Il retroscena

Fincantieri e Sauditi per il controllo del Mar Rosso

Cresce il numero delle acquisizioni e degli accordi che gruppi come Saipem e Fincantieri hanno portato a termine, con un unico scopo: puntare al controllo dei fondali marini che dall’Italia arrivano in India. Ecco come e perchè

di Paolo Gila 23 Maggio 2025 17:13

financialounge -  difesa Fincantieri saipem Saudi Red Sea
Che siano tempi di pace o tempi di guerra, i prossimi anni richiederanno maggiore attenzione su temi come la difesa e la sicurezza. E mentre una parte della filiera produttiva sta sviluppando sofisticati mezzi di protezione basati su impianti missilistici, rilevazioni satellitari e velivoli senza pilota, da qualche tempo in Italia si assiste a un progressivo avanzamento delle tecnologie “underwater”, così definite perché specializzate nell’ispezione subacquea. In quest’ottica si deve leggere e comprendere l’accordo siglato tra la filiale araba di Fincantieri e il Ministero Saudita del Turismo per avviare un monitoraggio della costa del Mar Rosso e che, in termini di intelligence, deve essere interpretato come “controllo e difesa dal fondo del canale di Suez”. L’aveva già pronosticato il nostro ministro degli esteri Antonio Tajani alcuni giorni fa, quando precisò che sono in atto iniziative per “rendere sicure le vie commerciali tra Mediterraneo, Medio Oriente e India”. E’ la Via del Cotone, l’alternativa occidentale alla visione cinese della Via della Seta, che prende corpo anche nelle profondità oceaniche.

ABISSI ULTIMA FRONTIERA


Le profondità marine sono solcate da sottomarini, ma sono anche visitate da apparecchiature robotiche. Sono gli idro-droni, in grado di sorvegliare i punti più nascosti nei fiordi, nelle cavità e negli anfratti sotto il livello del mare. Saipem ha una società dedicata, la Sonsub, con sedi a Marghera e a Trieste, che progetta e produce sistemi come Hy-drone, in grado di spostarsi fino a 3 mila metri di profondità e che grazie a un sistema di batterie ricaricabili è in grado di muoversi in un raggio di 100 chilometri per 12 mesi. Una vera e propria arma difensiva strategica perché, oltre a fornire servizi di monitoraggio e di riparazione delle infrastrutture offshore – pensiamo agli impianti petroliferi – può intervenire in casi di emergenza come la riparazione dei cavi sottomarini, di gasdotti e oleodotti che serpeggiano nei fondali. Oppure sorvegliare le aree di competenza, registrare anomalie o strane presenze.

DIFESA, ACCORDI SOMMERSI


Il primo tra i più grandi passi è stato compiuto tra italiani e norvegesi che a febbraio hanno annunciato la nascita di un colosso di rilevanza mondiale in questo settore. L’accordo di fusione tra la milanese Saipem e la Subsea7 di Oslo darà vita entro l’anno prossimo a Saipem7. Si tratta di un gruppo dell’ingegneria energetica da 20 miliardi di euro di ricavi con 45 mila dipendenti di cui 30 mila dipendenti di Saipem. Subsea7 è controllata da Siem Industries, fondata nel 1980 da Kristian Siem, che ha avuto un ruolo chiave nella definizione dell’alleanza italo-norvegese. I due gruppi saranno soci paritari al 50% della nuova società, che avrà sede a Milano, con quotazione a Piazza Affari e alla borsa di Oslo. In tempo di pace gli Hy-Drone di Sonsub saranno al servizio di Saipem7, per garantire, tra l’altro, la sicurezza degli impianti di estrazione.

E IN CASO DI GUERRA?


Se per qualche ragione dovessero crescere le tensioni nel Mediterraneo, alcuni punti nevralgici potrebbero essere a rischio. Ecco che per porvi rimedio si è mossa con largo anticipo un altro gruppo, Fincantieri, alla ribalta con questo ultimo annuncio. Nel giro di pochi mesi, dall’inizio dell’anno, il colosso di Trieste ha svolto un accordo strategico con Graal Tech (sistemi meccatronici acquatici). Si è poi aggiunta l’acquisizione da Leonardo della linea UAS (sistemi d’arma sottomarini). Fino al recentissimo annuncio, appunto, di una alleanza con Saudi Arabia Red Sea per la sorveglianza delle profondità del Mar Rosso, importante canale di flusso mercantile da Oriente al Mediterraneo attraverso il canale di Suez.

L’OMBRELLO DELLA NATO


L’accelerazione degli accordi in campo “underwater”, un settore che secondo gli analisti sfiorerà nei prossimi anni il miliardo di euro di giro d’affari solo in Italia, lascia supporre che esista una visione di insieme che, accanto agli affari economici, soddisfi anche le esigenze di difesa militare su larga scala. Non ne ha fatto mistero Pierroberto Folgiero. L’amministratore delegato di Fincantieri, in occasione dell’annuncio dell’integrazione di UAS disse che occorre “puntare sulle potenzialità civili e militari ancora inesplorate del dominio subacqueo”. Ecco la nuova offerta: la fornitura di sistemi subacquei di sorveglianza che possano funzionare con egregia semplicità tanto in tempo di pace quanto in tempo di guerra.

DA CHI VIENE LA DOMANDA


Sono governi e società specializzate a trainare la richiesta di droni di profondità, per la sicurezza di infrastrutture strategiche. L’esempio tipico è rappresentato dai cavi di trasmissione sottomarini di TIM Sparkle. Da Napoli si diramano due gradi direttrici di comunicazione: da una parte verso New York e dall’altra verso Israele, via Cipro. Questa dorsale subacquea di comunicazione deve essere difesa, ad ogni costo e in qualsiasi evenienza. E ciò spiega anche perché l’avanzata dei capitali francesi di Vincent Bollorè -che mirava a conquistare Telecom Italia - doveva essere fermata. L’alleanza tra Italia, Usa e Israele per la gestione del traffico dati via mare era nata nel 2001 con il Progetto Lev, poi diventato Nautilus. Agli inizi della primavera di quest’anno il ministero degli affari economici israeliano ha dichiarato di “autorizzare l’ingresso della rete Blue & Raman di Telecom Italia Sparkle in Israele”.

UNIRE I PUNTINI IN MARE


Il piano economico-finanziario (che aveva avuto il suo fulcro nel caso della cessione di Sparkle) e quello geopolitico-difensivo (per la pace e la sicurezza nell’area sud europea), trovano compimento pratico nello sviluppo di una competenza specifica del Made in Italy nel Mediterraneo: il controllo e la sorveglianza degli impianti e dei territori sottomarini, con droni e apparecchiature robotiche per uso civile e per uso militare. Perché nel futuro prossimo venturo l’area marittima tra il Nord Africa e il Sud Europa potrebbe caricarsi di tensione. Meglio avere le barriere difensive pronte anche laddove lo sguardo non si posa. Come nelle viscere del mare, da sempre luogo di mostri e di mistero.

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