
Cosa aspettarsi
Oro e rinnovabili saranno i possibili vincitori dopo le elezioni americane
A sei settimane dalle elezioni americane, Albert Chu (Man Group) analizza quali saranno i probabili vincitori e vinti sul mercato delle materie prime dopo il voto delle presidenziali Usa del 5 novembre
di Leo Campagna 10 Ottobre 2024 09:57

A mano a mano che le elezioni presidenziali statunitensi del 5 novembre si avvicinano, l'interazione tra politica e investimenti nelle materie prime presenta sfide e opportunità. Secondo Albert Chu, gestore di portafoglio specializzato in strategie sulle risorse naturali e Jon Lahraoui, direttore del credito discrezionale presso Man Group, l'oro e le energie rinnovabili sono ben posizionati per beneficiare delle tendenze attuali, mentre il contesto più ampio delle commodities richiede un'attenta analisi del protezionismo e dei cambiamenti di politiche.
Le conclusioni dell’esperto partono da alcuni dei tratti distintivi dell'investimento in materie prime, in particolare l’ampia dispersione dei rendimenti dovuta a fattori specifici e gli impatti della geopolitica sulle dinamiche di domanda e offerta. “La tendenza di lungo termine delle tensioni geopolitiche delinea una maggiore frammentazione e multipolarizzazione con effetti diversi su tutti i settori. E’ tuttavia probabile che entrambi i partiti (Democratico e Repubblicano) mantengano un atteggiamento protezionistico” fa sapere Chu.
Il manager si aspetta relazioni più tese con la Cina e un’accentuazione dei conflitti commerciali e valutari tra Washington e Pechino in caso di un'amministrazione repubblicana. Se quest’ultima, inoltre, adottasse una politica più aggressiva in Medio Oriente potrebbe provocare ulteriori tensioni con l'Iran e i suoi alleati. Qualsiasi impatto sui prezzi del petrolio, secondo Chu, potrebbe però essere mitigato dalle relazioni più amichevoli dei repubblicani con l'Arabia Saudita. Infine, sempre nello scenario di una vittoria repubblicana, il conflitto tra Russia e Ucraina potrebbe attenuarsi senza tuttavia rivedere un’ampia distribuzione delle materie prime russe sui mercati globali.
“Osservando le tendenze politiche in atto, è ipotizzabile il persistere di un poco rigoroso controllo sui conti pubblici, un rischio di maggiore frammentazione globale, conflitti geopolitici persistenti e una graduale riduzione della dipendenza dal dollaro USA. Un contesto nel quale l’oro si afferma come un chiaro vincitore” sottolinea il manager di Man Group che poi si dichiara convinto che, fermo restando che una vittoria democratica darebbe un forte slancio all'energia pulita, una vittoria repubblicana non sarebbe per forza totalmente negativa per il settore delle rinnovabili.
“L'energia pulita e il suo impatto economico sono saldamente radicati in molti Stati storicamente rossi: basti pensare otre il 70% dei progetti di produzione di energia pulita si trova in Stati con governatori e distretti congressuali repubblicani. Inoltre il peso economico del settore è cruciale: i dati del 2022 dell'Interstate Renewable Energy Council, hanno rivelato che i posti di lavoro nell'energia solare (260.000) sono più del doppio di quelli nell'estrazione diretta di petrolio e gas (112.000). I vincitori e i perdenti in questo settore saranno determinati dalle diverse politiche verso il protezionismo. Quest’ultimo potrebbe portare a limitare l'importazione di componenti solari cinesi, a vantaggio dei produttori domestici e della creazione di posti di lavoro locali” spiega Chu.
Per quanto riguarda infine il settore petrolio e gas, il manager di Man Group vede alcuni sotto-settori specifici come possibili vincenti a seconda di come si svilupperanno gli eventi globali. “Un'amministrazione repubblicana potrebbe favorire le aziende energetiche tradizionali, ma l'approccio di trivellare a tutti i costi potrebbe penalizzare i prezzi del petrolio e del gas qualora le società di esplorazione e produzione statunitensi intensificassero la loro attività. Uno scenario tuttavia piuttosto improbabile alla luce del fatto che gli azionisti si sono abituati ad una produzione disciplinata e a migliori ritorni finanziari” specifica il manager di Man Group.
Senza trascurare, aggiunge in conclusione Chu, che l'aumento delle trivellazioni negli Stati Uniti non sarebbe affatto gradito all'Arabia Saudita e all'OPEC che, come osservato durante la guerra del petrolio del 2014-2015, possono adottare politiche di produzione più efficaci rispetto ala macchina produttiva dello scisto statunitense.
LE TENDENZE DI LUNGO TERMINE DELLE TENSIONI GEOPOLITICHE
Le conclusioni dell’esperto partono da alcuni dei tratti distintivi dell'investimento in materie prime, in particolare l’ampia dispersione dei rendimenti dovuta a fattori specifici e gli impatti della geopolitica sulle dinamiche di domanda e offerta. “La tendenza di lungo termine delle tensioni geopolitiche delinea una maggiore frammentazione e multipolarizzazione con effetti diversi su tutti i settori. E’ tuttavia probabile che entrambi i partiti (Democratico e Repubblicano) mantengano un atteggiamento protezionistico” fa sapere Chu.
CINA, MEDIO ORIENTE E CONFLITTO TRA RUSSIA E UCRAINA
Il manager si aspetta relazioni più tese con la Cina e un’accentuazione dei conflitti commerciali e valutari tra Washington e Pechino in caso di un'amministrazione repubblicana. Se quest’ultima, inoltre, adottasse una politica più aggressiva in Medio Oriente potrebbe provocare ulteriori tensioni con l'Iran e i suoi alleati. Qualsiasi impatto sui prezzi del petrolio, secondo Chu, potrebbe però essere mitigato dalle relazioni più amichevoli dei repubblicani con l'Arabia Saudita. Infine, sempre nello scenario di una vittoria repubblicana, il conflitto tra Russia e Ucraina potrebbe attenuarsi senza tuttavia rivedere un’ampia distribuzione delle materie prime russe sui mercati globali.
IL PORTO SICURO DELL’ORO
“Osservando le tendenze politiche in atto, è ipotizzabile il persistere di un poco rigoroso controllo sui conti pubblici, un rischio di maggiore frammentazione globale, conflitti geopolitici persistenti e una graduale riduzione della dipendenza dal dollaro USA. Un contesto nel quale l’oro si afferma come un chiaro vincitore” sottolinea il manager di Man Group che poi si dichiara convinto che, fermo restando che una vittoria democratica darebbe un forte slancio all'energia pulita, una vittoria repubblicana non sarebbe per forza totalmente negativa per il settore delle rinnovabili.
L’IMPATTO ECONOMICO DELL’ENERGIA PULITA
“L'energia pulita e il suo impatto economico sono saldamente radicati in molti Stati storicamente rossi: basti pensare otre il 70% dei progetti di produzione di energia pulita si trova in Stati con governatori e distretti congressuali repubblicani. Inoltre il peso economico del settore è cruciale: i dati del 2022 dell'Interstate Renewable Energy Council, hanno rivelato che i posti di lavoro nell'energia solare (260.000) sono più del doppio di quelli nell'estrazione diretta di petrolio e gas (112.000). I vincitori e i perdenti in questo settore saranno determinati dalle diverse politiche verso il protezionismo. Quest’ultimo potrebbe portare a limitare l'importazione di componenti solari cinesi, a vantaggio dei produttori domestici e della creazione di posti di lavoro locali” spiega Chu.
IL SETTORE PETROLIO E GAS
Per quanto riguarda infine il settore petrolio e gas, il manager di Man Group vede alcuni sotto-settori specifici come possibili vincenti a seconda di come si svilupperanno gli eventi globali. “Un'amministrazione repubblicana potrebbe favorire le aziende energetiche tradizionali, ma l'approccio di trivellare a tutti i costi potrebbe penalizzare i prezzi del petrolio e del gas qualora le società di esplorazione e produzione statunitensi intensificassero la loro attività. Uno scenario tuttavia piuttosto improbabile alla luce del fatto che gli azionisti si sono abituati ad una produzione disciplinata e a migliori ritorni finanziari” specifica il manager di Man Group.
ARABIA SAUDITA E OPEC ATTENTI OSSERVATORI
Senza trascurare, aggiunge in conclusione Chu, che l'aumento delle trivellazioni negli Stati Uniti non sarebbe affatto gradito all'Arabia Saudita e all'OPEC che, come osservato durante la guerra del petrolio del 2014-2015, possono adottare politiche di produzione più efficaci rispetto ala macchina produttiva dello scisto statunitense.