L'allarme
Ubs: se i dazi vengono estesi al Vietnam, gli Usa rischiano di rimanere senza sneakers
Gli Stati Uniti importano dall'Asia la maggior parte di calzature sportive. Se Trump imporrà le tariffe anche ad altri Paesi, i margini potrebbero scendere dell'1% col rischio di una ricaduta sui consumatori
di Davide Lentini 3 Marzo 2025 12:37

Gli Stati Uniti importano dalla Cina oltre il 30% delle sneakers. Se si aggiunge il 29% che arriva dal Vietnam, emerge chiaro come più della metà dello sportswear che finisce nei negozi americani venga prodotto in quei due paesi. Ora con l'introduzione dei dazi sulla Cina e la possibile estensione ad altre nazioni come il Vietnam stesso, negli Usa le scarpe sportive potrebbero diventare introvabili o costosissime. L'allarme viene lanciato da Robert Krankowski, Equity Research Analyst di Ubs, tenendo conto che il Made in Usa delle calzature è molto limitato e che le scorte delle scarpe da ginnastiche dei brand più importanti inizia già a scarseggiare.
Secondo Ubs il rischio è proprio legato al possibile allargamento delle tariffe a quelle nazioni che negli ultimi anni hanno incrementato la produzione. Il Vietnam ha un notevole surplus commerciale rispetto agli Usa. A fine 2024 solo Nike aveva ben 71 fabbriche in quel Paese, Adidas ha spostato lì il 38% della sua produzione contro il 14% mantenuto in Cina, mentre Puma l'ha incrementata al 30%, sotto di poco rispetto a quella cinese. E poi ci sono Indonesia, Cambogia e India, tutti paesi da cui gli Usa importano sneakers. "Se le tariffe venissero estese - spiega Krankowski - le aziende potrebbero perdere l'1% dei margini, che per essere compensato vorrebbe dire aumentare il costo del prodotto finale a discapito degli americani". Uno scenario che Ubs ritiene improbabile, vista la situazione attuale dei consumi negli Stati Uniti.
Il tema non riguarda solo l'area asiatica. Il Messico, ad esempio, è 5° nella classifica delle importazioni Usa di sneaker e abbigliamento sportivo, ed è già oggetto di dazi. Ci sono poi l'Italia, terzo paese da cui gli Stati Uniti si riforniscono di calzature, e la Germania. E anche in questi due casi se le tariffe venissero imposte all'Europa, il mercato americano ne risentirebbe notevolmente.
PRODUZIONE IN AUMENTO IN VIETNAM
Secondo Ubs il rischio è proprio legato al possibile allargamento delle tariffe a quelle nazioni che negli ultimi anni hanno incrementato la produzione. Il Vietnam ha un notevole surplus commerciale rispetto agli Usa. A fine 2024 solo Nike aveva ben 71 fabbriche in quel Paese, Adidas ha spostato lì il 38% della sua produzione contro il 14% mantenuto in Cina, mentre Puma l'ha incrementata al 30%, sotto di poco rispetto a quella cinese. E poi ci sono Indonesia, Cambogia e India, tutti paesi da cui gli Usa importano sneakers. "Se le tariffe venissero estese - spiega Krankowski - le aziende potrebbero perdere l'1% dei margini, che per essere compensato vorrebbe dire aumentare il costo del prodotto finale a discapito degli americani". Uno scenario che Ubs ritiene improbabile, vista la situazione attuale dei consumi negli Stati Uniti.
I RISCHI PER L'EUROPA
Il tema non riguarda solo l'area asiatica. Il Messico, ad esempio, è 5° nella classifica delle importazioni Usa di sneaker e abbigliamento sportivo, ed è già oggetto di dazi. Ci sono poi l'Italia, terzo paese da cui gli Stati Uniti si riforniscono di calzature, e la Germania. E anche in questi due casi se le tariffe venissero imposte all'Europa, il mercato americano ne risentirebbe notevolmente.
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