Weekly Bulletin

Moody’s aumenta il pressing sul debito Usa, Trump cerca vie d’uscita arabe

È la terza perdita della tripla A dopo S&P e Fitch, gli investitori chiedono un premio molto alto per detenere Treasury. The Donald cerca una soluzione dagli investimenti di Sauditi e Emirati

di Stefano Caratelli 19 Maggio 2025 08:13

financialounge -  Debito Usa Emirati Arabi Uniti investimenti Investopia moody's Weekly Bulletin
La parabola trentennale della politica estera americana continua a passare per il Medio Oriente e il Golfo in particolare. Il filo conduttore non è più l’esportazione forzata della democrazia, culminata nella “fuga” di Biden dall’Afghanistan, ma l’importazione di investimenti per migliaia di miliardi di dollari. Proprio da chi ne ha pieni i forzieri, come Sauditi e Emirati, senza andare troppo per il sottile sulle credenziali democratiche di quanti sono disposti a metterli al servizio del rilancio economico e industriale degli USA. La svolta è impressa da Donald Trump. Proprio mentre anche Moody’s, dopo S&P nel 2011 in piena era Obama, e Fitch un paio d’anni fa ai tempi di Biden, ha tolto la terza “A” al rating di Washington, coerentemente con il peggioramento dell’outloook deciso un anno fa, quando la presidenza era ancora in mani Dem e Kamala Harris sembrava destinata a confermarla.

LA CORSA DEL DEBITO USA CON TUTTE LE AMMINISTRAZIONI


Molti leggono il downgrade di Moody’s, che però è passata a un outlook stabile da negativo, come una “punizione” per la politica “dissennata” di Trump su dazi e spesa federale, destinata a far salire inflazione e deficit, per finanziare i tagli alle tasse promessi. Ma l’impennata del debito USA ha una lunga storia. Attraversa sia le presidenze Dem che Rep, come mostra il grafico qui sotto ripreso da BBC, con una serie di impennate dalla fine del primo decennio del secolo, dovute agli stimoli fiscali decisi per contrastare la crisi finanziaria prima e l’effetto Covid poi, costringendo a continui aggiustamenti del tetto all’indebitamento, sospeso nel 2023 e reintrodotto a gennaio di quest’anno al livello record di 36.100 miliardi di dollari.



PER RIDURRE IL DEBITO, ACCORDI MILIARDARI CON SAUDITI, EMIRATI E QATAR


Il risultato è che gli investitori USA e globali chiedono un premio sempre più elevato per comprare Treasury. Il rendimento sui 10 anni si è di recente riavvicinato al 4,5%, quasi 200 punti base di più di quanto si chiede alla Germania e quasi 100 rispetto all’Italia. Trump non rinuncia alla costosa promessa di tagliare le tasse. Il gettito da dazi è incerto, le stime oscillano da un giorno all’altro, in scia alle varie trattative in corso con i principali partner commerciali, e Trump deve inventarsi qualcosa di nuovo e inedito. Sta tentando di farlo andando a cercare i dollari che gli servono dove sono custoditi, nei forzieri di Arabia Saudita, Emirati e anche Qatar. Il presidente USA, a conclusione del suo tour nei ricchi Paesi del Golfo di settimana scorsa, conta di portare a casa un paio di migliaia di miliardi di dollari grazie alla combinazione di una serie di accordi, tra cui un mega-ordine di aerei Boeing, contratti di acquisto nella difesa, nei dati, e in varie tecnologie made in USA, più forniture di gas.

UN RILANCIO NEL SOLCO NEL PRIMO MANDATO DI TRUMP


La Reuters calcola che il conto di quelli verificabili, escludendo i semplici memorandum, non arrivi a mille miliardi, comunque non pochi. Si tratta in ogni caso di oltre il doppio di quanto Trump aveva portato a casa nel suo primo mandato. Grazie anche allora a una serie di accordi con gli stessi Paesi del Golfo. Oltre al valore simbolico c’è quello politico. La creazione di un nuovo asse geopolitico che comprende anche la sicurezza militare e lo sviluppo del nucleare in una fase in cui i rapporti degli USA con gli alleati tradizionali non sono particolarmente distesi, non si vedono passi in avanti sul fronte della guerra tra Russia e Ucraina così come a Gaza.

ATTENZIONE PER GLI EMIRATI IN ITALIA CON INVESTOPIA


C’è da aspettarsi che il downgrade di Moody’s qualche effetto lo abbia, soprattutto a breve termine, su dollaro e Treasury. Probabilmente non su Wall Street, dove i Big USA, tech e non, sono i principali beneficiari degli affari che Trump chiude con Sauditi, Emirati e Qatar. Quando nel 2011 S&P privò il rating USA della tripla A il risultato fu una corsa a beni rifugio tradizionali, proprio dollaro e Treasury, perché sull’alternativa europea incombeva la crisi del debito. Oggi i mercati del Vecchio Continente sembrano decisamente più attraenti. Ma la tenuta politica dei due pilastri della Ue, Germania e Francia, non vive la sua stagione migliore. Anche da noi l’appeal del Golfo è forte. Si è appena aperta a Milano Investopia Europe 2025, promossa dalla piattaforma che ne porta il nome con sede negli Emirati Arabi Uniti. L'obiettivo è creare e consolidare un ponte strategico tra investitori e opportunità di business nei mercati emergenti, con un occhio di riguardo proprio verso le ricche economie del Golfo.

Bottom line. Le agenzie di rating fanno il loro mestiere, che non è la politica. E il downgrade di Moody’s sarebbe arrivato anche con Kamala Harris alla Casa Bianca. Non è un allarme rosso su Treasury e dollaro. Ma il segnale che mettere ordine nei conti pubblici è una priorità per Washington, a prescindere dal partito al potere. Trump lo sa e cerca le risposte a modo suo, esplorando strade poco convenzionali, ma che possono anche rivelarsi percorribili.

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