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Conflitti e conseguenze economiche

LGIM: la crisi nel Mar Rosso produrrà uno shock di offerta delle merci

Escludere il Canale di Suez dalla tratte commerciali comporta un allungamento dei tempi e un calo dell’offerta. "Se il trend sarà confermato - spiega James Carrick, Global economist di LGIM - il traffico da Suez dovrebbe diminuire del 33% e quello nei porti europei del 16%"

di Davide Lentini 24 Gennaio 2024 07:55
financialounge -  Canale di Suez James Carrick LGIM Mar Rosso materie prime mercati

La crisi del Mar Rosso per ora non ha inciso sull’approvvigionamento di merci e materie prime, petrolio in primis, che non hanno risentito di un aumento di prezzo. A detta della maggior parte degli analisti, se la situazione in atto non si allungherà nel tempo, le conseguenze per i mercati saranno limitate. È convinzione diffusa, infatti, che nonostante tutto, le merci riusciranno comunque ad arrivare a destinazione e che i ritardi saranno compensati dalle scorte di magazzino abbondanti o, al massimo, da una ripercussione sul prezzo di vendita. Non la pensano così gli economisti di LGIM.

SOTTOVALUTATE LE CONSEGUENZE NEFASTE


Nella sua analisi James Carrick, Global economist di LGIM, spiega che c'è una sottovalutazione delle “conseguenze nefaste” per gli scambi commerciali tra Europa e Asia che la guerra agli Houthi potrebbe generare. Circumnavigare il continente africano per non passare dal Canale di Suez, infatti, “fa aumentare vertiginosamente i costi di spedizione e le tempistiche”, sottolinea Carrick.
“Ciò che ci dovrebbe spingere a mantenere la guardia alta è che, a differenza di quello che potrebbe venire spontaneo pensare, siamo di fronte a uno shock di offerta, non di prezzo, la quale può generare reazioni a catena inaspettate”, spiega.

IL CASO AUTOMOTIVE PER IL CONFLITTO UCRAINO


Carrick porta l’esempio di quanto successo nel comparto automotive dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, quando la produzione di nuovi veicoli ha subito pesanti frenate a causa della mancanza di componenti: Michelin ebbe problemi nel reperire la gomma per gli pneumatici, Tesla fece fatica nella produzione di batterie, mentre Volvo dovette fermare interi impianti. Anche altri mercati ravvisarono difficoltà, come l’abbigliamento, con aziende come Next che comunicarono l’indisponibilità di alcune taglie di determinati capi.

COME CAMBIANO I TEMPI SENZA SUEZ


Cosa succederebbe quindi, oggi, se la crisi del Mar Rosso dovesse perdurare? È possibile tracciare delle stime della possibile contrazione? James Carrick di LGIM risponde affidandosi a dati oggettivi che prendono in considerazione le tempistiche e la capacità di carico delle navi. Per un trasporto dall’Asia all’Europa attraverso il Canale di Suez servono 52 giorni; ciò significa che si possono fare 7 viaggi all’anno. Lo stesso viaggio effettuato circumnavigando l’Africa richiede 68 giorni; il che significa che il numero di viaggi si riduce a 5,4 l’anno, ovvero il 30% in più del tempo. Ma passare da 7 a 5,4 viaggi può essere visto anche come una riduzione del carico di merci del 23%. In conclusione, un aumento del 30% delle tempistiche di viaggio significa una contrazione dell’offerta del 23% rispetto al livello attuale, che perdurerà fino a quando il Canale di Suez non sarà nuovamente aperto.

DIMINUISCE IL NUMERO DI MERCI TRASPORTATO


“In altre parole - spiega Carrick - uno shock prolungato sulle rotte di approvvigionamento non solo ritarda le spedizioni ormai programmate, ma riduce anche la quantità di merci che possono essere spedite dall’Asia all’Europa in un dato periodo. Ne consegue che la domanda è destinata a essere considerevolmente maggiore dell’offerta, a meno che anche la produzione o le vendite non vengano ridotte del 23% (assumendo che tutte le navi vengano dirottate)”.

COME MITIGARE LE RIPERCUSSIONI


Quello descritto è certamente lo scenario peggiore, che non tiene conto di alcuni fattori che possono mitigare questo shock, come il fatto che le spedizioni non sono un comparto in cui si raggiunge il pieno impiego delle risorse. “È possibile, quindi, spingere le navi a compiere il tragitto a una velocità maggiore e anche dirottarne altre sulla tratta Asia-Europa - suggerisce l’analista di LGIM - Inoltre, gli agenti di mercato dovrebbero spingere affinché venga data la priorità al trasporto di merci dall’elevato valore, il che comporta che non tutti i mercati risentiranno in egual misura di questo shock”.

SITUAZIONE DA MONITORARE


Si è infatti calcolato che, per compensare i costi aggiuntivi, tutte le navi dovrebbero ridurre le tempistiche del 7,5%; un obiettivo che appare realizzabile, nonostante alcune preoccupazioni circa la possibilità di fare rifornimento in Sud Africa. Per di più, quest’anno entreranno in attività nuovi mezzi di trasporto, i cui lavori per la realizzazione erano stati avviati per far fronte alla grande domanda di merci sorta con la pandemia di Covid-19. Non è facile capire, attualmente, quale sarà lo scenario che prevarrà. Sarà importante monitorare attentamente l’evolversi della situazione e capire, in primis, quante navi passeranno da Suez e quante da Capo di Buona Speranza, oltre a rendicontare quante imbarcazioni arriveranno nei porti Europei.

TRAFFICO NEI PORTI UE IN CALO DEL 16%


“Purtroppo, ad oggi, i dati di IMF Portwatch ci dicono che i venti contrari sembrano più forti, con il traffico di imbarcazioni a Suez che dovrebbe diminuire del 33% e con quello nei porti europei in calo del 16% - conclude James Carrick, Global economist di LGIM - Se queste previsioni fossero confermate, potremmo assistere a uno shock di offerta e a un conseguente aumento dei prezzi, che al momento è stato scongiurato solo dal clima mite, che ha causato un forte calo del gas”.
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