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Schroders: con i dazi più inflazione, meno crescita e incertezza in aumento

Schroders analizza il quadro globale dopo l’annuncio Usa in un commento di Johanna Kyrklund e George Brown, che spiegano anche il diverso impatto sulle politiche delle banche centrali globali

di Stefano Caratelli 4 Aprile 2025 10:27

financialounge -  dazi trump inflazione mercati Schroders
Trump ha annunciato dazi più alti di quanto si aspettasse Schroders che ha corretto al ribasso le sue previsioni riducendo quelle sul PIL USA di circa l'1% per il 2025. La reazione del resto del mondo ora sarà fondamentale. Ora i Paesi colpiti dovranno decidere se reagire e inasprire la guerra o considerare di ridurre lo squilibrio commerciale con gli USA, con le tempistiche che saranno un elemento importante. Ma Johanna Kyrklund, Group Chief Investment Officer di Schroders, cerca di individuare anche aspetti positivi, osservando che si potrebbe partire dall'approccio USA applicando il principio dell'imposizione del 50%, che ha delineato un quadro chiaro per la negoziazione. Potrebbe sembrare un gioco a incastro, ma almeno stiamo iniziando a capire le regole, secondo Kyrklund, e questo dà ai mercati una base per valutare i rischi.

PIÙ INFLAZIONE USA CON I DAZI MA ANCHE PIÙ TAGLI DELLA FED


George Brown, Economist di Schroders, prevede che i dazi più punitivi del previsto di Trump ne faranno aumentare il tasso effettivo di altri 17,6 punti percentuali, portandolo al 25,3%. Prima di tener conto di ritorsioni, questo potrebbe far salire l'inflazione statunitense del 2% e pesare sulla crescita per lo 0,9%. L'impatto stagflattivo dei dazi pone inoltre la Fed tra l'incudine e il martello, con il rischio in prospettiva di dover effettuare più dei quattro tagli previsti entro il 2026. Per le altre banche centrali, il mix di contromisure dei rispettivi governi complicherà il lavoro, secondo Brown, che si aspetta che Banca d'Inghilterra e BCE si assicurino contro i rischi tagliando ancora i tassi, mentre la Banca del Giappone probabilmente non potrà aumentarli ulteriormente quest'anno.

DAZI CALCOLATI IN MODO NON CONVENZIONALE


Gli esperti di Schroders spiegano che i dazi di Trump sono stati elaborati in modo non convenzionale basandosi sul deficit commerciale USA, ritenuto il “vero” dazio applicato alle esportazioni da ciascun Paese. Per i Paesi il cui “dazio” è superiore al 10%, gli USA imporranno dazi reciproci pari alla metà: ad esempio Pechino applica un “dazio” del 67% sulle esportazioni USA e quindi dovrà pagare un dazio aggiuntivo del 34% oltre al 20% imposto all'insediamento di Trump. Per tutti gli altri, ad eccezione di Canada e Messico, l'Amministrazione imporrà un dazio base del 10%.

ASIA PIÙ COLPITA, SOLLIEVO DI CANADA E MESSICO


Al di fuori degli USA, osserva Schroders, l'impatto dei dazi reciproci varia notevolmente: Canada e Messico tireranno un sospiro di sollievo, dato che oltre il 2,5% del loro PIL è incorporato nella domanda finale USA di beni manifatturieri, mentre le economie asiatiche sono state colpite duramente, con Cina e Vietnam che dovrebbero subire perdite superiori allo 0,5% del PIL, mentre UE e Giappone si collocano probabilmente a metà strada, con una perdita di circa lo 0,2%.

I DAZI RECIPROCI POTREBBERO ESSERE NEGOZIATI AL RIBASSO


Le prospettive e i risultati dei dazi di ritorsione dipendono invece da come i vari Paesi decideranno di rispondere. Mentre la Casa Bianca ha indicato che i dazi reciproci potrebbero essere negoziati al ribasso, diversi Paesi hanno invece indicato che risponderanno con contromisure. Di conseguenza, rileva Schroders in conclusione, il rischio sembra essere orientato verso dazi più elevati. Ad esempio, se l'Amministrazione dovesse imporre tutti i dazi reciproci, l'aliquota tariffaria effettiva degli USA salirebbe al 35,6%.

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