Il report competitività
Mario Draghi: "Per l'Europa una sfida esistenziale, basta rinvii''
L'ex presidente Bce ha presentato il rapporto sulla competitività europea esortando a non rimandare più le decisioni, "o non saremo più leader". Servono 800 miliardi l'anno. Tre gli assi per il rilancio
di Davide Lentini 9 Settembre 2024 11:25
Emerge un quadro impietoso dell'economia europea dal rapporto sulla competitività presentato oggi dall'ex presidente della Bce, Mario Draghi, ai 27 Paesi della Ue e destinato a diventare il pilastro dell'agenda per la legislatura ormai avviata. Nel rapporto di 400 pagine non ci sono assolute novità né sul piano dell'analisi né sul piano delle raccomandazioni, ma è l'indicazione politica il vero messaggio: Draghi spiega che non c'è più tempo per traccheggiare. "Dobbiamo abbandonare l'illusione che solo il rinvio può preservare il consenso - ha detto - In realtà, il rinvio ha prodotto solo una crescita economica più bassa e certamente non ha aumentato il consenso ai governi".
L'esortazione dell'ex banchiere è quella di fare in fretta perché "l'Europa ha raggiunto un punto limite": "Se non si agisce - ha spiegato - risulterebbero compromessi il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà". Dal report emerge, infatti, che l'Ue sta entrando nel primo periodo della sua storia recente in cui la crescita non sarà sostenuta dall'aumento della popolazione. Entro il 2040 si prevede che la forza lavoro si ridurrà di quasi 2 milioni di lavoratori ogni anno. "Dovremo fare più affidamento sulla produttività per guidare la crescita - ha spiegato Draghi - Se il tasso di media di crescita dovesse essere quello in atto dal 2015, sarebbe sufficiente solo a mantenere costante il pil fino al 2050, in un momento in cui le nuove esigenze di investimento dovranno essere finanziate attraverso una crescita più elevata".
Per Draghi sono tre gli assi su cui puntare per il rilancio: innovazione, transizione ecologica ed energetica e difesa. Ma le necessità finanziarie per centrare queste sfide sono enormi: per digitalizzare e decarbonizzare l'economia e aumentare la capacità di difesa, ad esempio, la quota di investimenti in Europa dovrà aumentare di circa 5 punti percentuali del pil, arrivando a livelli visti l'ultima volta negli anni '60 e '70. "Per fare un confronto - ha spiegato l'ex presidente del Consiglio italiano - gli investimenti aggiuntivi forniti dal Piano Marshall tra il 1948 e il 1951 ammontavano a circa l'1-2% del pil all'anno". Secondo il rapporto, per raggiungere gli obiettivi "sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell'Ue nel 2023".
Per questo Draghi ribadisce che se l'Europa non riesce a diventare più produttiva, saremo costretti a scegliere. "Non saremo in grado di diventare, contemporaneamente, un leader nelle nuove tecnologie, un faro di responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremo ridimensionare alcune, se non tutte, le nostre ambizioni'.
All’Europa serve quindi un nuovo slancio per recuperare il gap con gli Stati Uniti e con la Cina. Basti pensare che analizzando i prezzi del 2015, il divario di crescita tra Usa e Ue è passato dal 15% del 2002 al 30% del 2023, mentre in 20 anni è aumentata la percentuale di settori nei quali la Cina compete direttamente con l’Europa, dal 25% del 2002 al 40% del 2023. “Il problema non è che l'Europa manchi di idee o ambizione - ha detto Draghi - Abbiamo molti ricercatori e imprenditori di talento, ma non riusciamo a trasformare l'innovazione in commercializzazione e le aziende innovative che vogliono espandersi finiscono per trasferirsi all’estero”. Tra il 2008 e il 2021, infatti, circa il 30% degli "unicorni" fondati in Europa hanno trasferito la propria sede all'estero, soprattutto negli Usa.
A RISCHIO BENESSERE, AMBIENTE E LIBERTÀ
L'esortazione dell'ex banchiere è quella di fare in fretta perché "l'Europa ha raggiunto un punto limite": "Se non si agisce - ha spiegato - risulterebbero compromessi il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà". Dal report emerge, infatti, che l'Ue sta entrando nel primo periodo della sua storia recente in cui la crescita non sarà sostenuta dall'aumento della popolazione. Entro il 2040 si prevede che la forza lavoro si ridurrà di quasi 2 milioni di lavoratori ogni anno. "Dovremo fare più affidamento sulla produttività per guidare la crescita - ha spiegato Draghi - Se il tasso di media di crescita dovesse essere quello in atto dal 2015, sarebbe sufficiente solo a mantenere costante il pil fino al 2050, in un momento in cui le nuove esigenze di investimento dovranno essere finanziate attraverso una crescita più elevata".
I TRE ASSI PER IL RILANCIO
Per Draghi sono tre gli assi su cui puntare per il rilancio: innovazione, transizione ecologica ed energetica e difesa. Ma le necessità finanziarie per centrare queste sfide sono enormi: per digitalizzare e decarbonizzare l'economia e aumentare la capacità di difesa, ad esempio, la quota di investimenti in Europa dovrà aumentare di circa 5 punti percentuali del pil, arrivando a livelli visti l'ultima volta negli anni '60 e '70. "Per fare un confronto - ha spiegato l'ex presidente del Consiglio italiano - gli investimenti aggiuntivi forniti dal Piano Marshall tra il 1948 e il 1951 ammontavano a circa l'1-2% del pil all'anno". Secondo il rapporto, per raggiungere gli obiettivi "sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell'Ue nel 2023".
O CRESCIAMO, O DOVREMO SCEGLIERE
Per questo Draghi ribadisce che se l'Europa non riesce a diventare più produttiva, saremo costretti a scegliere. "Non saremo in grado di diventare, contemporaneamente, un leader nelle nuove tecnologie, un faro di responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremo ridimensionare alcune, se non tutte, le nostre ambizioni'.
COLMARE IL GAP CON USA E CINA
All’Europa serve quindi un nuovo slancio per recuperare il gap con gli Stati Uniti e con la Cina. Basti pensare che analizzando i prezzi del 2015, il divario di crescita tra Usa e Ue è passato dal 15% del 2002 al 30% del 2023, mentre in 20 anni è aumentata la percentuale di settori nei quali la Cina compete direttamente con l’Europa, dal 25% del 2002 al 40% del 2023. “Il problema non è che l'Europa manchi di idee o ambizione - ha detto Draghi - Abbiamo molti ricercatori e imprenditori di talento, ma non riusciamo a trasformare l'innovazione in commercializzazione e le aziende innovative che vogliono espandersi finiscono per trasferirsi all’estero”. Tra il 2008 e il 2021, infatti, circa il 30% degli "unicorni" fondati in Europa hanno trasferito la propria sede all'estero, soprattutto negli Usa.
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