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Metalli preziosi

Schroders vede il livello di 2.000 $ l'oncia come un fattore di supporto per l’oro

Se alla domanda strutturale delle banche centrali si sommasse un ritorno dell'interesse negli Stati Uniti e in Europa potrebbero beneficiarne molto anche le valutazioni dei produttori d'oro

di Leo Campagna 6 Gennaio 2024 15:00
financialounge -  investimenti James Luke mercati oro Schroders

La storia del mercato dell'oro, le cui quotazioni tendono a scendere quando i tassi d’interesse salgono e i tassi reali sui titoli di Stato diventano positivi, ha registrato un punto di svolta nel 2008. “La crisi finanziaria globale e l'introduzione, nell’ambito di un'ampia risposta di politica monetaria, del quantitative easing ha sollevato preoccupazioni tra gli investitori, circa la svalutazione monetaria e la fragilità sistemica di lungo periodo, e ha determinato una solida offerta sottostante relativamente all'oro per via delle sue caratteristiche monetarie” fa sapere James Luke, Fund Manager, Metals, Schroders.

LA SVOLTA DEL 2008


In estrema sintesi, secondo il manager, dal 2008, i prezzi dell'oro sono diventati molto più sensibili a ciò che le banche centrali stavano cercando di conseguire. Ad esempio, nel 2013 – 2014 i prezzi dell'oro calarono per tre mesi, nell’ordine di circa 500 dollari all'oncia a seguito della sola comunicazione da parte della Fed di normalizzare la politica monetaria, con l’abbandono del quantitative easing e l’avvio del quantitative tightening. Analogamente, l’inizio di grandi rialzi è coinciso con le fasi in cui la Fed non è stata in grado di proseguire la normalizzazione.

UNA RELAZIONE CHE HA PREDOMINATO PER GRAN PARTE DEGLI ULTIMI 15 ANNI


All’inizio del 2022 questa relazione, che ha predominato per gran parte degli ultimi 15 anni, si è interrotta. “La Fed ha cercato di normalizzare la sua politica, cominciando a ridimensionare il proprio bilancio e ad alzare in misura significativa i tassi d'interesse, aumentando così il costo opportunità legato alla detenzione di oro. Decisione che ha fatto scattare le vendite sugli ETF occidentali specializzati sull’oro, frenando la domanda europea di lingotti e monete, soprattutto in Germania” spiega Luke.

LA DOMANDA D’ORO DA PARTE DELLE BANCHE CENTRALI


Eppure, dall'inizio del 2022, i prezzi dell'oro hanno fluttuato tra un livello al di sotto dei 1.800 dollari all'oncia, fino a superare i 2.000 dollari all'oncia grazie ai massicci acquisti delle banche centrali, talmente forti da compensare le pressioni di vendita negative in Occidente. La domanda di oro da parte delle banche centrali, al netto, era stata positiva dal 2008, ma, nel 2022 e 2023, è quasi raddoppiata rispetto alla media post 2008. Inoltre, è stata consistente anche la domanda di lingotti e monete d'oro in Cina e in Medio Oriente, raggiungendo livelli record nei dati del World Gold Council.

LE PROSPETTIVE PER IL 2024


Quindi l’ingente flusso di vendite in Occidente a seguito dell’inasprimento della politica monetaria è stato controbilanciato dagli aumenti vertiginosi della domanda delle banche centrali e da una domanda molto forte di lingotti e monete in Oriente. Ma quali sono le prospettive per il 2024? “In uno scenario in cui gli Stati Uniti si dirigono in modo più deciso verso il tipo di flessione che quasi tutte le stime prevedevano per il 2023 e con la fine dei riscatti dagli ETF in oro, dovrebbe tornare l'interesse per il metallo giallo negli Stati Uniti e in Europa” riferisce Luke.

POTENZIALE RECUPERO DELLE VALUTAZIONI DELLE AZIONI AURIFERE


Non solo. Secondo il Fund Manager di Schroders se l'offerta strutturale delle banche centrali rimanesse sui livelli visti negli ultimi anni e si registrasse anche una consistente domanda dai Paesi occidentali e orientali, la tendenza rialzista dell’oro potrebbe sorprendere gli investitori. “Riteniamo prudente prevedere che, per il 2024, il livello di 2.000 $ l'oncia possa diventare un fattore di supporto piuttosto che un elemento di resistenza, come è stato negli ultimi tre anni. Se così fosse, l'impatto sulle valutazioni per i produttori auriferi sarebbe notevole, con un enorme potenziale di recupero per questi titoli azionari” conclude Luke.
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