Lo scenario

Escalation Israele-Iran: Neuberger Berman analizza le forniture energetiche a rischio

L'infrastruttura regionale rimane una delle principali vulnerabilità ma il rischio più grave è lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale transita ogni giorno circa il 20% del petrolio mondiale e una quota significativa di GNL

di Leo Campagna 16 Giugno 2025 14:53

financialounge -  energia iran israele Neuberger Berman petrolio
Un'impennata di oltre il 6% nei primi scambi, uno dei maggiori movimenti percentuali in un solo giorno dall'inizio del conflitto tra Russia e Ucraina. E’ il rally registrato dal prezzo del petrolio Brent subito dopo l’attacco di Israele all’Iran. A preoccupare gli investitori internazionali sono le possibili interruzioni del corridoio energetico più importante al mondo. Ne hanno risentito anche i mercati del gas naturale. “Negli ultimi anni l’Europa ha diversificato le fonti di approvvigionamento ma rimane molto sensibile a qualsiasi minaccia ai flussi dei principali produttori del Golfo o all'aumento dei rischi per la navigazione attraverso lo Stretto di Hormuz” spiega il Commodity team di Neuberger Berman.

QUALI FORNITURE DI PETROLIO SONO A RISCHIO


Mentre l'oro ha svolto il suo ruolo di bene rifugio, con un rialzo di oltre il 2% overnight, ci si interroga sulle possibili evoluzioni del conflitto e su quali forniture siano a rischio. “L'Iran esporta in media intorno a 1,5 milioni di barili al giorno, soprattutto verso l’Asia (con la Cina come principale acquirente). Le esportazioni partono principalmente dall'isola di Kharg, un sito altamente vulnerabile agli attacchi aerei e missilistici. Se fosse colpito da Israele, una parte significativa delle esportazioni iraniane potrebbe essere interrotta, almeno temporaneamente, eliminando un'importante fonte di approvvigionamento che ha contribuito a stabilizzare il mercato negli ultimi mesi” riferiscono gli esperti del team.

LO STRETTO DI HORMUZ


L'Iran ha diverse potenziali opzioni di ritorsione, limitando direttamente o indirettamente le forniture dal Medio Oriente. Per farlo potrebbe persino chiudere lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale transita ogni giorno circa il 20% del petrolio mondiale e una quota significativa di GNL. “Una chiusura totale dello Stretto appare comunque improbabile” commentano i manager del Commodity team di Neuberger Berman.

LE RELAZIONI STRATEGICHE DI TEHERAN


Secondo i quali sarebbe una mossa capace di compromettere le relazioni strategiche di Teheran. Infatti la maggior parte del petrolio e del GNL che transitano per Hormuz sono destinati ai mercati asiatici, soprattutto alla Cina, che è un partner cruciale per l'Iran. “Riteniamo più probabile l’utilizzo di tattiche in grado di creare incertezza e volatilità – come danneggiamenti alle navi, sabotaggi e l'aumento dei costi assicurativi – senza chiudere completamente lo stretto” sottolineano i professionisti del team.

LA VULNERABILITÀ DELL’INFRASTRUTTURA ENERGETICA REGIONALE


In ogni caso una delle principali vulnerabilità resta l'infrastruttura energetica regionale, con l'Iran e gli altri Paesi del Golfo che evidenziano giacimenti petroliferi critici, raffinerie e terminali di esportazione a portata di azione militare. “Un attacco a una qualsiasi di queste risorse – tramite missili, sabotaggio o mezzi informatici – potrebbe rapidamente mettere fuori uso milioni di barili al giorno” specifica il team.

LE CRITICITÀ DEL MERCATO DEL GAS


Per quanto riguarda invece il mercato del gas, è vero che in Europa si osserva un miglioramento degli stoccaggi e della diversificazione delle importazioni di GNL. Tuttavia questa ‘protezione’ risulterebbe poco efficace nel caso di una qualsiasi interruzione dei flussi di GNL del Qatar attraverso il Golfo che avrebbe ripercussioni globali, costringendo l'Europa e l'Asia a contendersi in modo più aggressivo i carichi disponibili.

PETROLIO, CRUCIALE LA POLITICA DELL’OPEC+


Secondo il Commodity team di Neuberger Berman sarà cruciale la politica dell’OPEC+ nell’ambito delle domanda e dell'offerta. “Nel caso in cui Teheran fosse impossibilitata a esportare petrolio la capacità di riserva dell'OPEC+ (stimata in circa 3-4 milioni di barili al giorno) potrebbe esaurirsi rapidamente. Se il conflitto nella regione si intensificasse al punto da comportare l’interruzione di forniture regionali più vaste, supererebbe rapidamente questo cuscinetto e farebbe salire i prezzi di molto. Per contro, va detto che la domanda di petrolio resta sostenuta, a mano a mano che i rischi tariffari svaniscono, che la stagione estiva di viaggio e di guida entra nel vivo mentre le scorte in molte regioni al di sotto delle medie storiche” conclude il team.

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