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L'analisi

LGIM: "Credito societario europeo resistente, ma non fuori pericolo"

Cosa potrebbe succedere ora che la Bce ha interrotto l'acquisto di bond, se i tassi di interesse dovessero scendere? Secondo Legal & General Investment Management potrebbe esserci un "brusco collasso della domanda". "Ma per ora - spiegano da LGIM - non crediamo sia probabile un cambio radicale della politica monetaria"

di Davide Lentini 1 Novembre 2023 16:00
financialounge -  BCE credito societario LGIM mercati quantitative easing

L’interruzione del quantitative easing da parte della Bce, scattato lo scorso mese di luglio, non ha provocato shock sul mercato delle obbligazioni societarie europee: il ciclo di rialzo dei tassi ha infatti portato molti investitori a esporsi in questo settore, diventato nuovamente appetibile. Una situazione che ha generato influssi per 8 miliardi di euro YTD. Ma gli economisti iniziano a interrogarsi su che cosa potrebbe succedere se ci sarà un taglio dei tassi. Secondo gli analisti LGIM “potremmo assistere a un brusco collasso della domanda, dato che la debolezza economica odierna causerebbe un aumento degli spread che, però, non aumenterebbe l’attrattiva delle obbligazioni”.

DAL "WHATEVER IT TAKES" A OGGI


Il quantitative easing è frutto dell’ormai famoso “whatever it takes” pronunciato dall’allora presidente della Bce Mario Draghi quando si trovò a dover affrontare la crisi del 2012, durante la quale, per rassicurare i mercati, disse che avrebbe fatto tutto il necessario per salvare la moneta. Da quel momento la Bce si è trasformata in uno dei maggiori investitori del mercato del credito europeo, stabilendo il record nel novembre del 2022 quando, anche per risollevare l’economia a seguito dei lockdown dovuti al Covid-19, acquistò obbligazioni corporate per un valore di 345 miliardi di euro. Questo provvedimento prese il nome di Corporate Sector Purchase Programme (Cspp). Una politica che si è protratta per molti anni, portando molti a chiedersi però cosa sarebbe successo alla domanda di obbligazioni corporate una volta che fosse terminato il programma e anche, più in generale, cosa accadrebbe in caso di passaggio a un “quantitative tightening”, ovvero a una vendita delle obbligazioni sul mercato da parte della stessa Bce.

DA LUGLIO STOP AGLI ACQUISTI DI BOND


Interrogativi che hanno trovato una prima risposta lo scorso febbraio, quando la Bce oggi presieduta da Christine Lagarde è passata dal reinvestimento totale del capitale e delle cedole a un reinvestimento solo parziale, prima di ridurre a zero gli acquisti di bond nel mese di luglio. Da quel momento la variazione dei titoli rientranti nel Cspp è entrata in territorio negativo e questo crea un deflusso cospicuo e costante da quello che è stato il più grande investitore in bond societari.

CREDITO SOCIETARIO RESISTENTE


“Tuttavia - fanno notare da LGIM - fino a oggi la liquidità creditizia dell’euro e gli spread si sono rivelati molto resistenti allo stop del programma di acquisti della Bce. Riteniamo che ciò sia in larga parte dovuto ai grandi afflussi che si sono registrati nel comparto dei corporate bond attorno alla metà di maggio”. Secondo gli analisti LGIM “i rendimenti più elevati delle obbligazioni, causati dal ciclo di rialzo dei tassi d’interesse, hanno spinto gli investitori a riallocare le loro risorse nel credito in euro, sostituendo Francoforte nel ruolo di principale sostenitore della domanda”.

FLUSSI POSITIVI, NON SENZA PREOCCUPAZIONI


“Quest’anno gli inflow netti nel mercato sono stati di 8 miliardi di dollari, 5 dei quali registrati dopo maggio 2023 - spiegano gli analisti LGIM - ma nonostante questo andamento positivo, abbiamo ancora delle preoccupazioni soprattutto sulla sostenibilità di questi flussi. Gli investitori si sono sostituiti alla Bce, ma se anche loro dovessero rallentare o addirittura invertire il trend, allora si potrebbe riscontrare quella debolezza delle obbligazioni corporate senza un sostegno come quello di Francoforte; debolezza che, comunque, ad oggi non è stata ravvisata”.

RISCHIO DECOMPRESSIONE DEGLI SPREAD


Per un po’ i rendimenti dei corporate bond sembravano dovessero stabilizzarsi tra il 4% e il 4,5%, con l’andamento degli spread che sarebbe stato compensato dall’andamento dei tassi d’interesse. “Tuttavia - sottolinea l’analisi di LGIM - la diffusa debolezza dell’economia dell’Eurozona potrebbe aumentare il divario tra i primi, senza però aumentare l’attrattività per gli investitori, intimoriti dall’assenza di un’istituzione come la Bce che attutisca eventuali contraccolpi. La marcata riduzione di acquisti di titoli indica come i maggiori beneficiari del programma siano stati gli emittenti non finanziari con rating BBB, come Francia e Germania, i cui bond sono stati scambiati a tassi più contenuti di quello che avrebbero dovuto essere”. Per LGIM “questa decompressione degli spread potrebbe manifestarsi nel tempo, portando a un miglioramento dell’attrattiva di questi emittenti”.

"LA POLITICA MONETARIA NON CAMBIERÀ A BREVE"


“Tuttavia - aggiungono da LGIM - non ci aspettiamo che la Bce inizi a vendere attivamente le sue partecipazioni in obbligazioni societarie nel prossimo futuro ma, se così dovesse essere, l’effetto di mercato di questa domanda negativa potrebbe essere esacerbato dallo scenario attuale. Allo stesso tempo, non crediamo che sia probabile un cambio radicale della politica monetaria in tempi brevi, con la ripresa degli acquisti obbligazionari a contrastare un’ondata di vendite sul mercato”.
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