Mercato valutario
L’analisi di Neuberger Berman sulla crisi del dollaro
Incertezza e volatilità persisteranno, rafforzando la necessità di bilanciare e diversificare i portafogli. E questo a prescindere da dazi e dinamiche commerciali, e dalla politica della nuova amministrazione Usa
di Leo Campagna 16 Maggio 2025 07:55

Il declino del dollaro Usa dall'inizio dell'anno è uno dei temi centrali nel dibatto sul calo o meno del predominio economico americano. A maggior ragione dopo che l'indice S&P 500 ha praticamente recuperato le perdite accumulate dal 2 aprile, giorno dell’annuncio dei dazi Usa nel cosiddetto “Liberation Day. Inoltre, mentre l’obbligazionario high yield ha recuperato più della metà dell'ampliamento degli spread accumulato in questo periodo, i rendimenti dei Treasury americani sono diminuiti dai loro massimi e gli indici di volatilità implicita sono rientrati su livelli più normali.
Sono tante le ipotesi formulate per spiegare la debolezza del dollaro. Tuttavia, secondo Jeff Blazek ed Erik Knutzen, entrambi Co-Chief Investment Officer e Multi-Asset Strategies di Neuberger Berman, la crisi del biglietto verde è un sintomo derivante dai flussi degli investitori esteri. Flussi riconducibili alle prospettive di una crescita più debole negli Stati Uniti e compatibili con il recupero dei mercati americani. “I prezzi degli asset rischiosi statunitensi possono aumentare quando gli investitori in dollari tornano ad investire in azioni e si allontanano dai Treasury. Se gli investitori non in dollari restano esposti al rischio fuori dai mercati americani, non ci sono nuovi flussi in entrata verso gli asset in dollari. Una dinamica che fa salire le azioni statunitensi lasciando debole la domanda di dollari” riferiscono i due manager.
Questa dinamica potrebbe spiegare la rottura della correlazione positiva tra l’avversione al rischio e la forza del dollaro. Se così fosse, questa rottura potrebbe spingere ulteriormente il biglietto verde verso il basso. Gli investitori esteri potrebbero infatti non considerare più il dollaro come una valuta rifugio o le esposizioni in dollari non coperte come una fonte di diversificazione. “Il nostro team valutario ritiene la divisa Usa ancora sopravvalutata secondo metriche di lungo termine, come la parità del potere d'acquisto. Prevede anche un ulteriore potenziale indebolimento tra il 3 e il 5% verso l’Euro e lo Yen per quest'anno, accompagnato da una maggiore volatilità rispetto a quanto visto finora” riferiscono Blazek e Knutzen.
La rottura della correlazione tra il dollaro e l’avversione al rischio potrebbe significare una minore stabilità di portafoglio rispetto al passato. Vale soprattutto per gli investitori non statunitensi che adottassero una semplice allocazione al dollaro o ai Treasury americani. “Il nostro team obbligazionario, ad esempio, è favorevole verso l’assunzione di posizioni lunghe sui tassi di inflazione impliciti degli Stati Uniti come possibile soluzione per coprire i rischi in queste condizioni, piuttosto che verso posizioni con duration lunga nei Treasury americani” rivelano Blazek e Knutzen.
In ambito azionario, invece, i due manager di Neuberger Berman sostengono la necessità di diversificare il portafoglio. Per farlo suggeriscono di allontanandosi dalle azioni mega-cap statunitensi anche in previsione di una sovraperformance dei mercati non americani. “L'Europa, in particolare, è meno esposta rispetto agli Stati Uniti agli effetti inflazionistici dei dazi. Il dollaro più debole, che è inflazionistico per gli Stati Uniti, è disinflazionistico in Europa, che può pertanto contare su una maggiore flessibilità per sostenere la propria economia con spesa fiscale e tassi più bassi”. I due manager sottolineano l’importanza di una diversificazione non soltanto a livello regionale ma anche valutaria.
In tutti i casi quel che sembra certo è che incertezza e volatilità persisteranno rafforzando la necessità di bilanciare e diversificare i portafogli. A prescindere dai dazi, dalle dinamiche commerciali e dalla politica della nuova amministrazione statunitense, l’eccessiva esposizione agli asset americani da parte di molti investitori sembra sia stata una delle ragioni del sell-off del dollaro Usa.
I FLUSSI DEGLI INVESTITORI ESTERI
Sono tante le ipotesi formulate per spiegare la debolezza del dollaro. Tuttavia, secondo Jeff Blazek ed Erik Knutzen, entrambi Co-Chief Investment Officer e Multi-Asset Strategies di Neuberger Berman, la crisi del biglietto verde è un sintomo derivante dai flussi degli investitori esteri. Flussi riconducibili alle prospettive di una crescita più debole negli Stati Uniti e compatibili con il recupero dei mercati americani. “I prezzi degli asset rischiosi statunitensi possono aumentare quando gli investitori in dollari tornano ad investire in azioni e si allontanano dai Treasury. Se gli investitori non in dollari restano esposti al rischio fuori dai mercati americani, non ci sono nuovi flussi in entrata verso gli asset in dollari. Una dinamica che fa salire le azioni statunitensi lasciando debole la domanda di dollari” riferiscono i due manager.
VALUTA USA ANCORA SOPRAVVALUTATA
Questa dinamica potrebbe spiegare la rottura della correlazione positiva tra l’avversione al rischio e la forza del dollaro. Se così fosse, questa rottura potrebbe spingere ulteriormente il biglietto verde verso il basso. Gli investitori esteri potrebbero infatti non considerare più il dollaro come una valuta rifugio o le esposizioni in dollari non coperte come una fonte di diversificazione. “Il nostro team valutario ritiene la divisa Usa ancora sopravvalutata secondo metriche di lungo termine, come la parità del potere d'acquisto. Prevede anche un ulteriore potenziale indebolimento tra il 3 e il 5% verso l’Euro e lo Yen per quest'anno, accompagnato da una maggiore volatilità rispetto a quanto visto finora” riferiscono Blazek e Knutzen.
ROTTURA DELLA CORRELAZIONE TRA DOLLARO E AVVERSIONE AL RISCHIO
La rottura della correlazione tra il dollaro e l’avversione al rischio potrebbe significare una minore stabilità di portafoglio rispetto al passato. Vale soprattutto per gli investitori non statunitensi che adottassero una semplice allocazione al dollaro o ai Treasury americani. “Il nostro team obbligazionario, ad esempio, è favorevole verso l’assunzione di posizioni lunghe sui tassi di inflazione impliciti degli Stati Uniti come possibile soluzione per coprire i rischi in queste condizioni, piuttosto che verso posizioni con duration lunga nei Treasury americani” rivelano Blazek e Knutzen.
SOVRAPERFORMANCE DEI MERCATI NON AMERICANI
In ambito azionario, invece, i due manager di Neuberger Berman sostengono la necessità di diversificare il portafoglio. Per farlo suggeriscono di allontanandosi dalle azioni mega-cap statunitensi anche in previsione di una sovraperformance dei mercati non americani. “L'Europa, in particolare, è meno esposta rispetto agli Stati Uniti agli effetti inflazionistici dei dazi. Il dollaro più debole, che è inflazionistico per gli Stati Uniti, è disinflazionistico in Europa, che può pertanto contare su una maggiore flessibilità per sostenere la propria economia con spesa fiscale e tassi più bassi”. I due manager sottolineano l’importanza di una diversificazione non soltanto a livello regionale ma anche valutaria.
NECESSITÀ DI BILANCIARE E DIVERSIFICARE
In tutti i casi quel che sembra certo è che incertezza e volatilità persisteranno rafforzando la necessità di bilanciare e diversificare i portafogli. A prescindere dai dazi, dalle dinamiche commerciali e dalla politica della nuova amministrazione statunitense, l’eccessiva esposizione agli asset americani da parte di molti investitori sembra sia stata una delle ragioni del sell-off del dollaro Usa.