Focus sull'azionario

Non farsi spaventare dalle azioni a livelli record, per Schroders è comunque il momento di investire

Duncan Lamont, CFA Head of Strategic Research di Schroders, analizza circa 100 anni di dati del mercato azionario per concludere che quando questo tocca un massimo storico non deve spaventare

di Virgilio Chelli 13 Marzo 2024 07:55

financialounge -  azionario Duncan Lamont investimenti Schroders
Il mercato azionario americano ha toccato un nuovo massimo storico a metà dicembre e da allora ha continuato a crescere, portandosi a fine gennaio quasi il 3% sopra del picco precedente, il che ha innervosito molti investitori nel timore di un possibile ribasso. Nel corso del 2023, in molti hanno anche convertito diversi investimenti in liquidità, attratti dagli elevati tassi offerti, e ora l'idea di reinvestire il cash parcheggiato in un momento in cui l’azionario è ai massimi storici può spaventare. Ma è giusto essere spaventati? La conclusione a cui giunge l’analisi sui rendimenti azionari dal 1926 è inequivocabilmente un no.

I MASSIMI SONO PIÙ FREQUENTI DI QUANTO SI PENSI


Lo sottolinea un commento sui motivi per cui investire nel mercato azionario quando tocca un massimo storico non dovrebbe spaventare gli investitori di Duncan Lamont, CFA Head of Strategic Research, di Schroders. L’esperto osserva che il mercato, in realtà, tocca i massimi storici più spesso di quanto si possa pensare, e su 1.176 mesi dal gennaio 1926, ha raggiunto livelli massimi 354 volte, vale a dire nel 30% dei casi. Inoltre, prosegue Lamont, in media i rendimenti a 12 mesi dopo il raggiungimento di un massimo storico, sono stati migliori che non in altri momenti.

CENTO DOLLARI INVESTITI A GENNAIO 1926


In dettaglio sono stati del 10,3% superiori all'inflazione, rispetto all'8,6% quando il mercato non ha raggiunto i massimi. E anche su un orizzonte di due o tre anni sono stati in media leggermente superiori. Le differenze, sottolinea l’esperto di Schroders, si accentuano nel tempo: 100 dollari investiti sull’azionario USA a gennaio 1926 varrebbero 85.008 dollari a fine 2023, in termini adeguati all'inflazione, con una crescita del 7,1% all'anno.

RINUNCIA A GRAN PARTE DEL RENDIMENTO


Una strategia che avesse invece previsto l’uscita e l’investimento in liquidità nel mese successivo a ogni massimo storico, per poi rientrarvi quando non lo si toccava, avrebbe assicurato un valore di soli 8.790 dollari. In pratica una riduzione del 90% del rendimento di portafoglio, che sarebbe stato solo del 4,7% in termini aggiustati per l'inflazione. Lamont aggiunge che su orizzonti temporali di lungo termine le differenze di rendimento possono diventare molto consistenti.

ORIZZONTE LUNGHISSIMO, MA VALE ANCHE PER PERIODI PIÙ BREVI


L’analisi proposta da Schroders copre un orizzonte temporale di quasi 100 anni, un periodo più lungo di quello per cui la maggior parte delle persone crea un piano. Ma Lamont fa notare che anche su orizzonti più brevi gli investitori avrebbero potenzialmente perso molta ricchezza se si fossero fatti prendere dalla paura quando il mercato toccava i massimi, come mostra la differenza tra aver investito in azioni per tutto il periodo ed essere passati invece alla liquidità dopo aver toccato un massimo storico alla fine del mese precedente.

NON UN BUON MOTIVO PER NON INVESTIRE IN AZIONI


La conclusione dell’esperto di Schroders è che non bisogna farsi prendere dal panico quando si tocca un massimo. Anche se è normale sentirsi nervosi quando l’azionario tocca massimi storici, proprio la storia suggerisce che cedere a questa sensazione sarebbe stato molto dannoso per il proprio patrimonio. Ci possono essere validi motivi per scegliere di non investire in azioni, osserva Lamont, ma il fatto che il mercato abbia toccato un massimo non dovrebbe essere tra questi.

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