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Lo scenario

Economia Usa, una forza “nascosta” non ancora tutta prezzata a Wall Street

Da Biden a Trump, la politica continua a usare le “lenti” del 900 e non vede la macchina produttiva potente che già prima del boom dell’IA batteva per valore aggiunto Giappone, Germania, Corea e India

di Virgilio Chelli 8 Aprile 2024 07:39
financialounge -  Bulletin economia mercati USA Wall Street

Quando quasi mezzo secolo fa Ronald Reagan prese in mano un’America screditata geopoliticamente da Jimmy Carter e afflitta da inflazione galoppante, sul fronte della competitività industriale aveva un problema che si chiamava Giappone e che stava inondando il mondo con prodotti migliori e a costi più bassi in tutti i settori, dall’auto all’elettronica di consumo. Dieci anni dopo per Bill Clinton sullo stesso fronte il problema si chiamava Europa, che dopo la caduta del Muro di Berlino stava costruendo intorno alla Germania unificata una “fortezza” economica e monetaria che si preparava a sfidare gli Usa con una moneta unica antagonista del dollaro negli scambi globali.

LIBERAZIONE DELLE FORZE ADDORMENTATE


In entrambi i casi la risposta fu liberare le forze addormentate della formidabile macchina produttiva a stelle e strisce, dall’industria alla finanza, restituendo alla Corporate America il primato globale. Ora sembra che i due anziani contendenti alla Casa Bianca, Joe Biden e Donald Trump, credano di essere i nuovi Reagan e Clinton, con una visione novecentesca il cui perno per entrambi è la ricostruzione della supremazia manifatturiera degli Usa. Il Repubblicano punta sui tagli alle tasse e sulle barriere doganali a cinesi ed europei, il Democratico aggiunge la droga degli stimoli fiscali che hanno spinto il debito federale al livello stratosferico di 34.000 miliardi di dollari, da 20.000 dell’arrivo di Trump e da 28.000 da quello di Biden.

LA MANIFATTURA USA È GIÀ LEADER E NON HA BISOGNO DI DROGHE


Il problema è che l’economia Usa non ha bisogno di nessuna droga, continua a correre nonostante le recessioni previste e mai arrivate e la stretta della Fed, e Wall Street ne anticipa una ulteriore accelerazione grazie alla spinta di un’Intelligenza Artificiale diffusa in tutti i settori produttivi. Non ha neanche bisogno di protezionismo, ma piuttosto di poter competere senza troppi lacciuoli sui mercati globali con le altre potenze. Di recente sul WSJ Robert B. Zoellick ha smontato le visioni dei due anziani candidati che vogliono “ricostruire” l’industria manifatturiera dimostrando, dati del Cato Institute alla mano, che l’industria manifatturiera Usa americana detiene già una quota del mercato globale superiore a quelle combinate di Giappone, Germania, Corea del Sud e India.

PRODUTTIVITÀ DEL LAVORO CHIAVE DEL SUCCESSO


La chiave del successo è la produttività dei lavoratori Usa che su base individuale aggiunge in media 141.000 dollari di valore l’anno, superando di oltre 44.000 quella coreana e surclassando di oltre 120.000 quella cinese. Tra il 2002 e il 2021 le esportazioni manifatturiere Usa sono più che raddoppiate, un fenomeno ignorato da Trump e Biden ma ben noto agli stranieri che nello stesso periodo hanno investito 2.100 miliardi di dollari nella manifattura Usa. Ad appannare la visione dei due anziani politici sono probabilmente le statistiche, che ad esempio non considerano il software manifattura, anche se rappresenta ormai la metà del valore di un’automobile nuova. Lo stesso vale per il farmaceutico, le apparecchiature medico-scientifiche, l’aerospazio, le componenti elettriche e elettroniche, tutti settori in cui gli americani sono leader indiscussi.

FORSE WALL STREET NON HA ANCORA PREZZATO TUTTA LA SVOLTA


Le stesse statistiche che annebbiano il duo Biden-Trump non registrano ancora l’impatto su tutto il sistema produttivo dell’ondata innovativa dell’Intelligenza Artificiale, che invece gli indici di Wall Street vedono ma non hanno ancora prezzato interamente premiando finora soprattutto la pattuglia dei Big Tech. Ma il cambiamento in corso consentirà di produrre di più e meglio con meno lavoratori, che potranno essere pagati meglio, come successo in agricoltura, che dal dopoguerra ha triplicato la produzione con un numero di ore lavorate calato dell’80%. La fotografia dell’economia USA restituita dalle rilevazioni statistiche è vecchia come i due candidati alla Casa Bianca.

Bottom line. Al voto del 5 novembre mancano ormai meno di 7 mesi, forse ancora abbastanza perché spunti qualcuno con meno primavere alle spalle e magari capace di “vedere” una stagione di crescita meno datata di quella dei tempi di Reagan e Clinton, che comunque rispetto a Trump e Biden restano dei giganti. Wall Street continua a macinare rialzi in barba a tutte le Cassandre e forse ci sta scommettendo.
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