dovessero essere ritenute opportune, in linea con gli obiettivi e le motivazioni dell'offerta, ivi inclusa l'eventuale fusione per incorporazione di Mediobanca in Banca Mps o in altra società del gruppo Mps".
IL FUTURO DELL'OPS SU BANCA GENERALI
Ma la fusione pone anche interrogativi delicati, come il destino della partecipazione in Generali. Siena definisce la quota come "prettamente finanziaria", ma si riserva una valutazione più approfondita in futuro, anche alla luce delle sinergie potenziali con Banca Generali, oggetto di ops da parte di Mediobanca. Nel prospetto è spiegato che la scalata "sembrerebbe in potenza coerente con il razionale strategico" dell'offerta di Mps su piazzetta Cuccia. Tuttavia, alla luce dell'assemblea di Mediobanca propedeutica all'operazione su Banca Generali slittata al 25 settembre, per Mps c'è ancora "incompletezza del quadro informativo" e per questo si riserva di valutarla più compiutamente "alla luce di tutte le informazioni rilevanti che si renderanno di volta in volta disponibili".
LE REAZIONI DEL MERCATO ALL'OPS MPS
In definitiva, l’ops di Mps su Mediobanca è un’operazione senza precedenti nel panorama bancario italiano recente, ma resta ancora parzialmente in sospeso su due pilastri fondamentali: la governance effettiva post-offerta e l’eventuale fusione. Fino a quando questi aspetti non saranno chiariti non è escluso che il mercato resterà in attesa e gli investitori, soprattutto istituzionali, valuteranno con cautela ogni sviluppo.
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