Risiko bancario
L'antitrust Ue pronto a dare l'ok a UniCredit a dismettere 209 filiali Bpm se l'ops va in porto
La DgComp darebbe il via libera a chiudere gli sportelli del Banco in Triveneto per evitare il rischio concentrazione. Il 9 luglio attesa la sentenza del Tar sul ricorso di piazza Gae Aulenti sul golden power
di Davide Lentini 19 Giugno 2025 11:05

Un primo spiraglio importante nel dossier legato all'ops di UniCredit su Banco Bpm potrebbe aprirsi già nelle prossime ore da Bruxelles. Secondo fonti interne al DgComp, la stessa Direzione generale per la Concorrenza della Commissione europea si starebbe orientando verso una decisione favorevole alla cessione degli sportelli Bpm. Ovviamente se verrà approvata la fusione tra i due istituti. Non c’è ancora nulla di ufficiale, ma secondo quanto riporta oggi Repubblica, gli insider parlano di una crescente disponibilità dell’Antitrust europeo ad accettare i remedies già messi sul tavolo da UniCredit, in particolare la dismissione di circa 209 filiali. Un pacchetto che rappresenta il 14% della rete combinata post-fusione, prevalentemente localizzate nel Nord Est, tra Verona e il Triveneto.
Il nodo più delicato per Bruxelles riguarda il rischio di eccessiva concentrazione in alcune aree geografiche, dove sia UniCredit che Banco Bpm vantano una storica presenza. La zona di Verona è emblematica, con l’eredità della ex Cariverona da un lato e della Popolare di Verona dall’altro. La cessione di sportelli in quest’area servirebbe proprio a sciogliere questo groviglio concorrenziale. La DgComp avrebbe accolto con favore la proposta di UniCredit non solo per la coerenza geografica, ma anche per l’equilibrio finanziario. Assieme agli sportelli, verrebbero ceduti circa 10 miliardi di depositi e 12 miliardi di prestiti, mantenendo intatto il rapporto depositi/impieghi.
Altra voce che rimbalza dai corridoi di Bruxelles riguarda il tema della competenza: l’Italia aveva chiesto, in base all’articolo 9 del regolamento europeo, che l’indagine sulla concorrenza venisse trattata dall’antitrust nazionale, vista la natura domestica dell’operazione. Ma in questo caso l’elemento che starebbe pesando maggiormente è il profilo internazionale di UniCredit, considerata banca sistemica europea, con oltre il 65% del proprio business fuori dall’Italia. Questo, secondo fonti non ufficiali, rafforzerebbe l’intenzione della Commissione di mantenere il dossier sotto controllo diretto.
Tutto lascia intendere che, almeno sul fronte concorrenza, si vada verso un disco verde condizionato. Ma il vero ostacolo resta il golden power, contenente le quattro prescrizioni imposte dal governo e messo, a detta di UniCredit, per ostacolare l'ops su Bpm. La più discussa riguarda l’uscita di UniCredit dalla Russia, ma anche il numero di titoli italiani in pancia ad Anima, il project financing e il rapporto depositi/impieghi hanno suscitato perplessità a Bruxelles. Su questi punti, la DgComp dovrà esprimersi a parte, in base all’articolo 21 del regolamento sulle concentrazioni. Se, come trapela da alcune fonti vicine ai legali di UniCredit, Bruxelles dovesse giudicare le condizioni italiane sproporzionate o discriminatorie, la decisione avrebbe effetto immediato e ribalterebbe l’onere della prova sul governo italiano, chiamato eventualmente a ricorrere alla Corte di Giustizia.
Tutto dipende dal timing. Il 9 luglio il Tar si esprimerà proprio sulle condizioni imposte dal governo a UniCredit. Se entro quella data Bruxelles dovesse pronunciarsi anche sulla questione del golden power, gli effetti potrebbero essere decisivi per l’avanzamento dell’ops e per la strategia di Andrea Orcel. Intanto, però, il “segnale” sul via libera alle cessioni di sportelli viene interpretato come un primo passo verso una normalizzazione del processo. Come sempre, quando si tratta di grandi fusioni bancarie, nulla è scontato. Ma da Bruxelles qualcosa si muove. E il vento, almeno per ora, sembra soffiare in direzione UniCredit.
VIA LIBERA ALLA CHIUSURA SPORTELLI BPM IN TRIVENETO
Il nodo più delicato per Bruxelles riguarda il rischio di eccessiva concentrazione in alcune aree geografiche, dove sia UniCredit che Banco Bpm vantano una storica presenza. La zona di Verona è emblematica, con l’eredità della ex Cariverona da un lato e della Popolare di Verona dall’altro. La cessione di sportelli in quest’area servirebbe proprio a sciogliere questo groviglio concorrenziale. La DgComp avrebbe accolto con favore la proposta di UniCredit non solo per la coerenza geografica, ma anche per l’equilibrio finanziario. Assieme agli sportelli, verrebbero ceduti circa 10 miliardi di depositi e 12 miliardi di prestiti, mantenendo intatto il rapporto depositi/impieghi.
A CHI SPETTA DECIDERE SULL'OPS UNICREDIT SU BPM
Altra voce che rimbalza dai corridoi di Bruxelles riguarda il tema della competenza: l’Italia aveva chiesto, in base all’articolo 9 del regolamento europeo, che l’indagine sulla concorrenza venisse trattata dall’antitrust nazionale, vista la natura domestica dell’operazione. Ma in questo caso l’elemento che starebbe pesando maggiormente è il profilo internazionale di UniCredit, considerata banca sistemica europea, con oltre il 65% del proprio business fuori dall’Italia. Questo, secondo fonti non ufficiali, rafforzerebbe l’intenzione della Commissione di mantenere il dossier sotto controllo diretto.
L'INCOGNITA GOLDEN POWER SULL'OPS
Tutto lascia intendere che, almeno sul fronte concorrenza, si vada verso un disco verde condizionato. Ma il vero ostacolo resta il golden power, contenente le quattro prescrizioni imposte dal governo e messo, a detta di UniCredit, per ostacolare l'ops su Bpm. La più discussa riguarda l’uscita di UniCredit dalla Russia, ma anche il numero di titoli italiani in pancia ad Anima, il project financing e il rapporto depositi/impieghi hanno suscitato perplessità a Bruxelles. Su questi punti, la DgComp dovrà esprimersi a parte, in base all’articolo 21 del regolamento sulle concentrazioni. Se, come trapela da alcune fonti vicine ai legali di UniCredit, Bruxelles dovesse giudicare le condizioni italiane sproporzionate o discriminatorie, la decisione avrebbe effetto immediato e ribalterebbe l’onere della prova sul governo italiano, chiamato eventualmente a ricorrere alla Corte di Giustizia.
IL 9 LUGLIO SENTENZA DEL TAR SUL RICORSO UNICREDIT
Tutto dipende dal timing. Il 9 luglio il Tar si esprimerà proprio sulle condizioni imposte dal governo a UniCredit. Se entro quella data Bruxelles dovesse pronunciarsi anche sulla questione del golden power, gli effetti potrebbero essere decisivi per l’avanzamento dell’ops e per la strategia di Andrea Orcel. Intanto, però, il “segnale” sul via libera alle cessioni di sportelli viene interpretato come un primo passo verso una normalizzazione del processo. Come sempre, quando si tratta di grandi fusioni bancarie, nulla è scontato. Ma da Bruxelles qualcosa si muove. E il vento, almeno per ora, sembra soffiare in direzione UniCredit.
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