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Apple sotto fuoco incrociato, ma da 25 anni le Big Tech rimbalzano le accuse antitrust

Finita nel mirino del Dipartimento di Giustizia USA e con Tesla è nella lista dei candidati a uscire dal firmamento dei Magnifici 7, ma i rischi sembrano più il modello di business e la dipendenza dalla Cina

di Virgilio Chelli 25 Marzo 2024 08:18
financialounge -  Apple mercati Weekly Bulletin

La storia delle accuse delle autorità antitrust USA e europee alle Big Tech è lunga ormai più di un quarto di secolo, da quando nel 1998 Microsoft finì nel mirino per una presunta posizione di monopolio nella navigazione in Internet con il suo Explorer, a spese di Netscape che allora faceva parte di America Online. Nessuna delle offensive che da allora si sono succedute nei confronti dei colossi del web ha avuto l’esito di azioni simili intraprese in USA dall’inizio del secolo scorso, che hanno portato invece agli “spezzatini” che si sono succeduti nei settori strategici per rompere i monopoli, dal petrolio, al tabacco, all’acciaio, fino alle telecomunicazioni, con il breakup di AT&T nelle baby bell regionali per il mercato interno americano. Ora tocca ad Apple, accusata sempre di abuso di posizione dominante ai danni di Google. La controversia legale potrebbe durare anni, ma dovrebbero finire come le altre.

PESANO COME PER TESLA I PROBLEMI IN CINA


Intanto però nel mirino è finito il produttore di iPhone di Cupertino, già reduce come Tesla da ben più gravi problemi in Cina, e potrebbe rubare alla casa di Elon Musk il posto di principale candidato all’espulsione dal firmamento dei Magnifici 7, che secondo alcuni esperti, come Shannon Saccocia di Neuberger Berman, che in un recente commento proprio su Financialounge.com suggerisce che la pattuglia dei big potrebbe ridursi a due-tre nomi, lasciando spazio alla galassia di “dinamiche dozzine” che si sono lanciate a cavalcare l’onda dell’Intelligenza Artificiale. Secondo il WSJ I problemi di Apple riguardano più il suo modello di business che il Dipartimento di Giustizia, troppo concentrato sul ciclo di un prodotto hardware come l’iPhone.

PEGGIO DEI MAGNIFICI SETTE MA ANCHE DI DOW E S&P 500


Il problema è che i margini maggiori sono nei servizi distribuiti con App Store, proprio il business nel mirino della causa antitrust, che ha fatto cadere il titolo del 4% sulla notizia. Ma da inizio anno è in perdita di circa il 12% mentre gli altri 5 Magnifici, Tesla esclusa, vale a dire Microsoft, Nvidia, Amazon e META, hanno guadagnato uno strabiliante 36% in meno di mesi è anche ben sotto quelli di Dow Jones e S&P 500. Per Apple, “piove sul bagnato”, ha commentato impietosamente l’analista di JP Morgan Samik Chatterjee, riportato dallo stesso WSJ. Il crollo delle vendite in Cina di inizio anno ha pesato molto di più delle accuse del Dipartimento di Giustizia.


Titolo Apple vs i due maggiori indici di Wall Street (Fonte: Factset)

NON SOLO I BIG TECH PRESI DI MIRA


Apple non è l’unica big preso di mira dall’Antitrust USA, che di recente ad esempio ha aperto un’inchiesta su UnitedHealth, proprietaria della più grande assicurazione sanitaria e presente in praticamente tutti i servizi del settore, con ricavi per oltre 372 miliardi di dollari e 53 milioni di clienti diretti e indiretti. Il tutto fa parte della strategia dell’amministrazione Biden di contrastare i monopoli, con la regia di Jonathan Kanter, a capo della sezione Antitrust del Dipartimento di Giustizia. Questo tipo di azioni aveva il supporto incondizionato dell’opinione pubblica il secolo scorso, quando cartelli e monopoli servivano a tenere artificialmente alti i prezzi dei beni e servizi venduti ai consumatori. Ma con l’avvento di Internet il paradigma è cambiato, e le grandi concentrazioni spesso sono in grado di offrire barriere di ingresso più basse di quelle che potrebbero permettersi operatori minori.

I MONOPOLI NON SONO PIU’ QUELLI DEL SECOLO SCORSO


In America il dibattito è aperto e ormai distingue tra monopoli ‘cattivi’ e ‘buoni’, con i primi che fanno fuori la concorrenza costringendo i consumatori ad andare in un solo negozio che fissa anche il prezzo più conveniente per sé, mentre i secondi portano efficienza grazie a economie di scala che vanno a favore delle tasche degli stessi consumatori. Un caso di studio è certamente Amazon, che detiene circa il 40% del mercato delle vendite online, per cui c’è ampio spazio per la concorrenza, e comunque abbassa la soglia di accesso al mercato per i consumatori, ma per le imprese che si servono del suo canale per vendere beni e servizi lascia poche scelte sulla piattaforma da usare per accedere al mercato globale.

BOTTOM LINE


La storia della digitalizzazione degli ultimi 40 anni, da Internet all’Intelligenza Artificiale, insegna che i big tech sono abbastanza impermeabili ai limiti antitrust che funzionavano il secolo scorso con i colossi della old economy. Per l’investitore meglio restare concentrati sui fondamentali, a partire dalla capacità di generale utili elevati e sostenibili nel lungo termine, che nel mondo in trasformazione di oggi è probabilmente più influenzata dalla geopolitica che dalle vecchie politiche.
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