Focus pensione
Anima Sgr: ecco come e perché costruirsi la previdenza integrativa
Una ricerca della casa d’investimento rivela che gli italiani sono d’accordo a pensare alla pensione appena possibile, anche da giovanissimi, ma soltanto il 21% ha attivato soluzioni previdenziali
di Leo Campagna 3 Marzo 2025 10:42

In Italia il sistema previdenziale è in sostanziale equilibrio e il tasso di sostituzione, cioè il valore della prima pensione in percentuale rispetto all’ultimo stipendio, è del 70%, un valore niente male. Sono due degli aspetti sottolineati da Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, al convegno di Anima Sgr dedicato alla situazione del sistema pensionistico italiano. Il problema, semmai, è che gli stipendi dei lavoratori negli ultimi 30 anni hanno perso potere d’acquisto e quindi quel 70% rischia di risultare in prospettiva non sufficiente a colmare il tenore di vita da pensionati.
Anche per questo la previdenza integrativa assume un ruolo ancora più cruciale. A questo proposito sono interessanti i dati presentati da Matteo Tagliaferri, Responsabile Comunicazione e Marketing, Gruppo ANIMA, relativi alla ricerca ‘Gli italiani e la previdenza integrativa’ condotta nel febbraio 2025 da Eumetra e Research Dogma per ANIMA Sgr, su un campione di 1.007 adulti bancarizzati.
Per esempio, il 78% del campione si è dichiarato molto o abbastanza d’accordo sull’importanza di pensare al futuro. Peccato che poi, pur avendoci pensato (nell’81% dei casi), soltanto il 21% ha attivato soluzioni effettive per la propria pensione, mentre un 27% si è informato senza fare nulla, un altro 33% non ha fatto nulla e il restante 15% non se n’è mai preoccupato. Ma a quale età sarebbe importante cominciare ad investire nel proprio futuro previdenziale? Qui il campione non ha dubbi: appena possibile, anche da giovanissimi. E’ interessante notare come questa risposta sia più frequente tra i partecipanti con età compresa tra 55 e 64 anni (42%) e gli over 65 anni (36%) e leggermente meno, tra i partecipanti con età 35-44 anni (27%) e 45-54 anni (26%).
Per quanto riguarda invece il TFR (trattamento di fine rapporto), se il 36% del campione svolge un’attività che non lo prevede, la percentuale maggiore (22%) è appannaggio di chi afferma di averlo lasciato in azienda: il 18% l’ha invece destinato ad un fondo pensione, mentre il 15% l’ha utilizzato per un altro progetto. Coloro che hanno lasciato il TFR in azienda rivelano che la loro scelta è stata dettata soprattutto (41%) perché ritenuto ‘più liquido’, o perché ‘è più sicuro’ (28%) mentre un 17% ammette che non sapeva che poteva essere investito.
Proprio quest’ultimo aspetto è stato indagato dalla ricerca approfondendo se e chi abbia parlato di previdenza integrativa ai partecipanti. Il 21% ha risposto di aver avuto informazioni in merito in banca o tramite il proprio consulenza finanziario, il 13% dall’assicuratore e l’8% dal CAF, dal sindacato o dal patronato. Grazie a queste informazioni il campione della ricerca ha potuto scoprire i vantaggi che potrebbero motivare una persona a investire in una pensione complementare. Tra questi prevalgono, considerando che erano ammesse risposte multiple, la certezza di una rendita integrativa (44%), il vantaggio fiscale immediato sui versamenti effettuati (34%) e la flessibilità garantita dal piano previdenziale (27%).
Infine, un accenno anche al profilo di rischio che conferma la proverbiale prudenza degli italiani. Chi ha investito o decidesse di investire in un fondo pensione ha scelto o sceglierebbe la linea bilanciata (29% del campione), seguita dalla linea garantita o la più prudente (21%), dalla linea prevalentemente azionaria (17%) e dalle linea azionaria (11%). Percentuali ancora più prudenti per le donne che optano per il 24% per la linea bilanciata e per il 24% per quella garantita.
IL RUOLO CRUCIALE DELLA PREVIDENZA INTEGRATIVA
Anche per questo la previdenza integrativa assume un ruolo ancora più cruciale. A questo proposito sono interessanti i dati presentati da Matteo Tagliaferri, Responsabile Comunicazione e Marketing, Gruppo ANIMA, relativi alla ricerca ‘Gli italiani e la previdenza integrativa’ condotta nel febbraio 2025 da Eumetra e Research Dogma per ANIMA Sgr, su un campione di 1.007 adulti bancarizzati.
L’IMPORTANZA DI PENSARE AL FUTURO
Per esempio, il 78% del campione si è dichiarato molto o abbastanza d’accordo sull’importanza di pensare al futuro. Peccato che poi, pur avendoci pensato (nell’81% dei casi), soltanto il 21% ha attivato soluzioni effettive per la propria pensione, mentre un 27% si è informato senza fare nulla, un altro 33% non ha fatto nulla e il restante 15% non se n’è mai preoccupato. Ma a quale età sarebbe importante cominciare ad investire nel proprio futuro previdenziale? Qui il campione non ha dubbi: appena possibile, anche da giovanissimi. E’ interessante notare come questa risposta sia più frequente tra i partecipanti con età compresa tra 55 e 64 anni (42%) e gli over 65 anni (36%) e leggermente meno, tra i partecipanti con età 35-44 anni (27%) e 45-54 anni (26%).
L’IMPIEGO DEL TFR
Per quanto riguarda invece il TFR (trattamento di fine rapporto), se il 36% del campione svolge un’attività che non lo prevede, la percentuale maggiore (22%) è appannaggio di chi afferma di averlo lasciato in azienda: il 18% l’ha invece destinato ad un fondo pensione, mentre il 15% l’ha utilizzato per un altro progetto. Coloro che hanno lasciato il TFR in azienda rivelano che la loro scelta è stata dettata soprattutto (41%) perché ritenuto ‘più liquido’, o perché ‘è più sicuro’ (28%) mentre un 17% ammette che non sapeva che poteva essere investito.
CHI INFORMA SULLA PREVIDENZA INTEGRATIVA
Proprio quest’ultimo aspetto è stato indagato dalla ricerca approfondendo se e chi abbia parlato di previdenza integrativa ai partecipanti. Il 21% ha risposto di aver avuto informazioni in merito in banca o tramite il proprio consulenza finanziario, il 13% dall’assicuratore e l’8% dal CAF, dal sindacato o dal patronato. Grazie a queste informazioni il campione della ricerca ha potuto scoprire i vantaggi che potrebbero motivare una persona a investire in una pensione complementare. Tra questi prevalgono, considerando che erano ammesse risposte multiple, la certezza di una rendita integrativa (44%), il vantaggio fiscale immediato sui versamenti effettuati (34%) e la flessibilità garantita dal piano previdenziale (27%).
ECCESSIVA PRUDENZA
Infine, un accenno anche al profilo di rischio che conferma la proverbiale prudenza degli italiani. Chi ha investito o decidesse di investire in un fondo pensione ha scelto o sceglierebbe la linea bilanciata (29% del campione), seguita dalla linea garantita o la più prudente (21%), dalla linea prevalentemente azionaria (17%) e dalle linea azionaria (11%). Percentuali ancora più prudenti per le donne che optano per il 24% per la linea bilanciata e per il 24% per quella garantita.