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Sunday View

Argentina e Giappone: tonfi e trionfi di due economie

Buenos Aires e Tokyo, due città diverse per diversi motivi. Numeri differenti per cause politiche ed effetti economici. Tra i momenti di questi due Paesi c’è un abisso, e non se ne parla granché (né di uno, né dell’altro)

di Lorenzo Cleopazzo 21 Gennaio 2024 09:30
financialounge -  Argentina economia giappone sunday view

“Ovattato”. Questo è il termine che ci verrebbe in mente se fossimo in quella situazione.

Quale? Quella in cui ci sembra che tutto attorno a noi sia attutito da muri di cotone, come se nessun rumore potesse giungere alle nostre orecchie se non come un’eco lontana. Ovattato, come per chi mette un paio di grosse cuffie e le lascia spente. Come per chi si porta le mani al lato della testa per cercare di non ascoltare ciò che lo circonda. Ecco, immaginiamo di essere noi in quella situazione. I nostri padiglioni auricolari sono vincolati a non sentire altro se non una musica lontana. Una melodia non meglio definita, che comincia a prendere forma. Cosa sentiremmo man mano che le note si fanno più vivide? Un componimento di Mozart o delle barre rap? Il riff dei Rolling Stones o i bassi di un brano hip-hop?

Non è solo questione di gusti musicali; a volte è qualcosa di più profondo. A volte basta osservare – anzi, ascoltare – più da vicino due cose che ci sembrano distanti, per capire quanto tutto sia in realtà accomunabile.

In questa puntata di Sunday View parliamo di due economie agli antipodi: quelle di Argentina e Giappone. Vedremo cause ed effetti di alcune scelte, e poi cercheremo di capire se tra tutte le loro differenze non ci sia qualcosa che possa invece avvicinarle.

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OCEANO


Tra Argentina e Giappone c’è un oceano. Nulla di nuovo, giusto? Letteralmente diremmo di sì: il Pacifico è lì da qualche millennio e nessuno ha mai detto nulla. Metaforicamente, invece, diremmo di no. Sulla sponda biancazzurra devono fare i conti con un’inflazione preoccupante, a dir poco: l’Argentina ha i costi più alti di tutto il Sud America e i numeri di dicembre indicano un aumento del 211,4% rispetto a quelli dell’anno precedente. In altre parole: i prezzi sono triplicati.

Dall’altra parte del Pacifico, invece, gli aumenti non sono affatto negativi, dato che in Giappone il segno più lo trovano davanti all’indice Nikkei. Nella metà di gennaio, la Borsa di Tokyo ha registrato un filotto positivo di sedute, con lo Yen che respira dopo anni di deflazione.

Perché succede tutto questo? A Buenos Aires le motivazioni sono molteplici, le ultime in ordine cronologico sono alcune scelte del nuovo governo di Javier Milei, che aveva annunciato una “terapia shock” per il Paese, cominciata con una svalutazione monstre del Peso che ha contribuito ad aumentare l’inflazione che già storicamente affliggeva l’Argentina. Differentemente, a Tokyo si parla di meriti: da una parte i titoli dei semiconduttori che spingono l’indice Nikkei, dall’altra il nuovo piano economico del governo nipponico che vuole incoraggiare uno spostamento di capitali privati in Borsa, detassando gli investimenti.

Peso e Yen: una valuta svalutata dal suo stesso governo, e l’altra che gode nell’indebolimento rispetto al dollaro per potenziare l’export; una incredibilmente oscillante, e l’altra che continua solennemente a trainare il suo Paese. Una vessata e l’altra incentivata. Argentina e Giappone, due stati divisi dall’oceano e dall’economia, oltre che dalla cultura e dal folklore. Ma è possibile che questa differenza sia l’unica cosa che li accomuna?

CULTURE IN BALLO


Il ballo è forse una delle cose più tipiche di entrambi i Paesi. Se dici ‘Argentina’ dici Tango, ma se dici ‘Giappone’? Qui, forse, quella più esemplificativa è la danza del Kabuki, il teatro tradizionale giapponese.

Il Tango ha avuto il suo picco tra fine ‘800 e inizio ‘900, mentre il Kabuki è una pratica di gran lunga più antica. Il primo è pura improvvisazione, la danza scenografica giapponese invece è fatta di figure precise che trasmettono significati ben definiti. Il primo si balla su una musica armonica, con chitarre, fiati e pianoforte; il ritmo del secondo è dettato dal battito dei tamburi, dove il peso maggiore è dato ai momenti vuoti tra un colpo e l’altro. L’origine del nome ‘Tango’ è avvolta nel mistero, mentre il significato di ‘Kabuki’ è codificabile nei tre ideogrammi che compongono il suo nome: “ka”, canto; “bu”, ballo; “ki” destrezza.

Quello sudamericano è un ballo passionale; il teatro giapponese è frutto di molte interpretazioni da parte di chi lo dirige, di chi lo interpreta e di chi lo osserva.

Il Tango è Patrimonio Immateriale dell’Umanità, e anche il Kabuki. Questo esprime emozione pura da cogliere nei suoi molti strati di comunicazione, e anche il Tango. Il primo è una delle massime espressioni della cultura che lo ha creato, e pure il secondo.

DIVERSAMENTE SIMILI


La stessa passione viscerale che muove due tangueros, la si può metaforizzare nelle scelte – apparentemente – di pancia di Javier Milei, tra dichiarazioni e decisioni che paiono trascinate dalla stessa vertigine che circonda i ballerini avvolti dal ritmo latino. Dall’altra parte del Pacifico, invece, la solenne emotività del Kabuki sembra riproporsi nel preciso piano economico del governo giapponese. Non serve scomodare grandi nomi dell’antropologia per evidenziare quanto le tradizioni di una cultura si riflettano nelle sue espressioni lungo la storia. Per di più è parimenti affascinante scovarne i riflessi, tracciando così una riga che da un passo di danza muove l’economia di due Paesi.

Potremmo rimanere qui a parlare di chi stia agendo meglio o peggio, ma anche se la situazione attuale vede in positivo solo i numeri del Sol Levante, è altresì innegabile che su entrambe le sponde dell’oceano ci si muova per fare il bene dei propri concittadini e del proprio Paese. Certo le scelte di Milei in questo momento non ripagano, ma chissà che un domani non ci spernacchierà tutti.

BONUS TRACK


Nel 1990 comincia sia il tracollo dell’economia nipponica, che il peggioramento di quella porteña: il primo dovuto allo scoppio della bolla speculativa immobiliare alla fine degli anni ’80, mentre il secondo legato a un periodo di grande crisi tramutatasi poi in iperinflazione. Insomma, se c’è un altro fattore che accomuna Argentina e Giappone, quello è il 90. E chissà se anche da quelle parti quando giocano a tombola dicono “Novanta la paura”.
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