Lo scenario

Usa-Cina: tregua commerciale sui dazi o preludio a un nuovo disaccoppiamento?

Secondo PGIM Fixed Income l'accordo di Ginevra sulle tariffe non sarà definitivo. Gli Stati Uniti spingeranno per un disaccoppiamento strategico in settori chiave cercando di isolare Pechino dagli accordi globali

di Davide Lentini 28 Maggio 2025 13:28

financialounge -  dazi Usa PGIM Fixed Income Scontro Usa Cina Shikeb Farooqui
Torna al centro della scena economica globale il delicato equilibrio tra Stati Uniti e Cina. Il temporaneo “reset di Ginevra” sui dazi Usa segna una svolta strategica nei negoziati, ma non sancisce la pace commerciale. Piuttosto, inaugura una nuova fase, più sofisticata e meno conflittuale solo in apparenza. Secondo Shikeb Farooqui, Lead Economist Asia di PGIM Fixed Income, “gli Stati Uniti e la Cina stanno elegantemente abbandonando un costoso gioco di ‘braccio di ferro’ per passare a una ‘caccia al cervo’”. Una metafora mutuata dalla teoria dei giochi in cui la cooperazione, più della competizione, diventa la strategia vincente per entrambi. In questa logica, le due potenze “competono per ottenere gratificazioni immediate, ma gli interessi a lungo termine sono meglio soddisfatti quando le decisioni chiave ruotano attorno, appunto, al concetto di cooperazione”.

RESTA IL RISCHIO DAZI USA ALL'80%


Il compromesso raggiunto a Ginevra prevede una tariffa media statunitense del 50% sulle importazioni cinesi, con possibilità di riduzioni in base ai risultati negoziali. Ma il margine di rischio rimane elevato. “Il livello medio dei dazi imposti dagli Stati Uniti alla Cina - avverte Farooqui - potrebbe salire all’80% se, alla fine dei 90 giorni, l’offerta della Cina non fosse all’altezza delle aspettative”. Lo scenario più aggressivo prevede dazi del 20% su prodotti sensibili come il fentanil e del 10% sui beni di largo consumo. Ma anche l'abolizione delle esenzioni sui microchip e tariffe del 25% su settori strategici sotto indagine, oltre a un ulteriore 10% su tutti gli altri comparti.

LA CINA RISPONDE AI DAZI USA CON STIMOLI


Pechino non intende cedere alla politica americana del “might is right”. “Anzi - osserva ancora Shikeb Farooqui - la Cina vuole dissipare l’idea che gli Stati Uniti abbiano il predominio nell’escalation” e intende “contrastare la ‘certain uncertainty’ di Trump con la ‘certezza delle politiche’ a livello nazionale e globale”. Il Congresso del Popolo ha già reagito fissando un obiettivo di crescita per il 2025 di circa il 5%, sostenuto da uno stimolo fiscale netto pari al 2% del Pil. Inoltre, la PBoC ha annunciato nuove misure di supporto per l’1,5% del Pil. Il focus sarà su edilizia residenziale, innovazione tecnologica, settore auto, PMI e servizi. Secondo PGIM, la Cina “potrebbe ottenere un moltiplicatore fiscale a breve termine pari a 0,5x, che potrebbe rafforzarsi fino a 0,8x nel medio termine con un mix fiscale adeguato”.

PREVISIONI DI CRESCITA CINESE AL 4,2%


PGIM stima che la crescita cinese nel 2025 si attesterà al 4,2%, con una soglia di recessione fissata al 3%. Se le tariffe Usa dovessero superare il 60%, potrebbero scatenarsi “non linearità e circoli viziosi”. Anche perché le esportazioni verso gli Usa rappresentano ancora circa il 3% del Pil e l’8% dell’occupazione manifatturiera cinese.

L'ILLUSIONE DEL DISACCOPPIAMENTO


Nonostante la retorica del decoupling la realtà è più sfumata. Le importazioni dirette statunitensi dalla Cina sono in calo dal 2019, ma il trasferimento della produzione in Paesi come India, Vietnam e Messico ha lasciato intatta la dipendenza di fondo. “Il solo reset di Ginevra difficilmente ridurrà la dipendenza commerciale complessiva tra Stati Uniti e Cina”, ammette Farooqui. E anche se gli Usa spingessero per escludere la Cina da nuovi accordi bilaterali, le aziende occidentali resterebbero legate a Pechino, soprattutto per l’hardware tecnologico e i beni avanzati. “La Cina è l’unico Paese in grado di aggiungere valore alla produzione in tutto lo spettro del commercio globale”.

RISCHIO DUMPING PER AGGIRARE I DAZI USA


Secondo PGIM l’incremento dell’export cinese per aggirare i dazi potrebbe generare nuove tensioni a livello globale. I dati dell’aprile 2025 mostrano che Europa e Asia sono particolarmente esposte all’invasione di prodotti cinesi a basso costo. Una dinamica che alimenta i timori di dumping disinflazionistico, anche se Pechino appare sensibile alla percezione di sé come esportatrice aggressiva.

GLI USA SI DISACCOPPIERANNO IN SETTORI STRATEGICI


Ci vorrà quindi tempo per il riassetto delle relazioni tra Stati Uniti e Cina. "Sarà un processo pluriennale”, sostiene Farooqui. L’accordo di Ginevra ha prodotto una struttura tariffaria più sostenibile e ha evitato l’escalation immediata, ma la partita resta aperta. Gli Usa spingeranno per un disaccoppiamento strategico in settori chiave, cercando di isolare la Cina dagli accordi globali. Pechino, dal canto suo, mira a preservare le proprie ambizioni geostrategiche rafforzando i legami con il Sud globale e posizionandosi come alternativa all’ordine statunitense. “Prevediamo che nel medio-lungo termine gli Stati Uniti cercheranno di disaccoppiarsi in settori strategici fondamentali”, conclude Farooqui. “Tuttavia, in una ‘caccia al cervo’ globale, la dipendenza degli Stati Uniti e dei loro partner commerciali dalla Cina significa che potrebbero dover tollerare catene di approvvigionamento biforcate in settori non strategici nel prossimo futuro”.

 

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